Giovani in cerca di dolore fisico

Se una ragazza sta male e un genitore, un amico, un parente, un semplice conoscente, non recepisce subito i segnali che la giovane manda, lo stato di depressione della stessa può arrivare ad un punto di non ritorno. Forme di autolesionismo sono sempre più praticate dalle giovanissime. I motivi sono diversi: il fidanzato che ti lascia, il lavoro che non c’è (quando si diventa un po’ più grandi), gli studi che vanno male, i problemi di comunicazione sui propri stati d’animo e la mancata manifestazione delle proprie ansie o paure. Non si tratta della “moda” seguita dai ragazzi cosiddetti “Emo”, bensì da persone, specie ragazze, apparentemente normali, che sin da giovanissime (14 anni in genere) iniziano a farsi del male con i “tagli”. Un sistema sconosciuto ai più. Basta leggere i commenti su qualche blog ed entrare nel mondo virtuale, dove soprattutto ragazze sfogano i propri piccoli problemi. Che vissuti in età adolescenziale diventano gravi e possono provocare danni irreparabili. I “tagli”, da quel che si conosce sul fenomeno, possono accompagnare una donna anche in età adulta. Le persone che si tagliano, inizialmente, possono scegliere di farlo in parti del corpo visibili solo ai propri familiari, difficilmente percepibili all’esterno. Polsi, braccia, gambe o pancia. La speranza di queste giovani in preda alla disperazione, che cercano dolore fisico per superare il malessere interiore, è quella di attirare l’attenzione dei propri cari. Non si arriva a tagliarsi se prima, in qualche modo, non si è già manifestato il disagio. Solo che la vita frenetica che si vive oggi, dei genitori sempre più lontani di casa per esigenze lavorative e così via, rendono invisibili i primi segni di malessere. In alcuni siti è indicato anche il modo di “resistere alla voglia di tagliarsi”. Le ragazze sfogano la loro rabbia in rete e confidano a dei perfetti sconosciuti i sentimenti più intimi, al fine di trovare una parola di conforto, un consiglio. Qualcuna chiede “se tagliarsi le vene provoca dolore”. In tanti cercano di fermala. Ma in realtà è difficile frenare il meccanismo una volta innescatosi, anche perché sul web tutti possono dire tutto e non essere nessuno. Non si sa quale sia la vera identità della ragazza né quella dei presunti aiutanti. Uno tenta di fare una domanda aspettandosi di ricevere la risposta desiderata. Spesso al “taglio” segue l’idea del suicidio. Un’altra ragazza in uno dei tanti blog scrive: “se ci si taglia una vena sola si muore?” Probabilmente ha paura di morire, ma vuole comunque farsi del male. E la voglia di farsi del male supera di gran lunga la paura per la morte. E poi si confida ancora dicendo che si è già tagliata i polsi da due giorni e che ancora le fanno male.  E per rispondere a chi la critica dice: “lo so che tagliarsi non è una bella cosa, non lo vado mica a dire in giro!! Ma so che può sembrare buffo, a volte tagliarsi e far del male a se stessi è lo sfogo migliore”. Far del male a se stessi per non farne agli altri dunque. Questi blog dovrebbero essere un campanello d’allarme per tutti: genitori, ma anche amici e docenti che si trovano di fronte a ragazzi che potrebbero sviluppare simili problematiche. La solitudine o l’isolamento, l’essere lasciati soli o sentirsi soli, possono rappresentare l’inizio di una qualche forma di depressione. Navigando su internet poi, è facile trovare altri che la pensano allo stesso modo e che portano avanti la teoria dei “tagli” come toccasana per altri tipi di problemi ben più gravi. Il sangue provocato dal taglio delle arterie è un’immagine che può far sentire a queste giovani una certa sensazione di conforto; il dolore dopo il taglio dei polsi, paradossalmente, genera benessere, perché si possono mascherare altri tipi di dolore più profondo; non parlare agli altri di se stessi e trovare sfogo su internet può diventare una consuetudine. Ma le cicatrici sulle braccia piuttosto che sulle gambe o ai polsi, restano. E quelle cicatrici potrebbero essere permanenti sul corpo, indelebili per la mente.