T-shirt per comunicare

(di Alessandro Chetta)

  Le t-shirt goliardiche dilagano. L’ultima l’ha indossata, con putiferio a seguire, Nicole Minetti. Ma qui è diverso. Sulla maglietta c’è scritto a caratteri cubitali in nero su cotone bianco “Meglio morto che pentito». Il capo d’abbigliamento fa bella (?) mostra nella vetrina di un negozio di piazza Spartaco a Castellammare di Stabia. La cittadina vesuviana, già. È di sabato scorso la notizia delle minacce subite dal quotidiano locale Metropolis da parte di esponenti del clan D’Alessandro, dovute alla pubblicazione della notizia delle nozze in carcere del boss Salvatore Belviso definito «pentito» dal titolo di prima pagina. Belviso, per la cronaca, è cugino dei figli del capoclan storico della città stabiese, Michele D’Alessandro, imputato dell’omicidio del consigliere comunale del Pd Luigi Tommasino. Minacce che sabato scorso hanno persino raggiunto gli edicolanti di Castellammare, a cui è stato imposto di non vendere il giornale. E oggi, con massima inquietudine, spunta in vetrina la maglietta con la scritta «Meglio morto che pentito». Se non siamo ai livelli del nord del Messico e dello strapotere dei clan dei narcos ci stiamo avvicinando a larghe falcate.