Dalla Chiesa. La guerra contro la mafia di un uomo lasciato solo
(di Matteo Scirè)
Nel marzo 1981 Enzo Biagi intervista Carlo Alberto Dalla Chiesa in una puntata della trasmissione “Rotocalco Televisivo”. Il celebre giornalista chiede al generale: “Come mai la mafia si rinnova di continuo?”. La risposta è emblematica: “Ma io so che si parla di mafia, si esamina la mafia dal 1861. Quindi vorrei dire che più che un rinnovarsi di mafia è un rinnovarsi di esami e di analisi da parte di commissioni parlamentari e non, mentre invece questo rinnovo avrebbe dovuto comportare, volta a volta, strumenti idonei a garantire a chi operava di poter contenere e reprimere la mafia. Si è fatto sì, nel tempo, che dall’aia colonica la mafia si sia potuta trasferire anche nelle pieghe delle istituzioni dello Stato”.
Dalla Chiesa, che era stato uno dei protagonisti della guerra vinta contro il terrorismo, una grave minaccia alla stabilità della neonata Repubblica italiana, si era accorto che tra le forze politiche, quelle sociali e le stesse istituzioni non vi era la stessa volontà di vincere la guerra contro Cosa nostra. Perché? Come mai questa disparità di trattamento nei confronti di un fenomeno altrettanto pericoloso come quello della mafia?
Già in passato Dalla Chiesa aveva capito che la Sicilia rappresentava una zona franca per Cosa nostra, grazie al consenso sociale e politico di cui godeva e alla rinuncia da parte dello Stato ad esercitare le sue funzioni. Durante le permanenze in Sicilia il Generale aveva potuto constatare l’elevato livello delle collusioni mafiose, l’omertà e le connivenze che condannavano a morte diversi uomini della società civile, delle istituzioni all’isolamento e alla morte senza che lo Stato reagisse in maniera adeguata per fare giustizia e ripristinare la legalità. Fu così nel 1949 quando a Corleone indagò sull’omicidio del sindacalista della Cgil Placido Rizzotto. Con le sue indagini riuscì ad incriminare il boss Luciano Liggio, ma la risposta della giustizia e dello Stato fu nulla. La stessa cosa accadde in occasione della scomparsa del giornalista Mauro De Mauro, che aveva scoperto materiali scottanti sul caso Mattei, e dell’assassinio del giudice Pietro Scaglione, che stava indagando sull’ascesa dei corleonesi ai vertici della cupola.
Tutti uomini soli che per senso del dovere e per amore della verità svolgevano il loro lavoro con coraggio e determinazione. Per questo prima di accettare l’incarico nel 1982 come super prefetto a Palermo per arginare la guerra di mafia che insanguinava l’Isola Dalla Chiesa mostrò qualche perplessità. Le rassicurazioni del governo circa il conferimento di poteri speciali lo convinsero a tornare in Sicilia. Purtroppo quei poteri speciali non arrivarono mai, neanche a seguito delle frequenti lamentele dello stesso generale sulla scarsità di mezzi e risorse necessarie per combattere la mafia. “Mi mandano in una realtà come Palermo – commentò una volta amaramente – con gli stessi poteri del prefetto di Forlì”.
La sera del 3 settembre del1982, alle 21.15, l’auto sulla quale il generale Dalla Chiesa viaggiava insieme alla moglie, Emanuela Setti Carraro, venne affiancata da un’altra auto da cui furono scaricate decine di colpi di kalashnikov. Il generale e la giovane moglie morirono sul colpo. Contemporaneamente altri due killer in sella ad una moto stroncarono la vita dell’ agente Domenico Russo, che seguiva i coniugi Dalla Chiesa con l’auto di scorta.
Nelle dure contrapposizioni ritroviamo la scelta dello Stato di optare per il Generale di Corpo d’Armata, Carlo Alberto Dalla Chiesa, il Carabiniere più titolato e conosciuto del dopoguerra, Uno tra i più ammirati, stimati e mitizzati investigatore dell’Arma dei Carabinieri, che abbia saputo coniare la figura di vero Servitore dello Stato, ossia di un militare che in terra di mafie sapesse essere superpartes rispetto al Suo ruolo ed all’incarnazione di ciò che doveva essere per lo Stato, ossia una figura rappresentativa per Esso con, oltremodo, riconosciuti valori morali,etici e professionali.
Il Ministro dell’Interno, On. Virginio Rognoni, sentito quantomeno il Consiglio dei Ministri, lo volle rispedire a Palermo in funzione di Prefetto, o meglio come Superprefetto, per dirimere il fenomeno della mafia.
Ma il Prefetto Carlo Alberto Dalla Chiesa appena sbarcato a Palermo, immediatamente dopo la morte dell’On. Pio La Torre, Segretario Regionale del PCI e dell’autista Rosario Di Salvo, NON trova nessun tipo di collaborazione e di vicinanza da parte dell’entourage politico Regionale siciliano. Tant’è che, iniziano con sublime veline giornalistiche, le critiche allo Stato nazionale per averlo condotto sin lì.
Il Prefetto Dalla Chiesa non si fece intimorire, e tentò di aprire una breccia di solidarietà con le Istituzioni religiose , civili e del mondo del lavoro. Contemporaneamente cercò di accelerare la richiesta a Lui data dal Ministro dell’Interno per la consegna dei poteri speciali, di strumenti e mezzi investigativi per poter iniziare la Sua attività di Superprefetto a Palermo.
L’altra dura contrapposizione era la criminalità organizzata di stampo mafioso, che stava compiendo una serie di repulisti con i rivali, o cosiddetti “scappati” , di Stefano Bontade,degli Inzerillo e di Tommaso Buscetta per ascendere a Palermo come re incontrastati: per i Corleonesi il passo è stato breve. Per la Nuova mafia non solo bisognava appropriarsi del traffico illecito, che era maturato contribuendo ad arricchire le tasche dei “viddani”con il traffico internazionale della droga tra Stati Uniti e Canada, e degli appalti multimiliardari. Ma dovevano, anche, garantirsi quegli appoggi politici, che la mafia dei Bontade aveva per anni avuto per sè.
Il Prefetto Carlo Alberto Dalla Chiesa, infatti, si trovava nella situazione di fronteggiare una Nuova mafia molto più aggressiva, determinata e sanguinaria, ma anche, inizialmente rinnovatrice: non è ancora la Cosa nostra degli anni novanta.
Inoltre, il Prefetto Carlo Alberto Dalla Chiesa intuita una situazione del genere, approfondita nel tempo, trova l’intuizione di accrescere la repressione investigativa NON solo nel pascolo palermitano, ma anche, nelle altre Regioni del Sud Italia: credo Calabria e Campania. Perchè il contenzioso, che il Ministro dell’Interno, On.Virginio Rognoni, stava ufficialmente consegnando a Dalla Chiesa era il coordinamento nazionale tra Prefetti.
Che poi lo Stato avesse voluto ridurlo al solo Capoluogo siciliano andava a cozzare enormemente con la visione globale di cui il Generale a tre stelle, Carlo Alberto Dalla Chiesa,aveva intenzione di fare. Per il Generale Dalla Chiesa la lotta alle mafie andava garantita,anche, nei confronti dell’Alta mafia, quindi, la politica collusa e la rampante imprenditoria, che con i Cavalieri di Catania aveva avuto libero accesso anche a Palermo.
E’ emblematica la scena dell’incontro avvenuto a Roma con il Senatore a vita, Giulio Andreotti, quando quest’ultimo lo fece chiamare appena nominato Prefetto a Palermo, e saputo che il Generale non avrebbe avuto riguardo per il proprio elettorato, e quindi, della propria corrente politica, sbiancò in volto.
Premetto, che il Prefetto Carlo Alberto Dalla Chiesa, Generale di Corpo d’Armata dei Carabinieri, aveva intuito che in un tempo contenuto di tre o quattro anni con l’appoggio del Governo, la repressione e il contenimento della mafia si sarebbe garantita.
Penso che, se la mafia siciliana, e fors’anche ‘ndrangheta e camorra di allora, hanno concordato l’eliminazione fisica del Generale Dalla Chiesa, Prefetto di Palermo, tutto ciò dipese dal fatto che qualcuno esterno alla mafia recepì, o quantomeno ebbe notevolissima preoccupazione di cosa aveva intenzione di effettuare, in quanto dette organizzazioni criminali di stampo mafioso avevano davanti a sé un valorosissimo rappresentate dello Stato, che aveva richiamato su di sé una notevole preoccupazione a livello politico ed imprenditoriale, se è vero come è vero, che il Generale Dalla Chiesa aveva iniziato a chiamare a sé i Suoi più stretti collaboratori – Ufficiali e Sottufficiali – della lotta al terrorismo.
GRAZIE GENERALE…
[…] Fonte: http://www.malitalia.it/2011/09/dalla-chiesa-la-guerra-contro-la-mafia-di-un-uomo-lasciato-solo/ […]