La sicurezza (della) Stradale e lo sballo del sabato sera.

“Pronta per la serata delirio? Prontissima” Scriveva cosi la ragazza minorenne coinvolta nel pestaggio dei due carabinieri avvenuto a Sorano, nei presi di Grosseto, la notte del 25 aprile, e di sicuro non avrebbe mai immaginato come queste due battute si sarebbero rivelate profetiche. Eppure più di qualcuno le ha citate a gran voce come rivelatrici di un’intenzione di fondo, di una predisposizione verso l’eccesso che tende alla delinquenza già presenti in quei quattro giovanissimi che, fermati per un controllo dagli agenti Marino e Santarelli, li hanno aggrediti in uno scoppio di violenza che ha sicuramente dell’assurdo. Le famiglie sono le prime ad essere sconvolte, secondo un copione che ha un che di già visto: bravissimi ragazzi, tranquillissimi, nessun segnale di disagio, e chi lo avrebbe mai pensato… E allora la causa prima dell’accaduto appare evidente: i ragazzi erano reduci da un rave party, sorta di festa su scala campo da calcio tenuta poco distante dal luogo in cui gli agenti hanno fermato l’auto dell’unico maggiorenne del gruppo, rivelatosi al controllo con un tasso alcolico di 0.80 g/l. Come se un gesto del genere potesse essere ricondotto allo sballo esagerato che quattro giovani un po’ su di giri hanno cercato in una festa, da cui sono usciti con troppo alcol in corpo. Quello dei rave party è però un fenomeno che meriterebbe uno studio più ravvicinato e meno “per sentito dire”: parlare di festa è riduttivo, parlare di raduno di delinquenti, spacciatori e stupratori è patetico. Sono senz’altro un luogo di evasione, un’area circoscritta in cui tutto è consentito, in cui i decibel regnano sovrani e l’alcol accende e placa gli animi al tempo stesso, organizzate in aeree rigorosamente per non scadere nell’occupazione illegale del suolo pubblico. Non ci sono buttafuori come in discoteca, ma come in discoteca accade spesso circolano stupefacenti di tutti i tipi; a vigilare su questi raduni ci sono spesso medici volontari, associazioni che forniscono ambulanze in grado di soccorrere non le vittime di eventuali aggressioni (fatto assai raro nel contesto rave), quanto più chi cede, stravolto dall’eccesso, magari dopo ore e ore passate in pista. Oppure agenti della stradale, come quelli coinvolti nell’incidente di poche sere fa, a caccia di chi, reduce da uno di questi raduni, si mette al volante in stato alterato: anche qui meno di quanti si possa pensare, visto che tanti si accampano addirittura nei pressi del rave, per ripartire solo la mattina successiva. Nonostante queste basilari considerazioni, gli amministratori dopo l’accaduto mettono le mani avanti: “Non si può non stabilire un legame tra il fatto in sé, la reazione violenta e bestiale dei giovani, e questo genere di raduni”, tuona il presidente della Regione Toscana Enrico Rossi. Una valutazione troppo semplicistica: fatti come quello di Grosseto non sono isolati come appaiono, ma si collocano in un quadro ben più ampio e diffuso. Come evidenziato da uno studio condotto dall’osservatorio “Sbirri Pikkiati” dell’ Asaps, gli episodi di aggressioni fisiche ai danni degli agenti durante i controlli di polizia su strada sono stati 2079, quasi sei al giorno. Un numero che stupisce, e stupisce ancora di più constatare come solo il 30% degli aggressori siano in stato alterato, sotto l’effetto di alcol e stupefacenti: ha ancora senso trovare la causa prima di questi episodi nello sballo del sabato sera? Sempre secondo lo studio Asaps risulta che il 25% degli aggressori utilizza armi improprie (come i quattro di Grosseto), e che gli episodi coinvolgono in primo luogo Carabinieri (50,3%), seguiti da Polizia (37,4%), Polizia Locale (10,8) ed altri pubblici ufficiali (7,4%), con una distribuzione che vede il Sud in testa (39,3% degli episodi). Certo, meglio un cazzotto in faccia ad un poliziotto che un ubriaco in più sulle strade: ma solo quando questi episodi degenerano come accaduto pochi giorni fa ci si rende conto del rischio che corrono gli agenti addetti ai controlli anti-alcol, che compiono un lavoro fondamentale per la sicurezza di quanti viaggiano, visto che la guida in stato di ebbrezza è tra le cause prime degli incidenti. A ben poco serve fissare limiti assurdi ed obbligare i locali ad esporre etilometri che nessuno userà mai: solo una rete capillare di controlli può arginare il problema, ovviamente mettendo le nostre forze dell’ordine in condizione di poterli condurre. Con una pattuglia composta da tre agenti, molto probabilmente, tutto questo non sarebbe accaduto.