Salus Iniqua: sanità e appalti

Molte prese di posizione, apprezzamento per l’azione della Polizia e della Finanza, è arrivato da più parti, il maxi sequestro dell’operazione «Salus Iniqua» contro l’on. Pino Giammarinaro (35 milioni di beni sottratti), l’indagine su interferenze di vario genere che l’ex parlamentare sarebbe riuscito a mettere a segno, il controllo di affari politici e della sanità in particolare, addirittura la «pretesa» che deputati eletti col suo sostegno dovessero pagare «una tassa», fanno parte del castello investigativo. Uno spaccato molto pesante e che però ha anche ricevuto in parte da alcuni settori incredulità.
Incredulità per il fatto che il «potere» di Giammarinaro sia davvero così vasto, che il «controllo» della sanità pubblica non sarebbe stato così tanto radicato. E invece a tradire la «realtà» delle cose è la voce dello stesso ex parlamentare. Non è una voce finita intercettata nel corso delle indagini (nel fascicolo sono numerose le trascrizioni di colloqui “carpiti” da intercettazioni ambientali e telefoniche), ma la voce dell’onorevole è stata registrata dalle telecamere presenti appena l’anno scorso a Salemi quando l’assessore regionale Massimo Russo andò ad inaugurare la residenza ospedaliera per i malati «terminali». C’erano anche il sindaco di Salemi Vittorio Sgarbi e l’allora manager dell’Asl, D’Antoni. E c’era anche l’on. Giammarinaro. Dapprima si avvicinò a D’Antoni e gli è stato sentito dire, «questo “albergo” l’ho fatto finanziare io e adesso non vengo manco preso in considerazione». Quasi lo stesso discorso poi fatto a Sgarbi, anche in questo caso i due erano molto vicino e Giammarinaro si sfogò dicendo che tutto quello che si stava inaugurando era opera sua, lui aveva portato a Salemi quel finanziamento.
Ora facendo un po’ di conti (temporali) se davvero le cose sono andate come Giammarinaro raccontò in quell’occasione, lui si interessò di quel finanziamento in un periodo in cui non era certo più amministratore di azienda sanitaria, o deputato regionale, non aveva più cariche, era però un sorvegliato speciale, cosa che non gli impediva, come emerge dall’indagine, di muoversi liberamente, andare così alla Regione e chiedere il via libera per ottenere pubblici finanziamenti.
L’ex onorevole Massimo Grillo, sentito anche lui nel corso delle indagini, notoriamente su posizioni opposte a quelle di Giammarinaro prima e di Cuffaro dopo, ha anche spiegato perchè veniva dato credito a Giammarinaro. «C’era Saverio Romano (allora capo dell’Udc siciliana e oggi ministro dell’Agricoltura ndr) che andava dicendo che la misura di prevenzione a Giammarinaro sarebbe stata revocata in poco tempo». Non fu così. Anzi adesso si profila un nuovo periodo di sorveglianza speciale per l’ex deputato, per altri 5 anni.

Non ci sono solo «interferenze» nella sanità o nella vita politica del Comune di Salemi, ma l’atto di accusa nei confronti dell’on. Pino Giammarinaro riguarda anche altro. Ci sono le dichiarazioni dei collaboratori di giustizia, «Pino manicomio» così come viene appellato da molti suoi conoscenti cominciò la «carriera» occupandosi di appalti.
Così ne parla (verbali contenuti nell’ordinanza del Tribunale delle misure di prevenzione) il pentito Salvatore Lanzalaco che negli anni ’90 delineò la tela dei rapporti attorno ai potenti esattori Salvo. Lanzalaco indicò come a disposizione l’imprenditore salemitano Nino Scimemi, «fu lui – ha detto – a presentarmi Pino Giammarinaro, allora si parlava dei lavori della ricostruzione del Belice, c’era da fare un grosso complesso sportivo, Giammarinaro doveva individuare una impresa . Ricordo che il periodo era quello del 1988-1989. Giammarinaro a quel tempo era presidente della Usl di Mazara, era nella Dc, vicino ai Salvo di Salemi. Scimemi era vicino invece all’on. Aristide Gunnella. I due gruppi sul territorio avevano una buona forza che poteva gestire ogni appalto». Per quei lavori l’impresa che si prendeva quei lavori avrebbe dovuto pagare una «tangente» Da 500 milioni di vecchie lire».
Il racconto di Lanzalaco è dettagliato: «Giammarinaro riusciva a controllare una grande fetta dei lavori e dei finanziamenti per appalti pubblici, anche perchè in ogni paese aveva un forte appoggio politico di consiglieri comunali della sua corrente. Una parte di questi fondi li pilotò a delle imprese a lui amiche, mi riservo di fare i nomi successivamente. Altra parte dei finanziamenti fu gestita direttamente da Giammarinaro in concorso con un cognato ingegnere».
Il sistema messo in piedi sembra del tutto sovrapponibile a quello negli anni successivi creato da Giammarinaro per controllare la sanità. Lanzalaco riferisce che i particolari li ebbe raccontati proprio da Scimemi e Giammarinaro: «Ho lavorato con loro per dei cantieri a Salemi, Calatafimi, Vita, Alcamo, Castellammare. Questi appalti erano stati aggiudicati ai due o assieme o separatamente, anche a mezzo di imprese prestanome. Circa 16 appalti di cinque miliardi ciascuno. Tutti questi appalti sono stati truccati dalle persone di cui ho detto ed ho collaborato a queste turbative. Il nostro cammino è cominciato nel 1988 e già nel 1992 questo gruppo gestiva appalti per decine e decine di miliardi, fino al momento delle elezioni regionali quando Giammarinaro fu messo in lista per decisione dei Salvo». 
La carriera politica di Giammarinaro secondo Lanzalaco fu segnata ancora dal controllo dei pubblici finanziamenti: «Giammarinaro cominciò a portare diversi decreti finanziamento di opere pubbliche che venivano gestiti sempre in accordo con Scimemi». Una carriera interrotta dall’ordine di cattura per le indagini di mafia che lo riguardavano e per gli «intrallazzi» relativi alla gestione della Usl di Mazara. «Con Giammarinaro si creò una amicizia concretizzata con il mio aiuto a farlo fuggire all’arresto, gli misi a disposizione per una sera casa mia e l’indomani mattina è andato via».
Ma il racconto di Lanzalaco presenta anche uno spaccato inquietante, che dimostra di quale rete di favoreggiatori e complici l’ex onorevole avrebbe approfittato. «Gole profonde». «Già una settimana prima dell’ordine di cattura Giammarinaro sapeva che sarebbe stato arrestato e stava preparando la sua fuga, con un peschereccio di Mazara».
Per la latitanza Giammarinaro aveva di bisogno di denaro liquido: «So che al congresso regionale dei Popolari al Saracen, albergo di Palermo, Giammarinaro si incontrò con tale Riccardo Savona al quale chiese di procurargli una liquidità che lo stesso gli consegnò poi ad Alcamo al Monte dei Paschi di Siena. Con questi soldi è rimasto un po’ di tempo in Tunisia».

Era sconosciuto il ruolo esercitato dall’ex deputato della Dc Pino Giammarinaro all’interno della sanità pubblica di Trapani? Una attività di “inquinamento” – tale è stata definita dal Tribunale delle misure di prevenzione nell’ambito del maxi sequestro da 35 milioni di euro disposto per colpire la pericolosità sociale rappresentata dalla Questura di Trapani – esercitata in un periodo in cui Giammarinaro era pure sorvegliato speciale situazione la sua che però non suscitava scandalo nella politica. Il ruolo di Giammarinaro non era sconosciuto, molti ne erano a conoscenza, dava adito a prese di posizione (all’interno della politica, ma mai fuori in modo plateale) ma nessuna pubblica denuncia. Quello più risentito per l’azione svolta da Pino Giammarinaro all’esito di alcune intercettazioni sembra essere l’attuale presidente della Provincia Mimmo Turano . Con suo padre Vito, ex sindaco di Alcamo, è stato spesso sentito commentare di vicissitudini proprio a proposito di gestione di nomine nella sanità pubblica. A prendere tutto era solo e soltanto sempre Giammarinaro. La voce dei due Turano fu ascoltata durante una indagine antimafia a Castellammare, quando la loro azienda fu oggetto di un tentativo di estorsione, Vito Turano finì anche indagato per avere taciuto i nomi degli estortori, salvo poi raccontare ogni cosa ai magistrati e quindi vedere archiviata la posizione. Turano, jr, è stato sentito lamentarsi per telefono con Peppe Cascio, ex sindaco di Salemi. Parlando ancora con Cascio, Mimmo Turano affrontava il tema della sanità. A Turano interessava una nomina all’ospedale di Alcamo, concorso a primario, ma le cose non erano andate bene per lui che sosteneva un “bravo medico”. “. giustamente minchia qua hanno fatto il concorso all’ospedale come primario… eh… dice che c’è un dottore che è uno scienziato…”però non lo vogliono fare vincere a questo… lo deve vincere Scalisi… perché è raccomandato da Giammarinaro…ora insomma  si può andare appresso alla sanità… che invece di andare avanti quelli bravi… la sanità significa le persone malate… cose… cure… e fare andare avanti quelli che dicono loro solo perché sono amici loro…”. L’allora onorevole Turano pare sapeva di come andavano le cose , indicava “Peppuccio” Cangemi, direttore sanitario dell’Asl, colui il quale si adoperava per favorire Giammarinaro: : qua bisogna fare qualche cosa…io non lo so cosa si deve fare… ma non può essere cos…e poi magari Scalisi vince pure quello di Salemi…si… certo… infatti praticamente a questo non gli vogliono far fare la nomina ora… con la complicità di Peppuccio Cangemi… perché siccome il 21 giugno c’è quello di Salemi mi capisci?…per ora impera… impera Giammarinaro là…”. Il risentimento di Turano ma mano che passava il tempo e gli incarichi alla sua area politica non ne arrivavano si faceva forte: “La sanità in provincia di Trapani viene gestita da Giammarinato … se ci sono medici che sono bravi… però, diciamo, non sono amici di Giammarinaro diventano “scecchi”… mentre gli “scecchi” amici di Giammarinaro diventano bravi… come se, diciamo, la sanità fosse adeguata, che so, al commesso, è giusto?…  o all’impiegato… uno che è amico di Giammarinaro fa l’impiegato… uno come(inc)… fa il commesso… ma dico… fare il commesso e l’impiegato non è che c’è di mezzo la salute dei cittadini… non c’è niente… mentre nella sanità c’è la salute dei cittadini che va di mezzo…”.