La cultura vince la mafia
È stato il primo Festival dei libri sulle mafie. Forse proprio questo il segreto del successo di “Trame”. Sconvolgere un ordine culturale in Calabria, a Lamezia Terme. Parlare di mafia in piazza. Fare nomi e cognomi di famiglie mafiose senza paura. Una vera e propria inversione di tendenza resa possibile dal Comune lametino e dall’assessore alla Cultura e presidente onorario della Federazione antiracket italiana, Tano Grasso, con la direzione di Lirio Abbate. Per sei giorni la città è diventata teatro dell’antimafia. Più di 70 autori, 11 magistrati, 26 giornalisti e 10 studiosi hanno animato i dibattiti che si sono tenuti in diversi punti della città. I più belli. Da Palazzo Nicotera, alla piazzetta San Domenico, a Palazzo Panariti. Tanta gente ad ogni incontro, attenta, curiosa, consapevole che proprio facendo cultura si indebolisce il sistema mafioso. Un sistema che si basa proprio sul silenzio e sull’omertà della gente, piegata dalla ‘ndrangheta in Calabria. Ma i libri non erano solo quelli di ‘ndrangheta. La presenza degli studiosi ha reso maggiormente possibile il confronto anche con le altre due organizzazioni criminali principali, dalla camorra napoletana a Cosa Nostra siciliana. Il festival – iniziato il 22 e terminato domenica – è stato aperto da don Luigi Ciotti. E fra un libro e l’altro, sabato sera, anche un “fuori programma” con Sandro Ruotolo e Stefano Bianchi di Annozero, che con Lirio Abbate hanno affrontato il problema dell’informazione e – per quanto riguarda il futuro del programma di Michele Santoro – il passaggio a “la7” con un nuovo programma d’inchiesta giornalistica a cui si sta già lavorando. Il ruolo dell’informazione e i grandi casi irrisolti in terre di mafia fra i temi affrontati da Manuela Iatì e Giuseppe Baldessarro, in un confronto dove a porre l’accento su diverse questioni scottanti, tutte in salsa calabrese, è stato Enrico Fierro. Roberto Scarpinato ha affermato che «la storia d’Italia coincide con la storia criminale». Tesi sostenuta dai più. Per gli studiosi, come Marcella Marmo, non è esatto dire che la storia meridionale è storia criminale, è utile contestualizzare l’evoluzione. Il presidente nazionale dell’ordine dei giornalisti, Enzo Iacopino, ha affermato che «la mafia non è solo quella delle cosche». È proprio questo il nodo nei paesi del Sud. Una diffusa cultura mafiosa. “Trame” ha provato per la prima volta ad abbattere muro. A rendere partecipi i cittadini. A vivere la legalità senza paura. Ancora c’è tanto lavoro da fare. La mafia – come hanno spiegato meglio Enzo Ciconte per l’espansione al Nord e Francesco Forgione per i traffici oltre confine – è diventata internazionale. Esistono delle reti fino a poco tempo fa inimmaginabili. Per questo, anche per Nicola Gratteri, è ancora difficile parlare di soluzione del problema criminalità nonostante gli arresti eccellenti. Anche le testimonianze rese dai pentiti a volte non dimostrano nulla. Non sono il segno del cambiamento. Anzi. Per il magistrato della procura di Reggio Calabria spesso si pentono «i mafiosi di serie C». Quindi attenzione alla figura dei pentiti «bisogna prima svuotare il pentito». Per Gratteri c’è inoltre bisogno di un sistema giudiziario «proporzionato alla realtà criminale, in modo che diventi sconveniente delinquere». Servono poi gli strumenti d’indagine. E le intercettazioni «sono il metodo più economico e sicuro». Tanti spunti di riflessione. Tanti e tanti libri sulla mafia allo scopo di sensibilizzare quanti vogliano contribuire al cambiamento. A Lamezia, nella settimana appena trascorsa, si respirava davvero una nuova aria. Limpida. Pulita. C’è ancora da lavorare però. Per trascinare tutti i giovani verso questo processo di cambiamento. La gente che non ha voluto seguire il festival. I ragazzi che stavano al pub (vicino ai luoghi dei convegni) aspettando che gli ospiti andassero via. Lamezia una lezione però l’ha data: ha dimostrato che queste persone, tutto sommato, sono solo una piccola minoranza. È da questa consapevolezza che si deve partire.