Il fantasma della guerra civile
(di Alessio Quinto Bernardi)
Sono mesi che si susseguono continuatamente scontri, manifestazioni e proteste in tutta la Penisola: il Paese è stanco, allo stremo. Metalmeccanici, studenti, ma anche forze dell’ordine: protestano tutti! La protesta, il dissenso e lo scontro lambiscono tutte le appendici della società e della Nazione. E’ rissa in Parlamento, per strada a Roma e a Milano infuria la guerriglia: esplosioni vicino al Senato e blitz alla borsa di Milano e sua momentanea occupazione. Ed altre violente contestazioni si registrano in altre trenta città italiane, tra cui Torino, Genova, Bari, Palermo, Bologna, Parma, Napoli, Firenze e Venezia.
Allorquando si dovrebbero prendere scelte coraggiose per rimettere in moto l’economia e risollevare il Belpaese, l’unico problema che ha ossessionato il governo (ed ancor più il suo Capo) è stato quello di incassare la fiducia per sè e non certo di proporre un nuovo programma o una nuova idea dell’Italia come presupposto per il nuovo mandato. Semplicemente ha chiesto ed ottenuto un nuovo scudo politico. Egli pensa a vincere e salvare la pelle, non a governare. La questione non è Berlusconi sì o Berlusconi no, ma quale futuro per gli italiani? Il premier, nel segno del dualismo amore e odio, è riuscito a renderla nuovamente in questi termini ed a banalizzare il tutto, mettendo dietro al suo volto un’infinità di insuccessi governativi ed il disagio sociale conseguente. Un governo debole graziato da un’immorale compravendita parlamentare è il presente. La fiducia del Parlamento non è la quella dell’Italia, che, per quanto ricchi e potenti, non si può comprare. E non vale nemmeno come un’indulgenza plenaria. I problemi sostanziali restano, anzi, vengono amplificati.
Chi vi scrive, lungi dall’inneggiare allo scontro e alla violenza sociale, crede piuttosto che se si facesse oggi un’istantanea del Paese, avremmo l’immagine di un qualcosa che assomiglia ad una guerra civile. Per quanto spiacevole, siamo vicini al baratro. Parlare riduttivamente di Black bloc ed esaltati che fanno la guerriglia è solo un artificio mediatico per far convincerci che tutto va bene e che ci sono i soliti violenti che appena hanno la possibilità distruggono tutto ciò che gli si para dinnanzi. La situazione socio-politica è border-line a causa di un cieco e dissennato egoismo politico, alimentato dal più totale disinteresse verso le sorti del Paese e dal più laido interesse verso i proprio affari. Uno Stato, in queste condizioni di precarietà sociale, avrebbe bisogno di concrete soluzioni politiche e di un governo forte, non di un voto di fiducia per sè. Mi auguro che i decisori della cosa pubblica recepiscano la richiesta sociale esasperata e disperata di una profonda ristrutturazione economica, culturale ed istituzionale del Paese reale. Non è una partita di calcio, ma è il nostro destino e, in senso più ampio, quello dell’Italia intera, ad essere minacciato. La scollatura tra politica e società diviene sempre più netta ed ampia. La piazza in una democrazia matura non dovrebbe essere nemica della politica.