L’onore del padre
(di Silvia Truzzi)
Questa storia di Ruby mette in imbarazzo tutti. Intendo noi italiani, compresi i nichilisti, i presunti uomini di mondo e quelli che ti domandano (me l’ha chiesto una persona che reputo intelligente) “Ma davvero ti interessa sapere se Berlusconi va a puttane?”. Non ci riguarda come il premier gestisce la sua alcova, anche se fa specie riascoltare su YouTube le parole con cui lui stesso ha illustrato il nuovo ddl sulla prostituzione, studiato per “punire anche i clienti”. Ci riguarda se vengono commessi reati, anche senza scomodare l’etica pubblica, categoria ormai completamente in disuso. Semplicemente in omaggio ad alcuni principi che reggono la democrazia, tipo che tutti sono uguali davanti alla legge.
Qualcuno è più interessato (e imbarazzato) di altri. Veronica Lario lo disse ai tempi di Noemi Letizia: non posso stare accanto a un uomo che si accompagna a minorenni. In molti hanno commentato: se l’è sposato lei. Obiezione che però non si può fare ai figli: notoriamente i genitori non si scelgono. Per questo l’inchiesta della Procura di Milano e i fatti in oggetto non hanno nulla di ridicolo, anche se il Bunga bunga è diventato un modo di dire e, forse, di indicare un paese da barzelletta, quale siamo indubbiamente diventati (in parte grazie a una crescente indifferenza verso tutto ciò che è “res publica”). È un bilanciamento difficile: c’è il diritto – dei cittadini – a essere informati; c’è il dovere – dei magistrati – di fare il proprio mestiere; c’è anche dolore per chi si trova, suo malgrado, accostato a questa storia. Un’umiliazione che deve essere, in queste ore, difficile da sopportare: non per Berlusconi, quanto per figli e i nipoti, celebrati da “Chi” di questa settimana con un’apologetica copertina. È l’aspetto secondario, laterale e privato di una vicenda pubblica, perché il protagonista non solo è personaggio pubblico, ma ha fatto del personalismo un manifesto politico e della sua persona un catalizzatore di attenzione continuo.
Un comandamento dice: “Onora il padre”, è immaginabile che sia complicato osservarlo. Si potrebbe capovolgerlo. “Onora i figli”, invece che esporli come un santino nell’assurda convinzione che questo porti qualche beneficio elettorale. Silvio Berlusconi ha spalle salde, oltre che un portafogli ben fornito. Non ha bisogno della sacra famiglia da esibire. È lui, tramite i suoi portavoce e legali, a dire che i tempi sono cambiati. Quando l’avvocato Ghedini s’inventa “l’utilizzatore finale” fa un’esplicita ammissione. Il presidente del Consiglio crede – e forse è tristemente vero – di essere invidiato da molti uomini per le sue avventure sessuali. Non ne fa mistero: al capo piacciono le donne, dopo una giornata di duro lavoro bisognerà pure divertirsi. Allora, se non altro, basta pose ipocrite e ritratti di una apparentemente happy family da telefilm americano. Quanto meno in omaggio a un principio che se è valido per gli animali, a maggior ragione dovrebbe esserlo per gli umani: proteggere i propri figli. O almeno provarci.
(pubblicato su Il Fatto Quotidiano, 16 gennaio 2011)