Se i sindaci si riprendono i beni confiscati alla camorra

(di Alessandro Chetta)

E’ un’epidemia. Alcuni Comuni si stanno riprendendo i beni confiscati alla camorra da tempo gestiti da associazioni del territorio per iniziative sociali. Non è uno scherzo, succede davvero nel Casertano, terra d’influenza del cartello dei Casalesi. Due settimane fa, Michele Griffo, sindaco di Trentola Ducenta, ha comunicato urbi et orbi: non rinnoverò l’affido alla comunità di Capodarco attiva nella ex villa sequestrata al boss dei casalesi, Dario De Simone. Griffo ha dichiarato ad Affaritaliani.it: “La Capodarco non è nessuna associazione antimafia, è un’associazione a delinquere che prende i soldi per ogni bambino che sta là dentro”. La comunità è impegnata nella struttura insieme con la casa famiglia “la Compagnia dei Felicioni” che segue sei ragazzi a rischio.

Anche il sindaco di Castel Volturno, Antonio Scalzone, ha annunciato che l’associazione Jerry Masslo, impegnata sul territorio in nome del rifugiato sudafricano ucciso nel 1989 da gang criminali, dovrà restituire la villa di Baia Verde, nel passato proprietà di Pupetta Maresca. Parliamo del villino soprannominato Casa di Alice che era stato conferito in comodato d’uso all’associazione, la cui “colpa” sarebbe quella di non essere riuscita ancora a trasformare l’abitazione in sito d’accoglienza per donne in difficoltà: ora vi insiste “solo” la sede dell’osservatorio sul disagio sociale. Le brutte notizia per la Jerry Masslo non sono finite: il 15 giugno scorso Renato Natale, ex sindaco di Casal di Principe nonché presidente della stessa onlus, è stato oggetto di esplicite minacce di morte. “Un grave atto intimidatorio” secondo la Cgil Campania, che ha condannato fermamente le minacce da parte della malavita organizzata “nei confronti di uno uomo impegnato in prima fila nella lotta alla criminalità organizzata”.

E sulla vicenda di Castel Volturno il presidente della Commissione regionale sui Beni Confiscati, Antonio Amato (Pd) attacca: “E’ un fatto inquietante – spiega – anche perché si adduce la motivazione di un mancato riutilizzo del bene, ma in base alle informazioni in nostro possesso, quel bene non solo è stato riattato e sistemato, ma si sono già avviate al suo interno le attività di una sartoria sociale ed è pronta una prima produzione di abiti etnici”.

Le decisioni “ex abrupto” dei sindaci di Trentola Ducenta e Castel Volturno hanno inciso anche sul Festival dell’Impegno civile. La manifestazione promossa in questi giorni dal Comitato don Peppe Diana e dal coordinamento di Caserta dell’associazione Libera, non sarà interrotta ma cambierà il programma previsto per sabato e domenica. Sabato infatti era prevista nella villa confiscata una sfilata di abiti etnici realizzata, tra l’altro, dalla sartoria sociale in cui lavora Atta Bose, la ghanese mamma di Mary Morad, la piccola di sette anni uccisa e ritrovata pochi giorni fa nei Regi Lagni.