Giovani e Terrorismo

.Si è scritto di tutto. Titoli in prima pagina, corsivi, accuse, attacchi. E dopo pochi giorni è già scemata tutta l’attenzione mediatica. Interessa meno, adesso. Ora che la manifestazione trasversale c’è stata, la pratica è sistemata. Anche se di trasversale, la protesta di fronte all’ambasciata brasiliana a Roma per la non estradizione dell’ex terrorista Battisti, aveva ben poco. Come alle Poste, uno ad uno i partiti a presenziare. A chiedere giustizia. Non assieme, però. Meglio evitare brutti incontri. Separati a protestare, divisi. Ma con lo stesso intento, sebbene urlato a bassa voce e all’unisono. Mai con troppa convinzione: “Ridateci Battisti”. E l’Italia si meraviglia per la scelta del presidente del Brasile, Lula. Strabuzza gli occhi. È incredula.

Ma Cesare Battisti, prima di ringraziare la Francia e poi il Brasile, per il tempo trascorso fuori dalle patrie galere del Paese che lo ha condannato con sentenze definitive all’ergastolo, dovrebbe essere riconoscente nei confronti dell’intellighenzia nostrana. Di un mondo intellettuale ancorato ai luoghi comuni degli anni di piombo.
Come diversi quotidiani hanno fatto notare, prima della decisione di Lula, e prima ancora della strenua difesa che la Francia ha adottato a favore di Battisti, in Italia duemilacinquecento persone firmarono nel 2004 un appello che definiva l’arresto in Francia di Battisti “uno scandalo giuridico e umano”. La rivista on line Carmilla raccoglieva le firme di scrittori, come Vittorio Evangelisti, Massimo Carlotto, Laura Grimaldi, Tiziano Scarpa; di parlamentari dei Verdi e di Rifondazione Comunista, del vignettista Vauro, ed altri ancora, tra professori universitari e giornalisti. Tra questi un ancora sconosciuto Roberto Saviano, il quale oggi ammette che “la vicenda Battisti ha molte contraddizioni processuali e ambiguità. Va risolta attraverso il diritto”. Affermazione pilatesca, che si bacia bene con quella del vignettista Vauro, il quale citando involontariamente Scajola, afferma di non aver mai firmato quell’appello. “Fu un mio amico che appose la mia firma, convinto che avrei aderito. Ma questo non mi deresponsabilizza. Tanto più che poi non ritirai la firma, sempre per rispetto a quell’amico”. Una firma a sua insaputa; lasciata in quell’elenco per di più solo in onore dell’amicizia. Per null’altro? E sono altre le giustificazioni indecise e imbarazzate, oltre che imbarazzanti.

Poi dai uno sguardo in rete. Sui social network, su Facebook e leggi critiche, asprissime, nei confronti della scelta brasiliana. Continui a leggere e scorri i post. Fin quando ti imbatti in diverse lodi, in frasi ambigue, in testi di totale appoggio allo “scrittore” Battisti, al “rivoluzionario”. All’uomo coccolato dalla sinistra radical chic parigina. E cala lo sconforto.
Soprattutto perchè i più sono ragazzi che, come chi scrive, quegli anni terribili non li ha vissuti. Ne ha solo sentito parlare. Forse li ha studiati. Forse no.
C’è chi non appoggia, né stigmatizza il terrorismo di quegli anni. Quell’area grigia che con la sua falsa, e illogica, presunzione di essere super partes, non fa altro che legittimare quelle morti. Quelle bombe. O c’è chi senza cognizione di causa ama riportare le rivendicazioni di attentati, di morti ammazzati, ponendosi in tutto e per tutto dalla parte del terrorismo.
L’attrazione per il terrorismo rosso. O nero. C’è stata, in quegli anni. C’è tuttora.
Nei licei la Storia, quella con la S maiuscola, finisce nella maggior parte dei casi nel secondo dopoguerra. Poco tempo e programmi lunghi. Gli ultimi sessant’anni della nostra storia sono ignoti. Si conosce per sentito dire. O non si sa del tutto.
Mentre lo sguardo vispo e sveglio di un falso intellò attrae. Le Brigate Rosse, che di rosso avevano solo il sangue fatto sgorgare a fiumi, piacciono. Piacciono a giovani a cui nessuno ha spiegato quegli anni. Quei protagonisti. Quegli uomini e quelle donne, perchè tali erano e sono, che per un ideale hanno dato il peggio di loro stessi, dispensando solo morte.
Chi erano? Chi sono, oggi? Cosa volevano? Domande. Ma le risposte i giovani di oggi non sanno darsele. Comporterebbe troppa fatica cercare di capire, di studiare. Più semplice affidarsi agli slogan. Al sentito dire. All’indole ribelle che accompagna ciascun adolescente.
Che piaccia o no, questi ragazzi (noi) sanno poco di quegli anni. Quasi nulla. Si riprendono ciò che non sanno, ciò che non gli è stato insegnato, con le loro mani, con le loro teste. Sbagliando; senza alcuno che possa mostrare loro la realtà dei fatti.

E se un uomo, autore di quattro omicidi e con due ergastoli sulle spalle, riesce a sfuggire alla Giustizia del nostro Paese; se riesce a trovare aiuto, conforto e solidarietà in una parte dell’intellighenzia nostrana, nella Francia e nel Brasile, risulta tutto ancora più complicato ed inspiegabile.