Giustizia e Sud, crinale del ritorno alle urne
Se è vero che tranne Bossi nessuno nella maggioranza – ma anche nell’opposizione, al di fuori di Di Pietro – è entusiasta delle elezioni anticipate, è pur vero che il copione che tra poco andrà in scena avrà un’elevata valenza politica. Su Meridione e sistema giudiziario si giocheranno le sorti del Governo. Le parole una volta erano pietre, oggi sembrano palle da tennis. Si ha questa impressione a sentire gli improperi che si sparano con disinvoltura i protagonisti della politica italiana. E per i non addetti ai lavori lo sconcerto cresce, specialmente quando si colpiscono figure simbolo dello Stato. A parole tutti d’accordo nel sostenere che al presidente della Repubblica non va “tirata la giacca”. Nei fatti non è così. Il colmo lo si è raggiunto quando il vicepresidente della Camera, Maurizio Bianconi, del Pdl, ha affermato che Napolitano “finge di rispettare la Carta mentre in realtà la tradisce”. Proprio perché le parole non sono palle da tennis, la risposta dell’inquilino del Quirinale non si è fatta attendere ed è stata tranchant: ”Applichino allora l’articolo novanta della Costituzione”, la messa in stato d’accusa per alto tradimento o attentato alla Costituzione. Se berlusconiani e finiani non dovessero trovare l’intesa, allora bisognerà ritornare alle urne senza indugio. E’ questo il ritornello che ripete in continuazione il Pdl, scordando volutamente le prerogative del Capo dello Stato. E sull’argomento Bossi rincara la dose nel suo stile padano-guerrafondaio individuando anche la data della consultazione elettorale, novembre prossimo.
I venti di guerra parevano calati dopo la riunione dei notabili del Pdl a palazzo Grazioli, con la stesura del documento contenente i cinque punti per il rilancio dell’azione di governo e cioè federalismo, Sud, riforma fiscale e della giustizia, sicurezza. Ma la tregua è durata poco. ”Il prendere o lasciare” di Berlusconi a Fini e la risposta di quest’ultimo, ”logiche da mercato rionale” quelle del presidente del Consiglio, hanno fatto precipitare la situazione. A tutto ciò si è aggiunta anche la letterina indirizzata al Cavaliere, non proprio d’amore, scritta da Gianfranco Rotondi, ministro per l’Attuazione del programma, escluso dal vertice Pdl. E come se non bastasse, l’uscita ultima del capogruppo di Futuro e libertà, Italo Bocchino, che ipotizza un Governo di larghe intese con Casini, Rutelli, i delusi del Pd – per contrastare l’asse Bossi-Tremonti che soffoca Berlusconi – ha avuto l’effetto contrario di quello sperato aumentando il nervosismo. Come andrà a finire?
Silvio Berlusconi in fatto di fiuto elettorale non è secondo a nessuno. Se fosse veramente convinto di vincere farebbe subito il salto in avanti verso le urne. Anche per far finire lo stillicidio quotidiano che lo fa apparire in balia delle “onde finiane” e gli rovina l’immagine del decisionista vincente. Traccheggia e lancia ami all’Udc sostenendo che l’allargamento della maggioranza a Casini non è un tabù. E certo non è una combinazione fortunata l’elezione di Michele Vietti, proveniente appunto dalle file Udc, a vicepresidente del Consiglio superiore della magistratura. Silvio prova, insomma, a mettere una pezza che gli consentirebbe di continuare l’azione di governo per i prossimi tre anni, ma getta comunque le basi per una futura maggioranza.
Per Bossi, invece, le elezioni vanno fatte subito. Lui sa che il momento per la Lega è propizio. Aumenterebbe il suo consenso elettorale e il suo potere contrattuale nel prossimo Esecutivo che, stante le previsioni, non potrebbe che essere un fax simile dell’attuale, senza Fini ed i suoi. Le preoccupazioni del Senatùr però ci sono e vengono dal Centro. Gli ex democristiani, se imbarcati nella maggioranza, potrebbero non solo dare i numeri a Berlusconi per continuare a governare, ma soprattutto arginare il federalismo e far contare di più le ragioni del Sud all’interno dell’esecutivo, ma anche stoppare i desideri di leadership di Giulio Tremonti.
A Gianfranco Fini l’andata alle urne anticipate teoricamente non dovrebbe giovare. Ma in pratica potrebbe anche essere un toccasana. Temi come la Giustizia ed il Sud, suoi cavalli di battaglia, potrebbero portargli consensi oltre le più rosee aspettative. Il contestatore che sfida il grande capo è un genere che piace. Berlusconi, se avrà i numeri sufficienti per governare, proverà a spingerlo all’opposizione, augurandosi che faccia la fine di Clemente Mastella che dopo il colpo di grazia al Governo Prodi, alle elezioni successive, si eclissò. Se Berlusconi non accetterà quel cinque per cento di modifiche reclamate a caldo da Futuro e libertà, allora la parola passerà a Napolitano che con ogni probabilità, come già è avvenuto in precedenza con Prodi, darà un mandato esplorativo al presidente del Senato Schifani.
Se è vero che tranne Bossi nessuno nella maggioranza – ma anche nell’opposizione al di fuori di Di Pietro – è entusiasta delle elezioni anticipate, è pur vero che il copione che tra poco andrà in scena avrà un’elevata valenza politica. Giustizia e Sud saranno i temi caldi su cui si giocherà la sorte del Governo. La giustizia, e in particolare il processo breve, vedrà Fini attento a che l’opinione pubblica non colga brecce utili a sanare le posizioni giudiziarie del premier. Mentre Umberto Bossi vorrà in tutti i modi evitare “lo spreco” d’interventi nel Mezzogiorno. Per il momento l’unica cosa che si vede all’orizzonte sono le urne. Faranno bene al Paese?