Comuni indebitati? Niente acqua

Esistono città che seppur non classificate fra i Paesi del Terzo mondo, vengono comunque trattate come tali. Soprattutto quando sono private di un bene primario: l’acqua. È accaduto a Cinquefrondi, un paesino in provincia di Reggio Calabria ma, vista la situazione, può succedere anche in altri comuni della Regione. Dopo tre giorni di proteste pacifiche dei cittadini e di un sindaco che si è detto pronto a consegnare la tessera del partito (Pdl) e a lasciare la giuda del Comune, la Sorical (la società mista che gestisce la fornitura idrica in Calabria) ha permesso che l’acqua venisse erogata nuovamente. Una parte cospicua della cittadina è rimasta all’asciutto per ore e ore, dato che la diminuzione del 25 per cento dell’erogazione idrica ha prosciugato i rubinetti della parte alta della città. Un gesto eclatante della società a cui spetterebbero somme arretrate dall’Ente, per debiti pregressi per più di un milione di euro dal 2004-2010. Una vicenda ingarbugliata che, purtroppo, non riguarda solo il piccolo centro della Piana di Gioia Tauro, bensì la maggior parte degli enti calabresi in debito con la società il cui capitale è gestito per il 53,5 per cento dalla Regione Calabria, mentre da Veolià – general des eaux – per il 46, 5 per cento. Ma non è soltanto una questione di debiti. Per questo la situazione si complica ulteriormente. Il Comune di Cinquefrondi si è opposto al modus operandi della società. Arrivando ad avviare ben tre procedimenti giudiziari. Nel frattempo l’Ente si è impegnato a pagare il 40 per cento delle somme dovute in attesa dei giudizi da parte del Tribunale, pertanto è risultato inspiegabile il gesto simbolico di Sorical. L’altro punto, paradossale, è che in realtà il Comune non ha un contratto con la società per la fornitura dell’acqua, perché questa è subentrata in un secondo momento alla Regione. I cittadini in poche ore hanno costituito un comitato di protesta fino a quando non hanno ottenuto quanto sperato. Intanto la Procura della Repubblica di Palmi pare avere avviato le procedure necessarie ad accertare eventuali responsabilità della società e fare chiarezza su quanto accaduto. Fondamentale è stata la mediazione del prefetto di Reggio Calabria Luigi Varratta che ha tenuto un vertice ieri sera a cui ha partecipato il sindaco Marco Cascarano, i tecnici del Comune e i responsabili della società presieduta da Sergio Abramo. Rimane l’interrogativo di come una società che ha ancora la maggior parte di capitale pubblico sia riuscita a creare un disservizio del genere senza l’intervento dei politici regionali calabresi. Il sindaco della città ha dovuto chiudere per questioni igienico e sanitarie gli edifici pubblici e le scuole. Anche se la situazione è rientrata non è tutto normale. Dato che anche gli altri Comuni sono in debito con la società e fanno veramente molta fatica a pagare le somme che si sono moltiplicate nel corso degli anni. È veramente inverosimile che una sola comunità si sia sentita umiliata e abbia reagito anche se sotto l’indifferenza generale. Va detto pure che in paese era già stata avviata una battaglia contro la privatizzazione dell’acqua da parte di una associazione locale denominata “Rinascita”. Un problema che dunque è molto sentito ma che ha lasciato indifferente un governatore che probabilmente sta pensando in questo periodo a cose più importanti, soprattutto alla indagine sul “caso Fallara” che pare coinvolgerlo direttamente. Questo è dunque il nuovo modo di gestire il problema idrico calabrese con la regione si dimentica di essere l’azionista di maggioranza della società che chiude i rubinetti ai propri cittadini. Come dire, piove sempre sul bagnato anche se, questa volta, si è rimasti al secco.