Cancimino si, Ciancimino no

Le ultime dichiarazioni di Massimo Ciancimino hanno creato una spaccatura fra la Procura di Caltanissetta e quella di Palermo. La prima infatti avrebbe dichiarato di non voler più sentire il figlio di Don Vito. “Lo sentiremo ancora e le sue dichiarazioni vanno valutate caso per caso”, dicono invece da Palermo.
Tutti questi valzer di foto, identificazioni, nomi gettati in pasto all’opinione pubblica, rischiano di incrinare la credibilità di Ciancimino, e soprattutto le indagini sulla trattativa fra Cosa Nostra e lo Stato.
Il tutto ruota intorno ad un uomo, descritto così dallo stesso Ciancimino: “Brizzolato, con occhiali, alto circa 1,75 – 1,80, sempre ben vestito, si permetteva di arrivare senza appuntamento e veniva a trovare mio padre anche mentre questi si trovava agli arresti domiciliari”. È l’identikit del misterioso signor Franco. Lo 007 che avrebbe seguito le fasi della trattativa aperta tra Cosa Nostra e lo Stato. Dichiarazioni che vengono fatte circa un anno fa davanti ai magistrati. Da allora il signor Franco ha assunto un’aria sempre più misteriosa.

Una serie di nomi, fotografie, riscontri e riconoscimenti che non hanno fatto chiarezza sulla figura di questo personaggio. Fino ad arrivare all’ultima dichiarazione, in ordine di tempo, che vede coinvolto Gianni De Gennaro, oggi direttore del Dis, l’organismo di raccordo dei servizi segreti, il quale secondo Massimo Ciancimino era nell’entourage del signor Franco. “Non mi lascio intimidire” afferma De Gennaro. Ma davanti ai pm, in un secondo momento, Ciancimino avrebbe fatto retromarcia, attribuendo questa indicazione al padre Don Vito. Una dichiarazione, dunque, de relato, che indica il già collaboratore di Giovanni Falcone nel ’92 -’93, e direttore della direzione investigativa antimafia, vicino a questa figura oscura introdotta in questa storia di stragi e morti proprio da Ciancimino. Parole che hanno, inoltre, creato una rottura fra le Procure di Palermo e Caltanissetta, in un momento per altro delicato per il figlio dell’ex sindaco di Palermo, a causa di alcune intercettazioni fra quest’ultimo e un uomo legato ad una cosca di ‘ndrangheta.

Ma andiamo con ordine.
Nel mese di marzo, nel corso del contro esame della difesa del Generale Mario Mori, ex comandante del Ros dei Carabinieri accusato di aver coperto la latitanza del boss Bernardo Provenzano, Ciancimino afferma che “a tutt’oggi non l’ho ancora identificato, ma ho riconosciuto altri soggetti legati a lui”. Sta parlando del Signor Franco, o Carlo, l’uomo che faceva da collegamento tra Don Vito Ciancimino, ex sindaco mafioso di Palermo, morto nel novembre del 2002, le istituzioni e capi mafia come lo stesso Provenzano. Le indagini continuano e i pm sequestrano un apparecchio portatile di Ciancimino jr nel quale era stata copiata la rubrica. Compaiono un numero di cellulare sotto la dicitura: Franco Papà, ora disattivato e due utenze fisse, per contattare la stessa persona. Uno non è più attivo, l’altro fa capo a una sede dell’ambasciata degli Stati Uniti.

A maggio Ciancimino dichiara di avere una foto del Signor Franco, stampata su un rotocalco, nel quale viene ritratto in una pubblica manifestazione. Con lui compaiono anche altre persone, tra cui un noto esponente politico. Dopo pochi giorni verrà pubblicata una foto sul sito de La Repubblica, che titola: “Ecco la foto del signor Franco”. Sarebbe lui il misterioso funzionario dei servizi segreti. Ma c’è un errore. La foto, estratta dal giornale romano di quartiere Parioli Pocket, ritrae un uomo in secondo piano – mentre in primo piano ci sono Bruno Vespa e Gianni Letta – che non ha nulla a che fare con il Signor Franco. Si tratta, infatti, di un dirigente della Bmw Italia, ritratto in occasione di un evento ufficiale. L’uomo si era dichiarato esasperato e indignato, non si aspettava di certo di finire sui giornali per simili motivi. “Le immagini in questione furono scattate – si afferma in un comunicato – in occasione di un evento ufficiale organizzato da Bmw Italia spa nel 2003, presso villa Almone, residenza dell’ambasciatore della Repubblica Federale di Germania a Roma”. Un grave scambio di persona.

Ma sbuca un altro nome: Gross. In un verbale di fine giugno, infatti, davanti al procuratore aggiunto di Palermo Ingroia e ai pm Di Matteo e Guido, sembra che Ciancimino abbia rotto gli argini della paura, confessando indizi molto importanti per arrivare ad identificare il misterioso 007.
Il suo nome compare in una lista di dodici nomi, politici e investigatori, contenuti in una lettera che Ciancimino sostiene sia stata scritta e spedita dal padre a se stesso nei primi anni Novanta. Tra questi quello dell’ex questore Arnaldo La Barbera, del funzionario del Sisde Bruno Contrada, del funzionario dell’Aisi Narracci e uno israeliano: Gross. Accanto a questo una freccia che indica il nome di De Gennaro, già numero uno della Polizia e capo del Dis.

E la caccia della Procura continua. Vengono disposti accertamenti al Ministero degli Interni, dove avrebbe lavorato per anni Moshe Gross, ebreo di origine rumeno, vissuto a Milano per venti anni commerciando diamanti con la moglie. Oggi ha 84 anni e vive nella capitale israeliana. Ma non c’è ancora alcuna certezza sulla figura del signor Franco.

Intanto le indagini sui tre numeri di telefono inciampano in un dettaglio di non poco conto: il cellulare, già sequestrato dai carabinieri in una precedente indagine per riciclaggio, non avrebbe restituito i tre numeri, che non compaiono nella dettagliata relazione redatta dai carabinieri al termine dell’analisi del telefono. Quando sono stati annotati nella memoria? È il tema su cui si stanno avviando accertamenti informatici.
Affianco al Signor Franco e al suo collaboratore, chiamato “il capitano”, ci sarebbe anche il nome di Lorenzo Narracci. Lo 007 del servizio segreto civile che i pm di Caltanissetta hanno messo sotto accusa per concorso in strage dopo le dichiarazioni di Spatuzza. Ciancimino dice di averlo visto con il misterioso agente dei servizi segreti. E poi c’è “il capitano”, l’agente dell’Aisi, Rosario Piraino, indagato per violenza privata con l’aggravante di aver favorito Cosa Nostra. Ciancimino dice di aver avuto una sua visita nel 2005, quando era ai domiciliari. “Non è il caso che tu prenda argomento di carabinieri o di rapporti con Berlusconi” gli disse. E sarebbe tornato nel 2009, nella casa di Bologna, per altre minacce. Ma Piraino respinge ogni accusa.

Da ultimo Gianni De Gennaro, il quale indicato da Ciancimino come uomo dell’entourage del signor Franco, secondo le parole del padre Vito, annuncia querela.
Un turbinio di nomi, dunque, che ruotano intorno alla figura del signor Franco, o Carlo. Un mistero che sembra di giorno in giorno doversi infittire.È notizia di ieri, poi, riportata dal Corriere della Sera e e da La Stampa, un’intercettazione fra Girolamo Strangi e lo stesso Ciancimino. Strangi sarebbe il commercialista che, secondo la Dda reggiana, seguì gli affari a Verona e Milano della famiglia di ‘ndrangheta dei Piromalli, della Piana di Gioia Tauro. Indagini che potrebbero mettere a rischio la già precaria credibilità di Ciancimino.
Questi, infatti, avrebbe chiesto di cambiare 100 mila euro in contanti in 70 mila euro in assegno. I due avrebbero poi parlato di un giro di fatturazioni e di un viaggio in Francia dove Massimo si sarebbe recato per recuperare il denaro. Secondo la Procura di Reggio Calabria probabilmente si tratta di riciclaggio. Intanto Ciancimino si difende affermando di non conoscere il legame del commercialista con la mafia. Sarà compito della magistratura fare chiarezza anche su questa storia.