Giovani
(di Mariano Sabatini)
Ai giovani che protestano nelle strade, la tv contrappone quelli, fuori del tempo, nella casa del Grande Fratello
Nel giorno in cui studenti liceali e universitari tornano nelle strade e piazze di tutta Italia, per protestare – ed è sacrosanto – contro la riforma Gelmini che non piace loro, la notizia delle notizie per quelli della televisione è la bestemmia pronunciata da un babbuino nella gabbia del Grande Fratello su Canale 5. O meglio, la novità sarebbe il perdono, la non defenestrazione, la mancata esclusione dalla “casa”. E da qui, come vedremo, nasce la polemica. Polemicuccia, va’…
Prima ancora di questo provvedimento di clemenza epocale, ben prima che un pretino si pronunciasse in merito ad un’altra bestemmia griffata, mi riferisco a quella del premier Silvio Berlusconi proferita a mezza bocca, ho sempre considerato fuori misura l’espulsione dai reality show di quelli (ricordo anche il televenditore Roberto Da Crema) che si macchiavano di tale nefandezza.
Gli autori caricano, insufflano, istigano, e poi ipocritamente fingono di indignarsi, castigano. Il pretino di cui, con surplus di facezia, facevo menzione è, niente meno, Rino Fisichella, neo presidente del Pontificio consiglio per la rievangelizzazione dell’Occidente, che ha esortato alla cautela: “Bisogna sempre in questi momenti saper contestualizzare le cose, essere capaci di non creare delle burrasche ogni giorno per strumentalizzare situazioni politiche che hanno già un loro valore piuttosto delicato”.Allora contestualizziamo, non strumentalizziamo. Devono aver preso alla lettera le parola del monsignore, i responsabili del Grande Fratello, alla perenne ricerca di “trovate”. Senza fare i conti con il pitbull, Massimo Scattarella, allontanato invece nella passata edizione per il medesimo peccato, che poi – come abbiamo appreso dal prelato – è un peccato relativo, da ridimensionare. Ovvero, se il premier bestemmia e offende al contempo anche la comunità ebraica se la cava con un alzata di spalle, se lo fa un povero ragazzotto del Gieffe lo cacciamo dalla tv. Ma non sempre.
Benvenuti nell’era del moralismo ad intermittenza, come le lucine degli alberi di Natale che brillano in questi giorni! Rifuggiamo le polemiche religiose di questo paese medievale che, tanto per dire, si turberebbe per una bestemmia e intanto impone il certificato medico ai bimbi musulmani che non mangiano la carne di maiale. Il discorso ricorrente attorno all’attitudine blasfemica induce, tuttavia, a una semplice riflessione: il Grande fratello, con la conduttrice gnocca (è la Marcuzzi, potrebbe essere chiunque altra) e il salottino di nonna Speranza in cui siede Alfonso Signorini con tanto di ventaglio (ed è lui il più dirompente e vero, lì dentro), appare d’un colpo vecchia tv.
Il format ha dieci anni ed è come se ne avesse trenta. Per un programma che ha la presunzione di riprodurre la realtà non è cosa da poco. Fuori dalla casa finta, allestita nel regno del verosimile a Cinecittà, gli studenti – coetanei o giù di lì dei gieffini – si battono per i loro diritti di cittadini.
La dentro si gioca alla vita, fuori si tirano i caschi in piena faccia. Nella “casa” hanno il problema della spesa dovendosi far bastare le sovvenzioni stabilite dalla produzione, nelle città e nei paesini italiani i giovani meditano di emigrare perché non intravedono futuro. Quelli del Gf infarciscono i loro discorsi di vuoto e cercano la scorciatoia televisiva, mentre nella vita vera i ragazzi lottano per tenere fede alla scelta di cultura e distinzione contro istituzioni che si tengono a debita distanza. Nella torre d’avorio. A ben vedere, c’è pochissima differenza tra il mondo politico del tutto scollato dal paese reale e questa offerta televisiva, la cui natura fantasiosa viene superata dalla storia. (pubblicato su tiscali.it il 22 dicembre 2010)