Il caso Belpietro è la punta dell’Iceberg

Maurizio Belpietro(di Luca Rinaldi)

Cari lettori, che leggiate Libero, Il Giornale, Il Fatto Quotidiano, La Repubblica, Il Corriere della Sera, Il Sole 24 Ore, o guardiate il tg1, tg2, tg3, studio aperto etc… ha effettivamente poca importanza. Insomma, c’è stato un presunto attentato al direttore di Libero Maurizio Belpietro. Se sarà stato attentato o meno e di quale stampo lo definiranno le indagini. Purtroppo, come spesso, anzi, ormai sempre, capita si vuole ricondurre il tutto al clima d’odio, ai gruppi di presunti brigatisti su Facebook, agli avversari di giornale e all’odio politico. Bene, questi scritti mi sembrano, e badate bene, parlo a titolo personale, di un’ipocrisia totale e totalizzante per i lettori dei giornali.

Pare che le pistole e le intimidazioni si siano rivoltate contro i giornalisti per la prima volta dagli anni di piombo. Spiace (e qui il dispiacere è tanto) informare i lettori che così non è. Il caso Belpietro, se vogliamo rimanere nell’ambito delle intimidazioni, senza cercare di ricostruire le dinamiche attentatorie e trovarne le incongruenze, è la punta dell’iceberg. La punta di un iceberg sotterraneo di cui la maggioranza degli italiani sa poco e niente e alcuni stessi giornalisti sanno ma non scrivono per antipatia, per distanza politica, perchè non conviene al proprio editore. Addirittura si arriva a fare la conta di coloro che sono sotto scorta e ci si sbaglia, perchè purtroppo Maurizio Belpietro, Vittorio Feltri ed Emilio Fede non sono gli unici ad avere una scorta.

La punta di quell’iceberg fatto di quattrocento giornalisti che subiscono minacce e intimidazioni per la sola pretesa di poter svolgere il proprio lavoro: spesso chi fa informazione è ritenuto una minaccia. Proprio per questo occorre voltare l’attenzione non al presunto “clima di odio”, ma a quanti giornalisti quotidianamente non possono svolgere la propria professione in sicurezza per soddisfare prima di tutto il diritto dei cittadini ad essere informati.

Non sono sicuramente i Belpietro, i direttoroni o gli editorialisti dalla penna pungente però che spaventano maggiormente la criminalità e gli autori delle minacce, ma spesso sono cronisti di provincia o giornalisti lontani dalle luci della ribalta. Giornalisti che lavorano “sul campo”. Negli ultimi tre anni i giornalisti oggetto di minacce ed intimidazione (che hanno denunciato) sono 68, 43 i casi di intimidazione individuale, 24 minacce collettive alle redazioni, 13 aggressioni fisiche e 10 danneggiamenti. Uno scenario inquietante che mai ha fatto notizia, eppure sono un fatto. Questi sono i numeri dell’ultimo Rapporto dell’osservatorio O2 Ossigeno Purtroppo un fatto per arrivare a essere notizia, in questo strano paese, deve avere a oggetto, almeno in questo caso, una personalità sotto i riflettori e ricollegabile in qualche modo a un preciso ambiente per poi costruire la polemica politica ad hoc.

Non hanno fatto notizia per tanti giornali nazionali, a parte l’arcinoto Roberto Saviano (che qualcuno continua a sfruttare per attirare consenso e lettori) ad esempio i casi di Rosaria Capacchione, Gianni Lannes, Antonino Monteleone, Lirio Abbate, Emiliano Morrone, la redazione di Calabria Ora e tanti altri che giorno per giorno dal nord al sud Itala scrivono quello che vedono e provano a farlo senza troppi condizionamenti dall’alto.

“I casi denunciati – dichiara Alberto Spampinato, direttore di Ossigeno – sono la minima parte, come ha rilevato anche il Rapporto biennale dell’Unesco sui giornalisti uccisi o minacciati nel mondo. Sono raddoppiati rispetto al nostro precedente rapporto, forse anche perchè oggi c’è più coraggio, spazio per le denunce”. Un giornalista minacciato o che subisce attentati non fa notizia, si preferisce girare la testa dall’altra parte per tutta una serie di fattori che poco hanno a che vedere con la professione giornalistica.

Questa volta che la minaccia ha fatto notizia per i motivi che spiegavamo in precedenza, anzichè farci trascinare nel vortice della discussione sul “clima d’odio” e compagnia, proviamo, per una volta, a fermarci e guardare in faccia il fenomeno che ci restituisce uno scenario più vicino a quello di un regime autoritario.

Del caso Belpietro forse leggerete molto, ognuno di voi si farà la propria idea sul presunto attentato, sul presunto attentatore, e sulle presunte dinamiche, ma sappiate che le pistole e le intimidazioni non sono affatto entrate nelle case dei giornalisti solamente due sere fa.