Grande ponte, balla enorme

Dove essere la madere di tutte le opere pubbliche. L’ottava meraviglia che tutto il mondo avrebbe ammirato e ci avrebbe invidiato. E’ finita come al solito. In operetta, ma a pagare il salatissimo biglietto saranno gli italiani. Ieri la mozione dell’Idv che impegnava il governo a scrivere la parola fine ai finanziamenti per la costruzione del contestatissimo Ponte sullo Stretto di Messina, votata dalla Camera e a sorpresa accolta con parere favorevole dal viceministro Aurelio Misiti. Stop ai finanziamenti, qualcosa come 1 miliardo e 770 milioni, di cui 470 per il prossimo anno. Opera cancellata, quindi? Neppure per sogno, perché a mozione approvata fa sentire la sua voce il ministro delle Infrastrutture Altero Matteoli, che smentisce il suo vice: “Il parere favorevole di Misiti è stato espresso a titolo personale”. Il ministro certo non poteva smentire se stesso e quel che resta del governo. Perché il Ponte delle meraviglie è una delle grandi opere annunciate da Berlusconi in ogni campagna elettorale, e lo stesso ministro, il 16 ottobre scorso, ha rintuzzato il no dell’Unione europea a concedere finanziamenti in modo determinato. “Il Ponte si farà a prescindere dall’eventuale finanziamento della Ue, reperiremo le risorse sul mercato. Il Ponte resta una priorità essenziuale per lo sviluppo del sistema dei trasporti”. Un brutto colpo per il governo e per la lunghissima schiera di fautori della madre di tutte le opere pubbliche. Tanto che in serata Misiti si morde la lingua e smentisce se stesso: “E’ da escludere categoricamente che il governo possa scegliere di non realizzare il Ponte”.

Grande è la confusione sotto il cielo che illumina il mare dello Stretto. Ma è proprio la confusione a caratterizzare, fin dal 1992, quando venne partorito il progetto preliminare, l’intera vicenda dell’opera. Nel 2002, terzo governo Berlusconi, parte il progetto vero e proprio, tre anni dopo è l’Impregilo ad aggiudicarsi l’appalto, ma l’anno dopo – governo di centrosinistra – tutto finisce in un cassetto. Archiviato. Di anni ne passano altri due, a Palazzo Chigi c’è di nuovo il Cavaliere e il ministro alle Infrastrutture è Matteoli. Il Ponte si farà, giura il governo. Stop and go micidiali, scelte contraddittorie e spese che lievitano. Del Ponte non vi è traccia, ma dei primi espropri e degli sbancamenti sulla sponda reggina, sì. Miliardi buttati al vento, come quelli spesi per tenere in piedi la Società Ponte sullo stretto spa. Un esempio dei mille sprechi italiani che nel 2002 aveva 36 dipendenti, arrivati miracolosamente a 104 quattro anni dopo. Negli archivi della Camera dormono le interrogazioni parlamentari sui bilanci della società. Quello del 2006 ci informa dei 19 milioni spesi per il costo del personale, dei 4 andati via in gettoni di presenza per gli amministratori e dei 17 finiti in consulenze esterne. Nel 2007 l’allora ministro Antonio Di Pietro finì al centro di una serie di polemiche per il suo rifiuto a sciogliere la Società. Il Ponte era stato definanziato e i soldi previsti indirizzati alla realizzazione di opere ferroviarie e metropolitane in Sicilia, ma di mettere la parola fine a quella società ormai inutile il ministro non voleva proprio sentir parlare. “Tutto questo non c’entra nulla col furore ideologico di cancellare quello che c’è oggi, una società che da sola rappresenta un valore di 150 milioni di euro. I 500 milioni che avremmo sprecato chiudendola e pagando le penali previste è meglio usarli per realizzare quelle opere che tutti dicono di voler fare”. Ma a proposito di penali, cosa succederà se il Ponte non si farà più? Impregilo ha vinto l’applato nel 2005 con un ribasso del 12% (elevatissimo) per la progettazione e la costrtuzione dell’opera, valore 3,88 miliardi di euro. Già allora le cose erano chiare per Andrea Monorchio, all’epoca Presidente della Società statale infrastrutture. “Leggo spesso sui giornali che il Ponte non si farà, ma al punto in cui siamo non è possibile non farlo,  anche perché lo Stato pagherebbe in penali cifre equivalenti alla sua costruzione”. Insomma, a guadagnarci, Ponte o non Ponte, sarà solo l’Impregilo. Lo Stato dovrà rimborsare tutte le spese sostenute dal colosso delle grandi opere, più un ricco risarcimento per il mancato guadagno, una cifra che secondo gli esperti si aggira tra i 500 e gli 800 milioni di euro.

(pubblicato su Il fatto Quotidiano del 28 ottobre 2011)