Patacca tunisina

Alla fine, dopo una giornata ancora con i nervi a mille, il grande esodo da Lampedusa si risolve di nuovo in un flop. Partono solo in 500, i più fortunati. I tunisini ancora stipati sul molo commerciale, la bidonville che tutto il mondo ha visto in queste settimane, se ne accorgono e reagiscono con violenza. E’ sera quando un gruppo di loro comincia a lanciare sassi e oggetti contro i pullman che trasferiscono alcuni migranti verso il molo commerciale  per essere imbarcati, e contro polizia e giornalisti. Vogliono andar via, anche loro hanno creduto alle parole del governo italiano. “Entro 48-60 ore Lampedusa sarà svuotato.”, aveva promesso Berlusconi. Di ore ne sono passate 72 e tutto è ancora bloccato. Perché il vento ci ha fermato, dice il cavaliere, ed è la litania che ripetono i vertici della catena di comando che dirige le operazioni.

La verità è che alle otto di sera, ad uso e consumo delle telecamere dei tg, si vedono scene che sembrano tratte da “Il giorno più lungo”, il film sullo sbarco in Normandia. In rada c’è la nave militare S.Marco con i suoi mezzi da sbarco. E’ da giorni nelle acque di Lampedusa ma nessuno ha voluto utilizzarla prima, e questo è uno dei tanti misteri di questa emergenza voluta. Gli attracchi delle altre navi passeggeri non sono riusciti, sul molo commerciale i 4 mila tunisini che sono lì vedono “La Suprema”, un gigante del trasporto passeggeri marittimo in grado di accogliere tremila persone. Non si avvicina, il vento è ancora forte. Da Palermo e da Roma non arrivano ordini,nessuno vuole prendersi la responsabilità di azzardare.E allora si decide di utilizzare i mezzi da sbarco per trasportare 500 tunisini sulla “San Marco” e portarli a Napoli, direzione Santa Maria Capua Vetere. Ma qui la gente continua ad arrivare: in serata è stato avvistato a 15 miglia di distanza, un altro barcone con una sessantina di disperati a bordo. Tutti avevano promesso ai disperati del molo che la giornata di ieri sarebbe stata quella decisiva, tutti sarebbero stati imbarcati e avrebbero lasciato Lampedusa. Ma qualcosa ha continuato a non funzionare. E ciò ha reso ancora più snervante l’attesa sul molo commerciale. Già in mattinata ci sono stati momenti di tensione, soprattutto quando un ragazzo di nazionalità marocchina, ha dato fuoco  ad una roulotte abbandonata. Mentre altre centinaia di tunisini premevano per partire subito. Le mediazioni dei giorni scorsi sono saltate.

Migranti e poliziotti si sono fronteggiati a pochi metri gli uni dagli altri. “Basta, non siamo venuti per mangiare questa merda”, ha detto uno degli improvvisati capi della rivolta incitando  gli altri allo sciopero della fame. A rendere ancora più incandescente la situazione, poi,la decisione di imbarcare sulla San Marco alla rinfusa. I numeretti assegnati nei giorni scorsi per stabilire l’ordine di partenza, sono diventati improvvisamente inutili. Ed è stata questa la scintilla che ha scatenato la sassaiola della serata. Sul molo molti tunisini urlavano, qualcuno minaccia il suicidio. La notte prima un ragazzo si è messo in piedi su un muretto dell’imbarcadero e si è lanciato a mare. Lo hanno salvato a stento. Mohammed, un tunisino di Susse che abbiamo conosciuto nei giorni scorsi, è seduto sul suo borsone di plastica lontano dagli altri. Si sfoga. “E’ un attesa infinita, a volte penso che vogliono lasciarci sua questa isola. Basta sono stanco di fare file per tutto, di aspettare una nave che non arriva mai. Il sogno di raggiungere la Sicilia e poi l’Italia e di andare finalmente in Francia, mi sembra un incubo”. Non sappiamo cosa dirgli, non abbiamo il coraggio di confessargli  che passerà un’altra notte all’aperto. Quando cala la tensione, mediatori culturali in lingua araba e i funzionari di polizia che in questi giorni hanno lavorato sul molo, parlano ai tunisini “Fate partire i pullman, non tirate sassi, stanotte partiranno 500 di voi, domani arriveranno altre navi”. E’ in arrivo il vento di bonaccia, assicurano dalla capitaneria di Porto e domani (domenica per chi legge-ndr) potranno attraccare tre grandi navi, la “Excelsior”, la “Suprema” e un altro traghetto. Se le cose andranno bene l’isola finalmente si svuoterà. Dipende dal tempo, dalla forza dei venti e del mare che nessuno ha previsto prima di organizzare un’operazione fallimentare. E’ solo l’ultimo capitolo di una emergenza annunciata e voluta che il governo ha gestito in modo confuso e disorganizzato ad iniziare dai rapporti con la Tunisia. Il 25 marzo scorso i ministri Frattini e Maroni avevano annunciato di aver raggiunto un accordo con il nuovo governo sul contrasto all’immigrazione clandestina. Ieri la smentita. Non c’è nessun accordo, tutto è ancora da definire. Anzi, le autorità di Tunisi rimproverano al governo italiano l’atteggiamento avuto in queste settimane e la gestione dell’emergenza  profughi.”La Tunisia rivolge un appello al governo e al popolo italiano affinchè diano prova di solidarietà con il popolo tunisino in questa tappa transitoria importante che vive il paese dopo la gloriosa rivoluzione”. Fonti del Ministero degli Esteri tunisino ricordano ancora come il paese si trovi ad affrontare  “le sfide poste dalla situazione attuale sul confine tunisino-libico, con l’arrivo di più di 150mila sfollati, che sono stati accolti con uno slancio di solidarietà senza precedenti”. Dalla Farnesina in serata una mezza smentita. Non c’era un trattato con la Tunisia, ma intese politiche chiare.

 

(pubblicato su Il Fatto Quotidiano del 3 aprile 2011)