Banche: condotta usuraia

Per la prima volta in Italia viene riconosciuta agli ex presidenti di banca Bnl, Banca di Roma e Antonveneta, “la riferibilità della condotta usuraia in termini oggettivi”. Un primo passo, seppur difficile, reso possibile dalle denuncie dell’imprenditore calabrese Nino De Masi. Cesare Geronzi, Luigi Abete e Dino Marchiorello non sono stati condannati ma è stata riconosciuta la condotta usuraia, cosa che potrebbe portare l’imprenditore di Rizziconi a chiedere eventuale risarcimento danni. “Questa sentenza – afferma De Masi in un comunicato inviato alla stampa – passata in giudicato, è storica per i contenuti. I fatti parlano da soli, al di là di ogni commento e interessata interpretazione. Siamo in presenza di fatti gravi – continua nella nota – e dell’individuazione di comportamenti colposi e negligenti. Questo importante risultato è dovuto sicuramente al mio impegno e sacrifici oltre che alla professionalità dei miei avvocati, Mazzone e Saccomanno”.
Gli imputati, per la prima sentenza passata in giudicato, sono ricorsi in Cassazione per l’annullamento che però è stato rigettato il 23 novembre scorso.
E così che la sentenza della Corte d’Appello di Reggio Calabria del 2 luglio 2010, è diventata definitiva. La sentenza in questione riformava parzialmente il primo grado, con il quale gli imputati venivano assolti per non avere commesso il fatto. Mentre nelle 116 pagine di sentenza la Corte d’Appello afferma che: “proprio esaminando gli statuti delle tre banche, vigenti al periodo dei fatti in contestazione, può trovarsi plateale smentita di quanto affermato dai tre imputati (Abete, Geronzi e Marchiorello) nel corso del loro interrogatorio potendosi concludere che gli stessi, nella loro qualità di Presidenti del Consiglio di Amministrazione … insieme agli altri componenti del Consiglio stesso, erano dotati di poteri decisori in materia di erogazione del credito”.
Mentre a pagina 105 si legge: “Circolazione delle informazioni che non vi è stata e che ha dato prova nei fatti della non tenuta del sistema organizzativo adottato da ciascuna banca da cui è derivato l’evento usurario a carico, tra gli altri, e per quello che ci occupa, di tutte le imprese riconducibili al cd. Gruppo De Masi…. il ragionamento seguito da questa Corte – di evidente contrario avviso rispetto a quello operato dal Tribunale – in forza del quale si giustifica la diversa formula adottata nell’assoluzione degli organi di vertice, non più legata alla loro estraneità alla condotta usuraia dal punto di vista materiale”. La Corte, prima di passare all’assoluzione dei tre imputati, continua chiarendo che “E’ di solare evidenza che, accertata la loro responsabilità (o meglio… la riferibilità della condotta usuraria in termini oggettivi con esclusione della loro colpevolezza dal punto di vista psicologico) quali componenti del CDA, la Procura potrà esercitare nel proseguo l’azione penale nei confronti degli altri componenti del CdA medesimo oltre che degli organi semiapicali cui più volte si è fatto riferimento. Accertata la condotta materiale dell’usura…Tanto induce a ritenere, in conclusione, che la lesione del bene tutelato dalla norma penalistica sull’usura si è prodotta in forza di comportamenti – concretatisi, va qui ribadito, nella omessa, doverosa predisposizione di apparati organizzativi e di controllo tali da prevenire il rischio di sforamento dei tassi soglia – che, in quanto connotati da negligenza, rientrano nell’alveo del parametro psicologico della colpa, non sono punibili in forza del disposto dell’art.644 c.p.”
Dunque il “fatto non costituisce reato” ma il meccanismo usato dalle banche appare evidente dal testo della sentenza e dal pronunciamento della Corte di Cassazione che ha rigettato la richiesta di annullamento della stessa.
Grazie a De Masi si fatta luce su un sistema di cui il nostro Paese è schiavo.