Il 19 luglio del 1992 io avevo 10 anni
(di Matteo Scirè)
Il 19 luglio del 1992 io avevo 10 anni e mi trovavo, come ogni anno,
nella casetta al mare dove con la mia famiglia ci trasferivamo nel
periodo estivo. Trascorrevo le mie giornate felice e spensierato, a
giocare con gli altri bambini del vicinato e i soliti che
frequentavano quel pezzo di costa, tra un bagno e l’altro e i
rimproveri dei miei genitori per il troppo tempo trascorso in acqua.
Anche quel giorno non aveva fatto eccezione.
Era da poco passata l’ora di pranzo e bivaccavo nella veranda che
univa la stanza dove vivevamo, con quelle in cui vivevano i miei zii e
i miei cugini, quando la sigla dell’edizione straordinaria del
telegiornale destò l’attenzione degli adulti e anche la mia. La
televisione trasmetteva le immagini di distruzione di via D’Amelio: le
auto ancora in fiamme, i vigili del fuoco che percorrevano
freneticamente quel piccolo budello di strada. E il racconto dei
giornalisti che ricostruivano gli ultimi istanti di vita del giudice
Paolo Borsellino e degli agenti della scorta Emanuela Loi, Agostino
Catalano, Vincenzo Li Muli, Walter Cosina, Claudio Traina.
Ricordo quel pomeriggio come se fosse oggi e ricordo anche la
sensazione di amarezza e delusione che provai. Nonostante la mia
giovane età, la drammaticità di quei momenti mi aveva colpito in modo
indelebile. Non erano passati neanche due mesi dall’altra devastante
strage che tolse la vita al giudice Giovanni Falcone, alla moglie
Francesca Morvillo e agli agenti Rocco Dicillo, Antonio Montinaro e
Vito Schifani. Quelle emozioni furono registrate nella mia mente e lì
rimasero per un po’ di anni, in attesa che raggiungessi la maturità
necessaria per riuscire ad rielaborale. Col tempo,infatti, capii che
la strage di via D’Amelio era come aver subìto un lutto. Fatti come
questo ti lasciano il segno e ti portano prima o poi a farti delle
domande: perché? Chi è capace di una cosa simile? Sono i primi
interrogativi che affiorano quando senti qualcuno parlare di mafia,
quando guardi qualche trasmissione in tv, quando ti capita di leggere
un libro sull’argomento o di vedere un link su youtube.
Capisci che la vicenda è molto più complessa e intricata, ma hai
bisogno di trovare quelle risposte per superare quelle sensazioni di
amarezza e delusione. Allora ti chiedi perché è scomparsa l’agenda
rossa che Borsellino portava sempre con sé, rinvenuta sul luogo della
strage e consegnata ad un carabiniere. Ti chiedi se ci sia stato un
depistaggio e quando anche i processi confermano il dubbio ti chiedi
chi e perché lo abbia fatto. Ti rendi conto che se la strategia
stragista è riconducibile alla mente criminale di Totò Riina e
dell’organizzazione mafiosa alcune stragi e molti omicidi non sono
solo opera di Cosa nostra: viceversa perché uomini dei servizi e degli
apparati deviati dello Stato incontravano boss mafiosi?
Se non si trovano risposte a questi interrogativi io e quanti come me
hanno vissuto, direttamente o indirettamente, la tragedia di allora ci
porteremo sempre appresso quella sensazione di amarezza e delusione.
Ecco perché è importante scoprire la verità, tutta la verità sulle
stragi, per respirare finalmente, come diceva Paolo Borsellino, quel
“fresco profumo di libertà che fa rifiutare il puzzo del compromesso
morale, dell’indifferenza, della contiguità e quindi della
complicità”.Sarà questo il segno evidente che il sacrificio del
giudice Paolo Borsellino e di quanti sono morti nella lotta alla
mafia, per una società dei diritti e della legalità, non è stato vano.