Quelli che i boss… Sms per i detenuti al 41 bis
I messaggi nel sottopancia della trasmissione della Ventura. Il procuratore Macrì: autori del programma all’oscuro
«Il carcere duro, il 41 bis, o semplicemente “’u quarantunu”, come lo chiamano mafiosi siciliani e boss della ‘ndrangheta, è una delle ossessioni dei padrini. Soprattutto per l’impossibilità di comunicare con l’esterno e di continuare a comandare famiglie e ‘ndrine. Per questo i boss sono sempre alla ricerca di ogni mezzo per poter fare arrivare all’esterno la loro voce. Sanno che i colloqui con i familiari saranno intercettati e allora inventano nuove forme di linguaggio.
“SCAPPOTTO antico” si chiama la vera e propria lingua che i capibastone calabresi in carcere usano per parlare “liberamente ” con figli e mogli. Si tratta di un misto di parole e gesti, discorsi spesso scollegati tra di loro, con rimandi a feste, eventi familiari del tutto innocenti, ma sempre accompagnati da una gestualità che solo l’interlocutore allenato può capire.
«Si fa fatica – rivela un operatore della polizia penitenziaria – a seguire il filo dei discorsi. Spesso mentre il mafioso detenuto parla di un evento lieto in famiglia, un battesimo, un matrimonio, fa gesti di segno opposto. Duri, violenti. A volte, per capire un decimo di quello che detenuti e familiari si sono detti devi vedere e rivedere per decine di volte la videoregistrazione del colloquio». Ma questa è la tradizione, ora anche la mafia ha affinato linguaggi e strumenti di comunicazione. Usa la tv e le sue trasmissioni.
LA RIVELAZIONE risale all’11 maggio scorso, quando davanti alla Commissione parlamentare antimafia, il procuratore nazionale aggiunto della Dna Vincenzo Macrì, parlò del carcere duro. “Abbiamo avuto notizie da un penitenziario dove sono detenuti diversi boss in regime di 41 bis, che questi personaggi usano una trasmissione televisiva molto seguita per ricevere messaggi“. Si tratta di Quelli che il calcio, noto format della domenica pomeriggio, spiega il magistrato.
«Ovviamente, conduttori e regista della trasmissione sono all’oscuro di tutto – precisa Macrì –. Durante il talk-show scorre un sottopancia con gli sms dei telespettatori. Si tratta di testi d’amore, di amicizia, spesso di sfottò tra tifosi, accanto a questi, però, spesso scorrono messaggi che solo chi è in carcere può capire. Un esempio?
Ciao Franco, il viaggio è andato bene.
Dietro questa frase innocente si può nascondere il riferimento a una partita di droga partita da chissà dove. Gli esempi possono essere tanti e tante sono state le segnalazioni che la polizia penitenziaria di quel carcere ci ha inviato».
Insomma, precisa il dottor Macrì, «non esiste un sistema carcerario impenetrabile, qualche falla si verifica, come dimostrano anche recenti inchieste». I boss usano i colloqui con gli avvocati, che per legge non possono essere intercettati, spesso i cappellani o il personale che opera all’interno delle carceri. Perché l’ossessione è rompere l’isolamento, continuare a tenere i contatti con la “famiglia ”. Anche usando radio e tv private.
UN SETTORE nel quale la camorra napoletana ha raggiunto livelli di vera specializzazione. Il digitale terrestre ha fatto proliferare una quantità di tv che trasmettono h24 le canzoni dei neomelodici. “Il mio amico camorrista”, “Nu latitante”, e titoli di questo genere, sono le hit che vengono dedicate al marito, al fratello, al compagno carcerato a Poggioreale. La ‘ndrangheta di Rosarno, invece, si era dotata di una sua emittente radiofonica. Radio Olimpia, che aveva un suo speaker d’eccezione: Peppe Filiardo, in arte “’U Fifiu”. «Io adesso ti do un biglietto, in caso che la risposta è positiva mi mandi quella canzone stasera alla radio, se è negativa me ne mandi un’altra», così il boss di Rosarno Totò Pesce comunicava dal carcere col figlio, le canzoni della radio servivano a capire se l’ordine era andato a buon fine.
Ma non si tratta solo di strumenti utili per comunicare all’esterno, camorra e ‘ndrangheta (Cosa Nostra sembra fuori dal giro) hanno messo in piedi una vera e propria industria culturale. Fatta di canzoni (in questi giorni di feste di piazza sulle bancarelle della Calabria si possono acquistare Cd dal titolo Cosa Nostra, Sangu e unuri), libri (proliferano sempre più i titoli giustificativi della ‘ndrangheta), finanche film. Infine il Web e i social network, che i mafiosi usano con sapienza.
La radio-‘ndrangheta di Rosarno, grazie a Internet, veniva seguita anche dai “compari” che vivono in Canada. Così, giusto per non perdere i contatti con la “famiglia ”.
Tratto da Il Fatto Quotidiano 21.08.2010