Napoli non sta mai quieta

(di Alessandro Chetta)
Napoli non sta mai quieta. Messa in un angolo per ora la crisi rifiuti, riecco l’emergenza criminalità. Con un colpo a sorpresa clamoroso: nelle carte delle indagini sul denaro riciclato dalla camorra nelle attività commerciali cittadine spunta il nome di Vittorio Pisani, capo di quella squadra mobile di Napoli che sul campo s’è guadagnata negli ultimi anni i galloni di formidabile equipe acchiappa-latitanti (l’ultimo: ‘o Ninno Antonio Iovine). L’indagine però non si limita a sfiorarlo tangenzialmente: il superpoliziotto è indagato per presunto favoreggiamento nei confronti dei titolari di un ristorante, nell’ambito di un’inchiesta della Dia nei confronti di affiliati al clan Lo Russo. Sulla base di tale accusa è stato raggiunto da un divieto di dimora a Napoli, dove a capo della mobile è stato provvisoriamente destinato Andrea Curtale, dirigente del commissariato di Castellammare di Stabia. Dunque, Pisani non può rimettere piede nel capoluogo campano.
Ma riavvolgiamo il nastro di questa brutta vicenda – che naturalmente va sottoposta all’ulteriore vaglio della magistratura giudicante, e va fatta salva la presunzione d’innocenza per Pisani e ogni indagato.
Stamattina sembrava il “solito” giro di sequestri di locali e bar che i clan controllano attraverso prestanome. Ma l’onda scatenata dalla Direzione investigativa antimafia col passare delle ore è diventata uno tsunami. Primo perché a finire nel mirino del pm della Dda Sergio Amato, con il coordinamento del procuratore aggiunto Alessandro Pennasilico, sono ristoranti notissimi del lungomare partenopeo – tra questi la catena “Regina Margherita”, il cui sito più famoso è in via Partenope, di fronte al Castel dell’ovo -; e secondo punto, per il coinvolgimento, come detto, del capo della squadra mobile partenopea. Alle indagini, inoltre, hanno dato un contributo proprio le dichiarazioni del pentito Salvatore Lo Russo, ex boss di Miano, periferia a nord di Napoli, che in un interrogatorio del primo marzo scorso ha riferito, tra l’altro, di un legame amicale tra lui e il capo della squadra mobile.
Carabinieri e Guardia di finanza hanno eseguito in tutto quattordici arresti più un’ordinanza ai domiciliari su ordine del gip. Si tratta di persone presumibilmente legate al clan Lo Russo di Miano. La parte che riguarda la posizione di Pisani viene esplicitata da un duro comunicato della Procura di Napoli, firmato dal procuratore capo di Napoli Giandomenico Lepore e dall’aggiunto Pennasilico. “Il dottor Vittorio Pisani – si legge -, legato con solidi e comprovati rapporti di amicizia con Marco Iorio (tra i soci del Regina Margherita, ndr) ed in rapporti con Salvatore Lo Russo (ex capoclan, ndr), suo confidente, non ha esitato a rivelare a Iorio l’avvio dell’indagine da parte di questo ufficio, informandolo al contempo del contenuto di alcune annotazioni di servizio redatte dal suo stesso ufficio”. In pratica, l’agente avrebbe effettuato una serie di “soffiate” all’amico Iorio circa le indagini in corso per salvarlo da una raffica di sequestri a suo danno. Iorio che, a giudizio dei pm, sarebbe referente dei Lo Russo per il riciclaggio: gli davano i soldi e lui investiva.
“Ciò – prosegue il comunicato della Procura – inevitabilmente ha arrecato un serio pregiudizio alle indagini, specialmente sotto il profilo della compiuta individuazione ed acquisizione dei beni da sequestrare, essendosi sia Marco Iorio che Bruno Potenza (entrambi arrestati, ndr), a sua volta informato da Iorio, immediatamente attivati per occultare i capitali, parte dei quali effettivamente già trasferiti all’estero, programmando in queste ultime settimane addirittura la vendita a prestanome delle stesse attività di ristorazione”.
«Ma si è anche accertato – prosegue il testo – che il dottor Vittorio Pisani era da anni a conoscenza del reimpiego dei capitali illeciti da parte di Marco Iorio e non solo non ha mai effettuato alcuna indagine, né redatto alcuna comunicazione di notizie di reato, ma ha intrattenuto quotidiani rapporti amicali con questo ultimo, frequentando il ristorante Regina Margherita”. “Ma le indagini – prosegue il testo – hanno rivelato anche qualcosa di più grave, che attiene al comportamento tenuto proprio in relazione alle indagini in corso, da parte del dirigente della mobile, il quale si è fortemente speso in difesa dell’amico Iorio, tenendo comportamenti decisamente contrari ai doveri connessi con l’alto ruolo rivestito. E mentre trasferiscono i soldi in Svizzera, gli indagati cominciano anche a immaginare una strategia difensiva e – come rivelato dalle intercettazioni ambientali – si dovrebbe concretizzare nell’attribuzione delle quote occulte al nero accumulato negli anni per effetto di una mera evasione fiscale”.
Un j’accuse durissimo da parte degli inquirenti, cui fa seguito la posizione del capo della Polizia Antonio Manganelli: “Confermo stima e fiducia in Vittorio Pisani, che destinerò ad altro incarico per corrispondere alle determinazioni dell’autorità giudiziaria, nella quale ripongo altrettanta fiducia ed i cui provvedimenti, io personalmente e l’istituzione che rappresento, rispettiamo incondizionatamente”. Non è finita: dal fascicolo del pm emerge un altro nome celebre: Fabio Cannavaro (che però non figura indagato). Tra le società di ristorazione sequestrate nell’ambito dell’operazione contro il clan Russo per riciclaggio ed usura c’è infatti la catena “Regina Margherita” di cui l’ex campione del mondo detiene quote azionarie.
Cannavaro, che ripetiamo è estraneo all’indagine, ha proclamato attraverso i suoi avvocati Luigi Pezzullo e Roberto Guida la sua “assoluta estraneità in relazione ai fatti per i quali sono state applicate le misure cautelari di natura personale e reale”. I legali sottolineano che “a riprova” delle sue affermazioni, la stessa Procura napoletana, nel corso delle indagini preliminari, si è limitata ad ascoltarlo solo come “persona informata sui fatti”.