La figlia del boss Pesce fa arrestare madre e sorella ma poi smette di collaborare
Le dichiarazioni rese ai magistrati dalla collaboratrice di giustizia Giuseppina Pesce, iniziate dopo il suo arresto nell’aprile dello scorso anno, fanno finire la madre Angela Ferraro (48 anni) e la sorella Marina Pesce (29 anni) in carcere. Dopo gli arresti avvenuti venerdì scorso, però, la donna ha deciso di fare un passo indietro. La figlia del boss Salvatore Pesce (classe ’64) non parla più con i magistrati. Forse ha paura. Comunque sia, una cosa del genere potrebbe stravolgere il quadro indiziario e probatorio sul quale hanno puntato i magistrati della Dda di Reggio Calabria da cui sono scaturite le due operazioni All Inside e All Inside2. La collaboratrice potrebbe essersi pentita di avere puntato il dito contro la sua stessa famiglia. Renate Siebert studiando il fenomeno mafioso e la figura femminile, le definisce “donne attive, consapevoli del loro ruolo”. Si tratta semplicemente di mogli, madri, figlie, sorelle dei boss che direttamente o indirettamente sono coinvolte negli affari dei loro uomini. O perlomeno sanno, custodiscono i segreti della famiglia. Ma quanto può valere la testimonianza di una donna? Tanto. Visto quello che è emerso dai racconti della figlia del boss che fa parte di una delle più potenti famiglie della provincia di Reggio Calabria. “Giuseppina Pesce – annotavano fra le altre cose i carabinieri nell’operazione All Inside2 che aveva portato all’arresto di 40 persone lo scorso novembre, tutte ritenute appartenenti alla cosca Pesce di Rosarno – ha ammesso l’esistenza della potente cosca di ‘ndrangheta, operante sul territorio della città di Rosarno e con ramificazioni nel nord del Paese; ha riferito circa le vendette relative alla successione al vertice della cosca; ha descritto l’ascesa al potere del pericoloso cugino Francesco Pesce (classe ’78); ha dettagliatamente indicato attività economiche riconducibili alla cosca mafiosa. Il ruolo svolto da Giuseppina Pesce – continuavano i carabinieri – all’interno della potente cosca mafiosa e lo stretto legame di sangue che la lega ai sodali rendono il contributo da lei fornito estremamente significativo, nell’ambito di una realtà criminale difficilmente penetrabile e poco permeabile ai fenomeni collaborativi”. Giuseppina Pesce aveva una posizione privilegiata essendo figlia del boss Salvatore Pesce (fratello di Antonino Pesce classe ’53, storico capo dell’omonima consorteria criminale), sorella di Francesco Pesce classe ’84, (dedito alle attività estorsive gestite dalla famiglia); cugina di Francesco Pesce classe ’78, (figlio di Antonino classe ’53 e temibile successore al vertice della cosca). Grazie alle dichiarazioni della collaboratrice le forze dell’ordine erano riuscite a rinvenire tre bunker, uno dei quali proprio all’interno dell’abitazione del latitante Francesco Pesce. Giuseppina è riuscita a ricostruire l’intero organigramma della famiglia mafiosa e a descrivere il ruolo di ciascun componente. Le rivelazioni di Giuseppina Pesce hanno fatto luce su una serie di omicidi riconducibili alla cosca mafiosa. Secondo quanto riferito dalla collaboratrice, Annunziata Pesce venne uccisa dal boss Antonino Pesce (che era lo zio) e dai fratelli Antonino e Rocco, perché la donna aveva una relazione extraconiugale con un uomo appartenente alle forze dell’ordine.
Giuseppina Pesce, giovane e donna. Nata in un contesto molto particolare. Figlia e parente di potentissimi boss. Difficile ribellarsi ad un mondo che non hai scelto tu, in cui sei nata e cresciuta. Sin da subito, dopo il suo arresto, aveva ammesso agli inquirenti le proprie responsabilità. Aveva rivelato il suo ruolo all’interno della cosca. Ovvero quello di intermediaria tra il padre detenuto e gli altri sodali, circa le attività della cosca, oltre ad aver permesso che le fossero intestate in maniera fittizia attività commerciali, per eludere provvedimenti dell’Autorità giudiziaria. Pian piano è venuto fuori anche il ruolo della sorella e della madre, le quali sono state arrestate venerdì scorso, dai carabinieri del Comando provinciale di Reggio Calabria e quelli di Milano, in esecuzione di una ordinanza di custodia cautelare in carcere emessa dal Gip del Tribunale di Reggio Calabria Vincenzo Pedone, su richiesta della Direzione distrettuale antimafia di Reggio Calabria. Giuseppina Pesce ha descritto con dovizia di particolari l’attività della madre e della sorella. Sulla madre la collaboratrice ha riferito che la donna continuava a svolgere il ruolo di intermediaria tra il marito detenuto e il fratello Giuseppe, oltre che degli altri parenti. Ha confermato anche il ruolo della sorella Marina all’interno dell’organizzazione criminale. Affermando pure che la madre e la sorella avevano il compito di ritirare il denaro che proveniva dalle estorsioni presso l’abitazione della nonna Giuseppina Bonarrigo, per consegnarlo al fratello Francesco (detenuto). Una sintesi chiara di quello che era il compito delle donne di famiglia mafiosa. Anche se oggi la collaboratrice che forse sperava di lasciarsi alle spalle il suo passato, fa un grande passo indietro. Lunedì scorso, infatti, Giuseppina Pesce si è avvalsa della facoltà di non rispondere. Dichiarando non voler più collaborare. Una notizia sorprendente vista la forza con cui aveva affrontato questi mesi da collaboratrice. Va detto pure che il suo caso è singolare. Dato che fino ad oggi nessuna donna di ‘ndrangheta, pienamente coinvolta negli affari della famiglia, aveva osato sfidare le persone a lei vicine. Chi o cosa le ha fatto cambiare ide? Ci saranno elementi utili a delineare il quadro di questa vicenda. E fare chiarezza su una nuova presa di posizione che pare inquietante.