Castel Volturno: il litorale della tratta

(Di Chiara Caprio)

Mentre potere dei Casalesi è indebolito dagli arresti e dalla caccia all’uomo contro i latitanti, una nuova mafia dall’Africa Occidentale ha preso il controllo del Casertano, la criminalità organizzata nigeriana.

È lungo il litorale domitio, tra l’assembramento di case che compone i “ghetti” di Pescopagano e Destra Volturno, un tempo residenza estiva per i turisti napoletani, circondato da fiori e adagiato in riva al mare, che una nuova organizzazione criminale ha trovato terreno fertile per il proprio business. Qui, la criminalità nigeriana, ormai emancipata dal controllo dei Casalesi, ha importato la propria malfamata esperienza nel traffico di uomini, donne e droga.

La prostituzione è l’espressione più evidente del malessere di parte della comunità migrante, ma anche di una nuova geografia criminale che si sviluppa lungo la Domitiana e le sue arterie. «La Domitiana attraversa Castel Volturno per 28 chilometri» spiega Stefano Ricciardiello, ispettore della sezione investigativa del commissariato locale, una piccola sede un po’ scalcagnata e sommersa di fascicoli vecchi e nuovi, aperti per omicidi efferati, rimpatri e per qualche italiano in domicilio forzato. «Vi sono diverse aree in prevalenza abitate da migranti: Pescopagano, Destra Volturno e Parco Lagani». Sorride con amarezza, Ricciardiello: «Ma questa geografia non dice tutto della geografia criminale. Le attività delle nuove mafie africane hanno invaso l’intero territorio di Castel Volturno, non solo alcuni quartieri». È per queste strade, lungo le arterie di campagna che connettono il litorale con l’interno, che, una dopo l’altra, si avvicendano ragazzine minorenni e donne in attesa di clienti.

Secondo quanto riporta UNICRI, centro di ricerca delle Nazioni Unite, l’Italia è al momento la principale destinazione di oltre 10,000 prostitute nigeriane, trafficate da Benin City fino alle grandi città e agli hub criminali, come il litorale domitio. «Ci sono tantissime ragazze nigeriane che lavorano a Castel Volturno» afferma Stefano. «Molte lavorano fuori del comune di Castel Volturno, perché non c’è spazio per tutte».

L’UNDOC, agenzia ONU per la lotta al crimine organizzato ha rilasciato numeri scioccanti: oltre 6,000 donne nigeriane vengono trafficate ogni anno in Europa a scopo di sfruttamento sessuale, per un giro d’affari annuo di oltre 228 milioni di dollari.

Ma se sui numeri c’è incertezza, in Italia e a Castel Volturno c’è chi, dall’interno, cerca di tenere il polso della situazione.

Isoke Aikpitanyi, ex vittima di tratta oggi principale punto di riferimento per le donne nigeriane in Italia, conosce bene la realtà del casertano. Ci accompagna per queste strade e ci parla dell’importanza economica di questo traffico. Passeggia per il centro, «di giorno non ho problemi, ma di notte non posso mai stare sola, soprattutto in viaggio».

Secondo i dati dell’associazione ex vittime, «in Italia ci sarebbero al momento circa 10,000 madam, in controllo di due/tre ragazze a testa» spiega Isoke sotto il sole cocente del litorale.

Le madam sono la chiave. E sono lo snodo principale per lo sfruttamento. Sono loro a costringere le ragazze a lavorare in strada o in appartamento, sono loro a chiedere i soldi quotidianamente e, allo stesso tempo, a dover provvedere alla casa e a risolvere eventuali controversie. Questo nome, che richiama quello della mamma, «si associa a quello dei trafficanti presenti in Nigeria e in ogni paese di transito, chiamati “brothers”, mentre la ragazza trafficata è spesso chiamata “baby”» afferma Isoke.

Ma il trend più sinistro di questo traffico in crescita spesso associato a quello di droga, sono gli usi distorti delle tradizioni religiose. «Il Juju, il rito voodoo, non è di per sé una pratica malvagia. Serviva a portare giustizia, ma loro hanno rovinato tutto» dice Isoke con rabbia. «A loro non interessa come fanno i soldi, l’importante è farli, e questo ha creato una comunità nigeriana spersa, scioccata, senza equilibrio e riferimenti. Qui il Juju è usato per schiavizzarti». Come se non bastasse, per queste religiosissime ragazze di Benin City, luogo di provenienza e principale hub per lo smistamento del traffico di donne nigeriane in madrepatria, nemmeno Dio può fare qualcosa. «Le ragazze si confidano con i pastor delle chiese pentecostali, ma questi sono conniventi con i gruppi criminali. Spesso sono il braccio destro della madam,» afferma Isoke. E in un luogo come Castel Volturno, dove nuove chiese pentecostali dall’Africa Occidentale nascono ogni giorno, c’è di che preoccuparsi.

In Nigeria, i pastor delle chiese pentecostali hanno sostituito i preti tradizionali per amministrare questi riti, fatti di sangue, peli pubici e maledizioni sulle ragazze e le loro famiglie. Si è trattato semplicemente di esportare qui – «dove ci sono i preti più potenti in assoluto» afferma un ghanese che preferisce rimanere anonimo – quello che già si era creato in madrepatria. Già nel 2004 i Carabinieri di Mondragone trovarono tracce di riti voodoo in un appartamento di Castel Volturno. Ma oggi non si tratta più solo dei rimedi tradizionali. «Come accade anche nelle chiese italiane, ci sono molti pastor che non fanno certo gli interessi spirituali dei credenti. Fanno altro,» spiega Ricciardiello «e come abbiamo provato da alcune inchieste, le chiese sono i luoghi privilegiati d’incontro e quindi anche luogo dove discutere e gestire anche le attività illegali».

Un incrocio di sacro e criminale, che soffoca le ragazze vittime di tratta in un circolo perverso di paura. Giulia (nome di fantasia per motivi di sicurezza, ndr) lavora ancora sulle strade di Castel Volturno ed è costretta a ripagare il debito di circa 40,000 euro. «E devi farlo, perché se non lo fai possono creare dei pupazzi che ti fanno impazzire» spiega durante il nostro incontro nel cuore della notte. Sospira a lungo, Giulia, prima di continuare a parlare. «Non sono felice. Non sono felice di me stessa, del mio corpo e di questo lavoro. Ma ho un progetto, ho promesso di pagare. Devo farlo. Ma fermiamoci qui» dice con occhi sgranati e fermando le parole anche con i pugni stretti. «Non posso parlare. Non posso. È troppo pericoloso parlare di questo, anche per la mia famiglia. Ma lasciami dire una cosa: sto portando una croce per loro, proprio come fece Gesù Cristo».

E in questo territorio che è il fortino del potere casalese, la nuova onda del crimine africano ha investito, oltre che l’antimafia di Napoli, anche la squadra speciale anticamorra. «I criminali nigeriani», interviene Giovanni Conzo, procuratore antimafia della Dda di Napoli, uno dei magistrati che meglio conosce la frontiera domiziana, «stringono accordicon tutti, dai colombiani ai cinesi, ma in Italia trovano terreno fertile anche per altri motivi: l’altissima richiesta di prostitute da parte dei maschi italiani». Il risultato? «L’organizzazione sul territorio è sempre più potente. Andrebbe fermata prima che ne assuma il controllo totale». Alessandro Tocco, vice questore di Caserta e dirigente della sezione speciale anti-Camorra di Casal di Principe rincara la dose: «Il crimine nigeriano è in crescita e questa cosa ci preoccupa: dopo la strage compiuta da Giuseppe Setola, tutto tace. Ci sono state trattative. Ora probabilmente c’è una pace tra italiani e mafia africana. Ma quando questa pace salterà, avremo una nuova guerra di mafia per le strade di Castel Volturno».

Per approfondire: vedi il promo del documentario in onda mercoledì 10 agosto su Al Jazeera English

(Chiara Caprio, giornalista del settimanale Vita, vive a Londra dove collabora con il programma investigativo People & Power di Al Jazeera English. Ha curato come researcher e field producer la serie in due puntate “The Nigerian Connection”. )