Messina Denaro lo hanno cercato dentro un bene confiscato
Un bene confiscato alla mafia, ma da anni rimasto non utilizzato,sarebbe dovuto essere, secondo la “soffiata” ricevuta dai servizi segreti dell’Aisi, il nascondiglio del super boss latitante Matteo Messina Denaro. Ricercato dal 1993, 49 anni, erede del patriarca della mafia belicina, Francesco Messina Denaro, morto dopo l’arresto dell’altro figlio della casata, Salvatore (tornato in cella con l’operazione antimafia Golem 2 dell’anno scorso), Matteo Messina Denaro secondo le informazioni raccolte dall’intelligence non sarebbe nascosto in luogo molto distante dalla sua città Castelvetrano. Ma sarebbe vicinissimo. Solo che l’indicazione non era quella giusta, e non è nemmeno da escludere che sia stata fatta arrivare prima all’Aisi e poi girata agli apparati investigativi da qualcuno interessato a capire anche i “tempi di reazione” delle forze dell’ordine sul territorio. Giovedì mattina i reparti di Polizia e Carabinieri, il gruppo messo in campo dal Viminale per dare la caccia al boss ed i Ros, informati dai servizi hanno fatto irruzione in un vecchio e abbandonato oleificio più vicino a Partanna che a Castelvetrano. Una azienda inattiva da anni, appartenuta al mafioso Sansone di Palermo. Un oleificio assegnato al Comune di Partanna che ancora non lo ha dato a nessuna associazione. E’ rimasto così in disuso, preda del degrado, e per le condizioni riscontrate all’interno sembra difficile che qualcuno lì dentro abbia potuto trovare rifugio. Matteo Messina Denaro non è stato trovato ma non sono state trovate tracce di eventuali passaggi, soggiorni, nessun ambiente era nelle condizioni da funzionare da covo. Gli investigatori stanno cercando di capire qualcosa di più sulla segnalazione arrivata ai servizi segreti; l’unico dato possibile è quello che Messina Denaro possa nascondersi non lontano dalla sua città, nel «suo» territorio. Con l’operazione «Golem 2» è saltata fuori la possibilità di un suo trasferimento in una villetta nei pressi della foce del fiume Belice, una casa con due uscite su lati opposti, così da agevolare una fuga in caso di necessità. «Sarebbe stato troppo bello il regalo che le forze dell’ordine ci avrebbero fatto se fossero riusciti a catturare Matteo Messina Denaro, il macellaio di via dei Georgofili in prossimita’ dell’anniversario dei massacri dei nostri figli il 27 maggio 1993. Ma noi tifiamo senza sosta per le forze dell’ordine, la magistratura». Del blitz resta questo, l’auspicio di Giovanna Maggiani Chelli, presidente dell’Associazione tra i familiari delle vittime della strage di via dei Georgofili, una strage firmata dalla mafia di Messina Denaro.