Una centrale nel parco protetto


Il business delle biomasse. La commissione europea tira le orecchie all’Italia per una probabile violazione delle norme comunitarie in materia ambientale. Riflettori accesi sul rischio di riapertura della Centrale Enel nella Valle del Mercure, al confine fra la Calabria e la Basilicata. Nel bel mezzo del Parco Nazionale del Pollino. È proprio qui che l’Enel ha deciso di riaprire una centrale, che verrebbe riconvertita a biomasse, a dodici anni dalla chiusura dell’impianto. Siamo alle battute finali di una storia piuttosto lunga e ingarbugliata che oggi vede come attori principali la Regione Calabria (che da parte sua ha già concesso l’autorizzazione per la riapertura) e l’Ente Parco, che solo nell’estate del 2009 – a seguito di un parere (dal Parco stesso sollecitato) dell’Avvocatura di Stato di Potenza- ha dovuto rivedere alcune sue posizioni, annunciando recentemente ricorso al Tar contro l’autorizzazione concessa dalla Regione Calabria al progetto dell’Enel. Mentre la Regione confinante, la Basilicata, ha già deliberato all’unanimità a sfavore del programma dell’Enel.

Un progetto sicuramente ambizioso per l’operatore elettrico più importante d’Italia. Il quale ha calcolato il business che l’impianto potrebbe garantire, senza tuttavia, tenere conto che la centrale si trova in un territorio doppiamente vincolato da norme sia nazionali sia comunitarie, essendo la Valle del Mercure una Zona a Protezione Speciale, ove è possibile intervenire soltanto per “esigenze connesse alla salute dell’uomo e alla sicurezza pubblica”. Ai fini della valutazione di incidenza l’Enel, nel progetto preliminare, ha calcolato che sarebbero ben 112 (andata e ritorno) i camion al giorno che attraverserebbero il Parco giornalmente per trasportare cippato di legno e segatura, influendo quindi negativamente sia sull’ecosistema del Parco che su una rete viaria già precaria. Alla faccia dell’inquinamento ambientale…!!! Mentre il fabbisogno della Centrale per produrre 33 MW sarebbe di circa 500 tonnellate l’anno di biomasse.

Tanti soldi che, però, non creerebbero vantaggi in una regione in ginocchio per la crisi. Quale indotto? L’energia non sarebbe utilizzata in Calabria che già ha un surplus dell’80 per cento. L’occupazione non ne gioverebbe in quanto le maestranze necessarie al funzionamento della centrale sarebbero trasferite da altre centrali Enel, mentre le biomasse proverrebbero dall’estero, dal territorio dell’Unione europea. Viceversa, con la centrale che così potrebbe essere una delle più grandi in Europa del genere, le attività di natura turistica in corso nell’area e l’ agroalimentare avrebbero un grave danno, economico e occupazionale. Solo pochi giorni addietro, in seguito alle accese proteste e manifestazioni che sono andate avanti per mesi da parte dei Comitati ambientalisti, dell’associazione Medici per l’Ambiente, del forum “Stefano Gioia”, di numerosi sindaci, il progetto è stato portato all’attenzione del Consiglio regionale calabrese e quindi del governatore Giuseppe Scopelliti, grazie ad una mozione presentata dal consigliere Idv Mimmo Talarico. Mozione che doveva essere valutata dal Consiglio lo scorso 13 dicembre e la cui discussione, invece, è stata rinviata a dopo l’annunciato esame da parte della Commissione regionale ambiente. Ancor prima il commissario europeo Janez Potočnik ha interrogato l’Italia sulla Centrale Enel nella Valle del Mercure.

Mentre lo scorso agosto il referente per la Calabria dell’Isde-Italia Medici per l’ambiente, Ferdinando Laghi, ha stimato i danni in termini di rischi alla salute soprattutto per gli abitanti di Viggianello e Rotonda, evidenziando – in una relazione che ha fatto pervenire agli uffici della Regione Calabria – la pericolosità del particolato fine e ultrafine, prodotto in grande quantità da centrali del genere. Pare infatti che le “nanoparticelle” non vengano mitigate dai sistemi di filtraggio dei fiumi, in quanto attualmente non sarebbero disponibili filtri industriali che riascano a intercettare particolato di infinitesime dimensioni. E come questa situazione sfugge ai sistemi di filtraggio, con uguale facilità, una volta inalato, attraverserebbe la barriera alveolo-capillare arrivando con il flusso sanguigno in ogni organo e apparato, causando danni gravi sia a quello cardio-vascolare che a quello respiratorio. La riapertura della Centrale è stata bloccata in questi anni proprio dalle obizioni d’ordine legale e ambientale che vengono poste all’Enel dal 2000.

È tempo dunque che si prenda una posizione netta e definitiva su un progetto che pare non rispettare le norme comunitarie. L’utilizzo delle biomasse, trattandosi di fonte energetica e rinnovabile, permette di accedere a incentivazioni economiche che rendono l’energia prodotta molto più redditizia di quella generata da combustibili fossili. Il problema è sempre lo stesso purtroppo: le fonti rinnovabili (compreso l’eolico e il solare, oltre alle biomasse), possono diventare facilmente fonte di speculazione economica, sempre a danno di diritti e interessi dei cittadini. Inoltre le tipologie di centrali a biomasse “rispettose” dell’ambiente sono in genere di piccole dimensioni, servono ai comuni che così diventano autosufficienti senza lucrare, differentemente dalla centrale del Mercure a Laino Borgo, che è stata costruita negli anni ’60, e che ora potrebbe addirittura diventare una delle più grandi centrali d’Europa di questo tipo. A favore della Centrale una delegazione che in diverse occasioni pubbliche ha parlato di garanzie per l’occupazione e nuovi posti di lavoro in Calabria.

Lo stesso gruppo, però, si è reso protagonista di una aggressione – così come riportato dalla stampa e denunciato dal Comitato “Stefano Gioia” – a Ulderico Pesce, attore e autore lucano che da tempo ha preso posizioni contro la riapertura della Centrale dell’Enel. L’attore era impegnato in una diretta televisiva di Rai3 Calabria in cui si parlava della Centrale. All’indomani dall’episodio il forum Stefano Gioia si è mostrato preoccupato per le affermazioni venute fuori durante l’animata protesta da parte del Comitato del “sì”, i cui aderenti avrebbero urlato “la mafia è con noi”.

La fase finale di una vicenda molto complessa dunque. Un braccio di ferro prima tra la Regione Calabria e la Basilicata, poi fra i due Comitati ed ora fra la l’Italia e il resto dell’Europa. Il caso ha assunto proporzioni gigantesche, soprattutto dopo che l’avvocatura di Stato ha condannato la mancanza di una seria pianificazione per l’approvvigionamento delle biomasse e il Tar e il Consiglio di Stato hanno confermato l’incompetenza della Provincia di Cosenza che prima aveva in pugno la situazione, facendo così rimanere sullo schiacchiere soltanto l’Ente parco e, soprattutto, la Regione Calabria. Dopo l’ok al progetto da parte del dipartimento regionale alle Attività produttive, che comunque autorizza l’Enel ad andare avanti – al di là di ogni dialogo politico – dal fronte legale, WWF, Regione Basilicata, i sindaci contrari all’impianto, e i Comitati del “no” andranno avanti per fare luce su una vicenda che non può concludersi senza che qualcuno si assuma le sue responsabilità su un progetto che è considerato di grave impatto ambientale e non utile alla Regione.