Abituato ad alzarmi con i vestiti impregnati ‘ndrangheta

(di Ferdinando Piccolo)

Collaboro con il Quotidiano della Calabria, corrispondente di San Luca e dintorni. La voglia di dire no alla ‘ndrangheta ha smarrito la strada, al bivio tra San Luca e Bovalino. Ormai siamo troppo abituati ad alzarci con la puzza di sangue e coricarci con i vestiti impregnati di ‘ndrangheta. Una bella storia da raccontare. Per un giornalista. Un giovane corrispondente che, quando può, dà una mano al padre barbiere a Bovalino. E quella bella storia la racconto sul Quotidiano, il 4 settembre, due giorni dopo il retorico via vai di politici al santuario della “madonna della ‘ndrangheta”.

Riti, usi, costumi, tradizione, Osso e Mastrosso. Accade così, che in un sabato di settembre, proprio sotto la vetrina del negozio di papà, trovo una busta, cinque pallottole e un messaggio di morte: “La ‘ndrangheta non scherza, continua così e sei un morto che cammina”. In quei giorni, il 4 settembre, avevo scritto di una strada che collega Polsi a San Luca. Una strada da sistemare da almeno venti anni. Scrivo di un appalto di 12 milioni di euro vinto nel ‘96 da una ditta di Crotone che era poi andata in fallimento e del subappalto concesso a un’altra ditta di San Luca il cui proprietario aveva dichiarato di non aver mai ricevuto denaro. Una strada. Quella che da San Luca conduce al santuario di Polsi. La fatiscenza di quella strada, e l’appalto per sistemarla. Soldi che scompaiono nel nulla. Nulla ne sa il proprietario della ditta di San Luca, un Nirta incensurato. Nulla si sa di quella crotonese, nel frattempo fallita.

(pubblicato su Il Fatto Quotidiano il 21 ottobre 2010)