Odio nero: il sindaco leghista nelle terre di Gomorra
L’inferno, il paradiso e la passione. La disperazione delle ragazze ghanesi costrette a vendersi ogni giorno. “Venti bocca. Trenta l’amore”. Il buco nero dei tossici che vengono da Napoli, da Caserta e da Avellino, perché da queste parti si vende la roba a poco prezzo. La tristezza infinita delle ragazze dell’est che si giocano la vita su un marciapiede. E il paradiso con le sue cose semplici, il volto della bambina di colore che gioca nel piccolo giardino dell’asilo dei padri comboniani, e la felicità di sua madre. Che è soddisfatta mentre ci osserva mangiare il pranzo rigorosamente etnico (riso e pollo piccantissimi,banane fritte e altri cibi dai nomi impronunciabili) che ci viene offerto. E che consumiamo sotto una delle due capanne in stile africano che i padri hanno tirato su nel cortile dell’asilo perché non svanisca il ricordo.
È la Domiziana a pochi chilometri da Castel Volturno, 27 mila abitanti, 11 mila immigrati, in massima parte africani ma anche dell’Est europeo. Qui comanda Antonio Scalzone, il sindaco che odia gli immigrati. E odia, ma con il sangue che gli allaga gli occhi, chiesa, Caritas, centri sociali, volontari e quant’altri si ostinano a curarli,istruirli, organizzarli. Scalzone, a capo di una giunta PDL e affini con simpatie leghiste, nei giorni scorsi è stato protagonista di un’incredibile polemica contro il ricordo di sei morti innocenti. I sei migranti di colore che il 18 settembre di due anni fa vennero falciati a colpi di mitra di fronte ad una sartoria. A massacrarli fu la camorra di Giuseppe Setola, “o cecato”, uno dei killer più spietati dei “casalesi”. “ora tocca ai neri-ordinò- uccidete tutti quelli che trovate là, pure ‘e femmene se ce stanno”. E così fu. “Perché Setola voleva i neri e io i neri gli ho dato”, ha raccontato un pentito. Non si salvò nessuno.
Ora il ricordo è una targa con i loro nomi sostenuta da due tubi che si intrecciano, uno bianco e uno nero. Un messaggio di pace in questo inferno di canali ammorbati dai veleni, pessimi alberghi dai nomi esotici, spiagge e pinete devastate dalla monnezza, negozi e centri commerciali, quartieri dormitorio nati per ospitare gli sfollati di terremoti e bradisimi napoletani. “Se andiamo avanti così- ha proclamato Scalzone nei giorni scorsi- noi rischiamo di fare la fine degli indiani d’America, altro che commemorare bande di criminali”. E giù attacchi . Anche ai volontari. I padri comboniani, la Caritas, l’associazione intitolata a Jerry Masslo, una delle prime vittime del razzismo made in Italy.”Lucrano sugli immigrati. Perché la Finanza non indaga sui loro bilanci?”. Parole durissime che hanno fatto infuriare quelli che ogni giorno si dannano l’anima per portare un po’ di sollievo in questo inferno. “Con il Sindaco Scalzone non perdo più tempo. L’ho denunciato per calunnia e diffamazione, ora tocca al tribunale. Cn le sue parole ha offeso il m io lavoro e quello di decine di volontari”.
Renato Natale è di Casal di Principe, è medico e due volte a settimana apre un ambulatorio al centro Fernandes della Caritas. Cura gli immigrati, le donne e i bambini. “Dire che noi lucriamo sui migranti è una bestemmia, in queste terre lo Stato non c’è, noi facciamo da cuscinetto tra bisogni drammatici e assenza dei diritti più elementari. Scalzone venga a frugare nelle nostre tasche e ci troverà solo debiti, per i 50mila euro che ci deve ancora dare la ASL e che servono a comprare le cose essenziali, per l’aiuto che non arriva mai. Chieda in giro e gli diranno dei sacrifici anche personali che facciamo”. Gianni Grasso è un altro dottore, “medico di strada”, lo chiamano. Si occupa delle giovani prostitute, assieme ad altri volontari le va a cercare sulla strada con un camper. Le cura, le informa sui loro diritti, le aiuta. “Gianni- ci raccontano- compra di tasca sua anche i pannolini per i bambini delle ragazze ghanesi”. Non lo ammetterà mai (sono stati i suoi amici a raccontarci questo piccolo grande segreto) ma a due di loro Gianni ha pagato anche gli studi, fino all’università, fino al master all’estero che una delle ragazze sta frequentando.
Ecco, contro questo pezzo di Italia civile, contro la passione e la dedizione di decine di ragazzi e ragazze, uomini adulti e professionisti che mettono a disposizione i loro saperi, si è scagliato Antonio Scalzone. Tre anni fa Le Monde gli dedicò una pagina intera. “Il Sindaco razzista” era il titolo. Una fama meritata e che lui non smentisce. Nel suo paese la Lega di Bossi ha rastrellato il 9% dei voti alle Europee, tanto da far conquistare a Castel Volturno l’ambito titolo di Pontida del Sud. Già Sindaco nel 1997, la sua giunta fu sciolta per infiltrazioni mafiose. La camorra, scrissero i prefetti, condizionava tutto. Anche oggi i giornali locali casertani affacciano il sospetto di legami strani del sindaco anti-immigrati. Un pentito ha parlato degli incontri che tra il 2000 e il 2001 Scalzone avrebbe avuto con l’imprenditore camorrista Paolo Diana, detto “scarpone”. Via i neri e chi li protegge da Castel Volturno, dove in ballo ci sono grandi affari. Il risanamento dell’ex villaggio Coppola Pinetamare. Uno dei tanti scempi urbanistici da riqualificare con altre colate di cemento. E un porto turistico da 1200 posti barca. Roba seria, un business da decine di milioni di euro.
(pubblicato su Il Fatto Quotidiano del 22 settembre 2010)