La responsabilità del Nord nella crescita della mafia
(di Enzo Ciconte)
La “Padania” non esiste, è un’invenzione di Umberto Bossi. Una splendida invenzione, bisogna ammetterlo, che ha via via ammaliato sempre più persone:dapprima quelle provenienti dai ceti popolari e poi, man mano, che la Lega si affermava e diventava più forte, quelle espresse dalle classi dirigenti, fino a trasformare il movimento politico di Bossi nel partito dominante del Nord, o di gran parte di esso.
Mafia e incanto hanno portato la Lega al successo e sono il risultato d’un originale impasto di politica e della sua declinazione territoriale. Il tutto è abilmente camuffato da una forte componente immaginifica colorita da un linguaggio esplicitamente rude, il “celodurismo”, o da gesti come il recente dito medio alzato. Essa è servita a costruire miti e identità partendo dal nulla, investendo riti, personaggi, tradizioni.
Gli ingredienti del successo sono tanti. Occupano un posto di rilievo lo spadone di Alberto di Giussano, il sole delle Alpi, il rito dell’ampolla in cui sono custodite le acque del “dio Po” raccolte ala sorgente del fiume che la Lega ha preso a suo simbolo, e versate nelle “sacre” acque della laguna di Venezia.
A questo si aggiunga il raduno annuale sul “sacro2 prato di Pontida popolato da camice verdi, da crociati e guerrieri in fogge medievali con minacciose balestre e con copricapo in cima ai quali ci sono corna robuste e ben visibili, a sprezzo non del ridicolo ma della virilità di chi le indossa.
La “Padania” non esiste ma la ‘ndrangheta si; e non è un’invenzione. E’ presente non solo nella Calabria delle affascinanti montagne dell’Aspromonte reggino o nella piana di Gioia Tauro, o nella Locride, nel Vibonese e nel Cosentino o nel Crotonese, ma anche al nord, nel cuore pulsante e produttivo della “Padania”.
La presenza ‘ndranghetista è diventata più forte e più robusta proprio negli ultimi quindici anni.Anche chi in buona fede era convinto che da quelle parti la mafia non ci fosse ha dovuto ricredersi, se non altro a partire dai primi anni novanta del secolo scorso, quando i magistrati milanesi cominciarono a scompaginare le ‘ndrine insediate a Milano e in diversi territori della Lombardia.
I “padani” hanno aiutato i mafiosi.
Un formidabile strumento di diffusione delle mafie al Nord fu l’affermarsi della posizione riassunta efficacemente nel motto latino pecunia non olet.Secondo questa concezione non ha importanza da dove arrivi il denaro; l’importante è che arrivi, e magari in grande quantità. Né ha importanza chi ne sia il detentore e come lo abbia acquisito.
Questa idea è circolata ampiamente e lungamente, e continua ancora ad avere grande credito; essa ha avuto effetti deleteri perché nessuno ha evitato che fiumi di denaro di provenienza illecita, criminale o mafiosa s’inserissero nei canali finanziari ufficiali confondendosi con il denaro pulito, faticosamente e onestamente guadagnato.
Diversi settori economici e finanziari dell’economia lombarda che hanno costituito l’ossatura della borghesia economica meneghina hanno probabilmente sottovalutato il problema non hanno ritenuto di dover intervenire efficacemente per contrastare questo andazzo.
Altri settori di questa borghesia, invece, hanno utilizzato quella posizione per fare affari e intrecciare rapporti con i detentori dei capitali illecitamente guadagnati.
(tratto da ‘Ndrangheta Padana di Enzo Ciconte – Ed. Rubbettino)