A Rosarno: un voto in odor di mafia?

(di Angela Corica)
Nel periodo in cui vanno di moda gli elenchi è opportuno tenere gli occhi aperti a quello dei nomi dei candidati nelle liste per le Comunali di Rosarno. Nella città a tutti nota per gli scontri che hanno coinvolto i migranti lo scorso gennaio si vota domenica e lunedì, dopo 24 mesi di guida dei commissari a seguito dello scioglimento del Consiglio comunale guidato dal sindaco Carlo Martelli per infiltrazione mafiosa. Almeno 13 i nomi degni di nota. Tre gli schieramenti, guidati da altrettanti indipendenti. Quello dell’avvocato Giacomo Saccomanno (con quattro liste civiche di orientamento centrodestra); quello di Elisabetta Tripodi (con altre quattro liste, fra cui quella della Pd e della sinistra che si riconosce nell’ex sindaco antimafia Giuseppe Lavorato); e quello di Raimondo Paparatti che presenta una sola lista del Pdl.

Nel pieno di una campagna elettorale quantomai sofferta nel regno delle cosche Bellocco e Pesce (quest’ultima decapitata nell’ultima operazione All Inside 2 di qualche giorno addietro), i temi della campagna elettorale sono piuttosto deboli. «La mafia, si è capito ormai, non è un problema solo del Sud» si sente ripetere dai microfoni dei comizi. «Le cosche operano tanto da noi quanto in Lombardia». E così per i candidati bisognerebbe pensare al rilancio della cultura, delle tradizioni e della storia della città Medmea, oltre che all’agricoltura. Punto di forza, questa, dell’economia cittadina, nonostante negli anni siano emersi casi e casi di sfruttamento degli extracomunitari, sottopagati e costretti a vivere in condizioni disumane, sfociati poi nella rivolta dei migranti lo scorso inverno. «Dobbiamo essere orgogliosi di dire che siamo rosarnesi» aggiungono i candidati. Fra gli altri problemi di vitale importanza, la viabilità e le buche nelle strade… «Colpa delle precedenti gestioni del Comune negli ultimi 10 anni». Insomma per chi ha scelto la candidatura le elezioni tanto a Rosarno quanto in qualsiasi altro comune sono la stessa cosa. A tal punto che sbirciando fra le liste, compaiono i nomi di persone che provengono da una esperienza amministrativa discutibile, quella dell’ex sindaco Martelli, e del consiglio sciolto in cui ex assessori e consiglieri risultano avere o precedenti penali o essere vicini alle cosche. Si potrebbe dire che l’elenco di nomi poco “puri” che compaiono ricorda forse troppo l’esperienza passata. I rapporti di parentela o di amicizia con gli ambienti malavitosi ci sono e sono evidenti. Così come esistono candidati che provengono dal precedente consiglio sciolto per mafia.

E laddove il coinvolgimento era troppo palese si sono candidati amici, parenti, figlie o mogli degli ex “politici”. Il quadro è allarmante e anche se i partiti (non è invece arrivato il divieto del governo attento al fenomeno mafioso in questo senso) hanno scelto di fare “liste pulite” intendendo con ciò l’esclusione di candidati che siano stati condannati, non si può negare che questa pulizia sia solo parziale. A sinistra non ci sono particolari problemi. Nelle liste della Tripodi, addirittura, ci sono persone che fanno parte dell’Osservatorio per i migranti e diversi esponenti dell’Arci. Con la Tripodi anche parte dell’Udc che ha formato la lista “Il centro per Rosarno”. I finiani, invece, nonostante abbiano da poco aperto una sezione cittadina di Fli, hanno scelto di non appoggiare nessuno schieramento. Nella lista del Pdl troviamo Agostino Barone (consigliere di maggioranza nel consesso sciolto). Di lui, si legge nella relazione che è alla base dello scioglimento di due anni fa, si conoscono le frequentazioni con Antonino Cacciola, segnalato all’autorità giudiziaria per associazione per delinquere e truffa per il conseguimento di erogazioni pubbliche e truffa ai danni dell’Inps. Nella stessa lista anche Federica Ventre, figlia di Mimmo Ventre, assessore nel Consiglio sciolto per mafia. Mimmo Ventre, annotano i carabinieri nel documento inedito, ha precedenti per truffa a danno alla Comunità europea ed è stato condannato nel 1987, pena sospesa, a 100 mila lire di multa per emissione di assegni a vuoto. Quel consiglio comunale della prima di tre giunte Martelli – nate da rimpasti, dimissioni e rotazioni fra gli assessori – contava della presenza, fra gli altri, di Francesco Rao, nipote del consigliere provinciale Gaetano Rao che, a sua volta – emerge nella relazione firmata dall’allora prefetto Francesco Musolino – è nipote acquisito del defunto boss Giuseppe Pesce.

I Rao, avendo scelto di evitare i sospetti e le polemiche, hanno candidato Antonella Cordì, che è cognata di Francesco. Lo schieramento di Saccomanno è, sotto ogni punto di vista, il più variegato. A partire dal farmacista Aldo Borgese, consuocero del boss latitante Marcello Pesce, uno dei capi indiscussi della cosca. Un legame particolare dato che Borgese figura anche come presidente dall’associazione cittadina Antiracket, uno dei tanti gruppi calabresi che esistono solo sulla carta. Sempre nella lista “Patto di solidarietà per Rosarno”, è schierato Girolamo Falleti, 19enne figlio di Cecè Falleti, che era candidato con Noi Sud alle Regionali del 2010 ed ha avuto una condanna per truffa. I sostenitori di Saccomanno credono fortemente nel ruolo della donna nel tessuto politico e sociale. Tanto da pensare ad una lista fatta di sole quote rosa. In testa Rosanna Careri, moglie di Mimmo Garruzzo, anche lui assessore nella giunta Martelli. Garruzzo, risulta dalla relazione che portò allo scioglimento, è stato più volte sorpreso in compagnia di Giuseppe Bellocco, esponente di spicco dell’omonima cosca oltre che in compagnia di Antonio Francesco Rao, tratto in arresto nel febbraio dell’’89 nell’ambito di una operazione che ha coinvolto altre 43 persone nella Piana di Gioia Tauro, ritenute responsabili del reato di associazione di tipo mafioso. Nella terza lista di Saccomanno “Nuovi orizzonti” troviamo Salvatore Barbieri (già assessore con delega al bilancio nella giunta Martelli) e Antonino Rao ex vicesindaco nel Consiglio sciolto. Rao, già consigliere provinciale Udc e primo cittadino rosarnese, ha precedenti per associazione mafiosa, associazione per delinquere, falsi in genere e violazioni nel settore inquinamento delle acque. E’ stato condannato a otto mesi di reclusione, pena sospesa, per i reati di abuso d’ufficio, falsità materiale in atti pubblici in concorso. Sempre in questa terza lista Tiberio Sorrenti, ex consigliere di Forza Italia finito in carcere nel 2007 per una inchiesta su una truffa ai danni dell’UE nel settore dell’agrumicoltura, insieme ad altre 44 persone in una operazione dei carabinieri e della guardia di finanza. Il cerchio si chiude con la lista “Indipendenti azzurri”.

Qui troviamo Antonio Domenico Barbalace (consigliere di maggioranza con Martelli). Nel curriculum di Barbalace un pregiudizio di polizia per omessa custodia di armi. Lo stesso è stato controllato a bordo di una autovettura in compagnia di Michele Bellocco. Nell’ultima lista anche Rosario Malvaso, consigliere di minoranza del consiglio sciolto per mafia. Malvaso nel 1964 è stato deferito, in stato di irreperibilità, dai carabinieri di Rosarno per tentato omicidio, è stato deferito poi in stato di libertà dai carabinieri di Gioia Tauro per associazione a delinquere di tipo mafioso e, in seguito, anche per violazione delle norme in materia ambientale. Questo il quadro generale di una città pronta al voto. In cui si cerca di coinvolgere sempre più parte della cosiddetta società civile, lasciando da parte i temi della politica in senso stretto. Ma in un centro che, senza ombra di dubbio, soffre della presenza massiccia della criminalità organizzata, per dire che nelle liste ci sono delle persone che oltre a fare parte della società civile, hanno avuto qualche problema con la giustizia o hanno legami di parentela con pregiudicati, bisogna aspettare un nuovo scioglimento? Fatto sta che mentre è stata approvata, proprio nei giorni scorsi, la legge Lazzati per stroncare l’infiltrazione dei clan nella politica, gli escamotage per mascherare l’inquinamento del voto si trovano. Eccome. E quello di Rosarno, in questo senso, sembra essere un esempio lampante. Per il governo, parallelamente, è tempo di bilanci oltre che di soddisfazione per le notevoli operazioni di polizia, soprattutto contro la ‘ndrangheta. Governo che si fregia di avere rafforzato le misure antimafia per limitare condizionamenti all’interno delle pubbliche amministrazioni. Sarebbe forse il caso di prevenire?