I 120 giorni di Flumeri
Tutti ricorderanno la storia di Giovanni Barozzino, Marco Pignatelli e Antonio Lamorte, i tre operai della Sata Melfi licenziati dalla Fiat e per la loro attività sindacale come rappresentanti della Fiom all’interno dell’azienda. Sabotatori furono definiti dall’azienda torinese. Tutti conoscono questa vicenda perché i loro nomi hanno affollato a lungo le pagine dei giornali nazionali, tutti pronti ad indignarsi di fronte all’arroganza del Lingotto che con un colpo di spugna cancellava cinquant’anni di lotte operaie per l’acquisizione di diritti che, evidentemente, non sono sempiterni.
Di Dario, Lello, Salvatore, Nicola, Antonio, Gennaro e gli altri nessuno sa nulla, ma sono i nove lavoratori sospesi cautelativamente da Fiat. Accade a Flumeri in Irpinia agli operai della Irisbus Iveco, l’unico stabilimento italiano che produce autobus, che dà lavoro a 700 persone dipendenti direttamente della fabbrica, circa 1500 se consideriamo l’indotto, in una provincia dove desertificazione ed emigrazione giovanile la fanno da padrone.
Fabbrica che Fiat notte tempo ha comunicato, nel mese di luglio, di voler svendere ad un acquirente molisano, Di Risio, possessore di meno di140mila euro, un capitale sociale che non basterebbe neanche ad acquistare un appartamento di media grandezza nel centro di Avellino. Ma le tute blu non ci stanno: vedono in Di Risio è solo un liquidatore e danno inizio ad una protesta fatta di presidio permanente ai cancelli, occupazione dei municipi più importanti della provincia, lettere appello al Presidente Giorgio Napolitano, vertici al Ministero per lo sviluppo, assemblee fiume, scioperi generali, blocchi autostradali.
Per loro viene convocato dalla Fiom lo sciopero generale di otto ore di tutti i dipendenti Fiat, partecipano in massa alla manifestazione nazionale tenutasi a Roma lo scorso 20 ottobre. La lotta degli operai di Flumeri, per il lavoro e per il futuro di un intero territorio, è durata 120 giorni ed è finita nel peggiore dei modi: con quello che loro hanno definito il ‘tradimento’ dei sindacati. E’ il 2 novembre, il giorno dei morti e della morte del marchio Irisbus Iveco, quando nella sede avellinese di Confindustria le Rsu e i segretari generali provinciali di Fiom, Film Cisl, Uilm e Fsimic, firmano un accordo ‘bluff’ per i lavoratori: Fiat rinuncia ai nove licenziamenti e le parti accettano due anni di cassa integrazione per tutti e 700 i dipendenti, che da luglio non ricevono più lo stipendio, per crisi aziendale e per cessazione di attività a far data dal 1 gennaio 2012.
Chiaramente il tutto a patto che gli operai in presidio liberassero i cancelli e permettessero a Fiat di portare via i pullman prodotti nell’ultimo periodo di attività. I sindacati, dal canto loro, si sono difesi “era l’unica strada percorribile per evitare i licenziamenti dei nove operai finiti nel mirino della Fiat”. Le nove lettere di ’sospensione cautelare’ sono arrivate all’indomani del 15 ottobre, giorno in cui gli operai hanno impedito con minacce agli autisti, di fare uscire i pullman dallo stabilimento. Questo secondo l’azienda. Ma, spiega Dario Meninno, Rsu Fiom “è la Fiat che non ha mai provato a far uscire i mezzi, nonostante ci fossero gli autisti. L’obiettivo era impaurirci, ma noi di certo non siamo spaventati, anzi siamo solo più arrabbiati”.
Dopo 33 anni di finanziamenti statali alla Fiat di Valle Ufita, nel momento in cui il Paese si prepara per l’inadeguatezza – dal punto di vista ambientale e della sicurezza – del suo parco autobus, a pagare una multa di un milione e 700mila euro all’Unione europea -cifra che da sola basterebbe all’ammodernamento per i prossimi quattro anni e quindi all’arrivo di commesse a Flumeri – l’unica speranza ancora accesa per questo territorio ha gli ‘occhi a mandorla’. Si chiama Amsia Motors ed è un colosso cinoamericano che, con una trattativa un po’ sui generis, ha adocchiato da tempo il ramo d’azienda Fiat. Ieri la visita allo stabilimento irpino dell’amministratore delegato Mostafa Zeauddin Ahmad e, stando ad indiscrezioni riportate dalla stampa locale, sarebbe in dirittura d’arrivo la costituzione di una società mista, la Euro Amsia Motor Italia spa, che vedrebbe protagoniste quattro società: Amsia, Dfm, Zongtong e una società italiana ancora non conosciuta.
Punto imprescindibile per aprire la trattativa è il mantenimento del livello occupazionale e quindi l’assunzione dei 700 operai Fiat. E’ la Cina che viene a salvarci? Forse, perché la trattativa è ancora tutta aperta.
Resta però un dato: la totale assenza della classe politica locale, che qui annovera tre deputati (Marco Pugliese di Grande Sud, Arturo Iannaccone di Noi Sud e Enzo De Luca del Pd ndr.) e un Ministro, quello per l’attuazione del programma, Gianfranco Rotondi, rispetto ad un Governo (di centro destra è anche l’amministrazione provinciale e ben quattro dei cinque consiglieri regionali eletti in Irpinia ndr.) la cui convocazione di quattro tavoli ministeriali ha portato a un nulla di fatto e l’abbandono da parte dei sindacati che hanno smorzato una vertenza che con tutta probabilità resterà nella storia del Mezzogiorno.
(pubblicato su www.lindro.it)