Occupy Italy

“Precario il mondo, flessibile la terra che sto pestando, atipica la notte che sta arrivando, volatile la polvere che si sta alzando. Non è perenne il ghiaccio e si sta sciogliendo, e non è perenne l’aria e si sta esaurendo e d’indeterminato c’è solo il quando”. Una canzone, di Daniele Silvestri, che è un po’ il manifesto di una generazione intera, di un mondo, appunto, precario. Quella stessa precarietà che, in lungo e largo per l’Italia, migliaia di giovani hanno deciso di rendere tangibile e concreta, piantando le ’tende’.
Sono gli Occupy Italy che, da Trieste a Catania passando per Arezzo e Avellino, hanno deciso di raccogliere il grido di indignazione partito dagli indignados di Wall Street. Un grido di dolore, ma non di rassegnazione: pacificamente sono stati occupati luoghi simbolo delle nostre città dove, tra spontaneismo e autorganizzazione, dar vita a pratiche di buon governo. Sono giovani e meno giovani stanchi di rientrare nelle fredde classifiche Istat su disoccupazione, povertà, precariato. Uomini e donne che hanno deciso di usare i propri corpi e le proprie menti per uscire dall’anonimato e dire al mondo, ai governi “ci siamo, esistiamo”.
Si definiscono il “99% che non tollera più l’avidità e la corruzione dell’1%”. L’unica arma a loro disposizione la ’non violenza’: non c’è spazio per incappucciati, infiltrati, ultras, teste calde e lo dicono chiaramente sulla loro piattaforma web, “rifiutiamo e deploriamo la discriminazione e la violenza in ogni sua forma. Chiunque dovesse compiere azioni violente si escluderebbe automaticamente dall’appartenere a questo movimento. Nessuno che usi violenza di qualsiasi tipo potrà mai rappresentare o parlare a nome nostro”.
Chiari gli intenti: non permettere più ai politici, tutti, di ridurre lo Stato ad una macchina burocratica costosa ed inefficiente, dire basta ad un sistema basato su favoritismi, corruzione e centralizzazione del potere che impedisce a persone realmente qualificate di emergere. Denunciare lo spreco di fondi pubblici per tornaconti personali e scambi di piaceri con le mafie, con gli ’amici degli amici’ di una classe politica che “ha ampiamente dimostrato di non avere a cuore gli interessi della comunità”. E’ il rovesciamento del modello finanziario basato sull’indebitamento e quindi la conseguente dipendenza dei Paesi dalle grandi banche e della speculazione internazionale a cui aspirano gli ’occupy’ Arezzo, Avellino, Biella, Bologna, Catania, Firenze, Gorizia, Lucca, Milano, Modena, Napoli, Palermo, Parma, Pisa, Roma, Treviso, Trieste: in tutto lo ’stivaletto’ cantato da Silvestri ci sono gli accampati con le loro tende.
Molteplici le pratiche, comune l’obiettivo: la partecipazione. Ad Avellino la singolare protesta è partita dagli studenti dell’Uds, ma ha immediatamente trovato l’appoggio e il sostegno di oltre 30 associazioni presenti sul territorio. Luogo simbolo quello che ospita le coloraste tende degli occupy: il piazzale dell’ex Cinema Eliseo, struttura , tra le tante presenti in città, restaurata, inaugurata con tanto di telecamere e reflex pronte ad immortalare il sindaco Giuseppe Galasso, e mai aperta.
Non un luogo qualsiasi: l’Eliseo per questa città rappresenta la storia del Neorealismo, di Camillo Marino e Giacomo D’Onofrio, ideatori nel 1966 della rassegna Laceno d’Oro che ha ospitato nella cittadina pre sisma figure del calibro di Pier Paolo Pasolini, il maestro Monicelli, Lattuada e Scola, Marcello Mastroianni e tutti quelli che hanno fatto la storia del cinema italiano. Una passione civile e culturale che aveva fatto conoscere quella struttura, oggi abbandonata a se stessa, a tutta l’Italia.
Un’eredità, quella lasciata da Marino e D’Onofrio, raccolta dai tanti cinefili attivi nelle associazioni locali che si candidano a gestirla, per evitare che si trasformi nell’ennesima multisala per cinepanettoni. I ragazzi occupano l’immenso spazio adiacente ormai dal 4 novembre: lo hanno ripulito, ogni notte vigilano affinché altri giovani come loro non vadano lì a drogarsi, come succede di solito. Lo hanno riempito di contenuti: assemblee, cineforum, tetro, musica, laboratori sul riciclo e il riutilizzo dei materiali, persino lezioni di ripetizione di inglese e matematica.
Ma soprattutto dal piazzale dell’Eliseo è partita l’operazione ’tendacolo’: una serie di iniziative rivolte alla città nella totale indifferenza, fino ad oggi, dell’amministrazione. Lamentavano la mancanza di piste ciclabili? Se le sono disegnate. Il Comune abbandona le aree verdi? E gli occupy si armano di palette e terriccio e vanno a curarle. Palazzo di Città si inventa, da due anni a questa parte, la tradizione dei mercatini di Natale come unico incentivo per il commercio locale (per il resto affossato dalla crisi e afflitto dalla malavita) e gli acampados escono dalle loro tende e invadono Corso Vittorio Emanuele distribuendo biscottini autoprodotti a forma di tenda e spiegando le loro ragioni alla cittadinanza. Perché il 99% del mondo passa anche da qui.

(pubblicato su www.lindro.it)