Milano, Platì
Bresso come Platì. La Pianura Padana come l’Aspromonte più impervio, dove tutto, anche l’aria che si respira dipende dalla ‘ndrangheta, dai suoi riti dalle sue leggi e dai famelici interessi dei suoi capi. Questo avevano in mente i mammasantissima dalla Tirrenica alla Jonica e questo hanno costruito in Lombardia: semplicemente la ‘ndrangheta. Stessi modelli organizzativi,identici riferimenti culturali,uguali linguaggi e rituali. Anche la “ricottata”, una mangiata per battezzare un picciotto, si fa a Seregno in un giorno di marzo del 2008, ma è come se fosse Platì.
Tutto come giù. ”Perché non esiste, per chi è ‘ndranghetista, un diverso dalla Calabria: tutto il mondo è diviso in Calabria e ciò che lo diverrà”.
E’ l’arguta sintesi dei carabinieri del Nucleo Investigativo di Monza che in migliaia di pagine hanno ricostruito la mappa dei clan calabresi da Milano in su, dei loro rapporti con la politica, delle complicità eccellenti, quelle finite ieri nell’inchiesta delle procure di Milano e Reggio Calabria. Trecento arresti, milioni di euro sequestrati e squarci inquietanti sui rapporti tra mafia e potere.
Venti “locali” di ‘ndrangheta, 500 affiliati, una “cupola” chiamata “la Lombardia”. E un delirio di grandezza finito a colpi di 38 special in faccia. Quello di Carmelo Novella, detto Nunzio, sessant’anni, calabrese di Guardavalle appartenente alla cosca Gallace-Novella, ma da anni emigrato in Lombardia. Nella ‘ndrangheta Nunzio, così lo chiamano “i compari”, riveste il grado di “infinito”, è capo della “locale” di Milano, l’organismo che riunisce più ‘ndrine sul territorio. Potrebbe stare tranquillo e invece insegue un sogno: diventare il numero uno della “Lombardia”, costruire una nuova ‘ndrangheta distaccata dalla casa madre e diventare l’unico interlocutore della “montagna”.
Si chiama così l’organismo che dalla Calabria detta le regole ai “compari” di tutto il mondo, da Milano a Toronto, fino a Perth, Australia. Una volta era San Luca, dopo la guerra tra i Pelle –Vottari e i Nirta-Strangio a colpi di donne ammazzate e stragi a Duisburg, lo scettro è passato a Platì. “Compare Saro- dice un giorno a Saverio Minasi- chi non è con noi è finito”. Nunzio Novella viene scarcerato nell’agosto 2007, da quel giorno si siede sul trono e parla chiaro agli altri “cristiani”.
Nomina nuovi capi, battezza picciotti e detat regole nuove. Ma soprattutto fa fuori Cosimo Barranca, capo del “locale” di Milano, fino a quel momento reggente della “Lombardia”. Cancella le “doti” ( così si chiamano i gradi nella ‘ndrangheta) che quest’ultimo ha conferito agli affiliati. “Chi sei tu che ti ha dato una dote Cosimo Barranca? Dove hai dimostrato? Dove hai fatto la guerra….chi può disporre, dove hai l’accordo nella Calabria?”.
Nomina i suoi uomini al vertice: lui al numero uno, Infinito, Stefano Sanfilippo, capo locale di Rho, come suo sostituto e primo responsabile; Lamarmore Antonino, capo locale Limbiate, come “Mastro generale”, sotto tutti i capi degli altri “locali”. Cosimo Barranca ha la bava alla bocca. “Lui non deve dare mai il passo prima di noi”, decretano i nuovi capi. Picciotti e boss corrono a rendere omaggio al vincitore. “Le disposizioni le voglio prendere da compare Nunzio, lui è stato un padre per me”, dice Vincenzo Mandalari, capo della locale di Bollate. Tutti applaudono. “ Se è fermo Nunzio Novella è ferma tutta la società del mondo. Non si ferma mai un uomo di questo calibro. Boss di noi tutti”. Ma giù, dalla Calabria, più di un capo comincia ad averne fin troppo delle mire separatiste del “milanese”.
L’aria si fa pesante. E Novella lo capisce il 14 giugno 2008. Quel giorno si sposa la figlia di Rocco Aquino, boss di Gioiosa Jonica ed esponente di spicco della ‘ndrangheta. C’è una grande festa e lui non è tra gli invitati, ma Cosimo Barranca e Pietro Pannetta, i suoi nemici, si. “Qui stanno impostando un discorso, compare – sice al telefono al suo fedelissimo Saro Minasi- Rocco aquino non mi mandò l’invito, a Cosimo e a ‘u Panetta si. Noi non sappiamo che c’è sotto, che cazzo stanno preparando”. Il boss teme qualcosa , cerca di contattare i capi di giù, vuole chiarire. “Ma ‘U Mastru non vuole vederlo neanche sulla cartolina”, si dicono i picciotti al telefono. ‘U Mastru è Giuseppe Commisso, ‘ndrangheta di Siderno, ma soprattutto boss ai vertici della “provincia” in Calabria, ogni due settimane sale a Milano ma evita di incontrare “il capo” della “Lombardia”. Anche Domenico Oppedisano, 80 anni, “capo crimine” e numero uno della “Provincia” odia Nunzio Novella. “Lassù sta facendo uno schifo”. Il boss ha ottant’anni e la memoria di un elefante. “Questo vuole creare un nord ed un sud della ‘ndrangheta”, dice uno dei capi locale della Lombardia.”ma da giù cosa dicono, a San Luca , a Platì?”. “che lo dobbiamo bloccare, ma deve arrivare una ambasciata ( un ordine ndr) da giù”.
Il 13 giugno 2008 Pietro Panetta, oramai messo all’angolo da Novella, telefona a suo cognato Mimmo Focà, capobastone del locale di Grotteria,. Chiede consigli su come muoversi, il cognato è sprezzante. ”Quello (Novella ndr) è venuto qua sotto e ha raccontato a Dio che non è Dio ( un sacco di frottole ndr) ma lui è finito ormai. La Provincia lo ha licenziato”. Da quel momento Novella è un morto che cammina e lo sa. Il suo numero due, Stefano Sanfilippo dorme con la porta sbarrata, la pistola sotto il cuscino e si fa accompagnare da un killer. La sentenza di morte del boss che voleva staccare la Lombardia dalla Calabria viene decisa il giorno prima di quella telefonata in una “mangiata” a San Giovanni di Gerace, ci sono tutti i capi. Un mese dopo, Carmelo Novella, detto Nunzio è al bar con gli amici, un killer gli scarica un intero caricatore in faccia. “Nunzio Novella voleva aver il cielo in tasca, ma il cielo in tasca non ci sta”, dice sconsolato il capo-locale di Bollate, Enzo Mandalari alla madre. Stanno andando al funerale del boss “ Non vada scalzo chi semina spine”, taglia corto la donna. Morto Carmelo Novella , la Calabria riconquista la Lombardia. A rimettere in ordine uno “Stato” che si voleva dividere i boss inviano un loro ambasciatore, l’avvocato Pino Neri. Un uomo di pace e di affari.
Lo 007 amico delle ‘ndrine. Sapevano tutto in anticipo
Sapevano tutto in anticipo. Conoscevano persino il giorno, il luogo e l’ora del blitz e degli arresti. Sapevano finanche che presto ci sarebbe stata una maxi operazione, quella di ieri a Milano. Sapevano tutto perché avevano carabinieri, poliziotti e uomini dei servizi a libro paga.
Uomini con la divisa infedeli. Giuseppe Pelle, agli arresti domiciliari a Bovalino, dove incontra Giovanni Ficara, boss di Reggio assieme ad altri capi. La sua casa è zeppa di microspie. Il 1 luglio di quest’anno, quindi 12 giorni prima dell’operazione Milano-Reggio, sapevano anche i nomi degli arrestati. Ad informarli è , per loro stessa ammissione, un agente dei servizi segreti. Uno che ha lavorato nell’Aereonautica militare, poi è entrato nei servizi e vanta amicizie con i carabinieri del Ros passati nei ranghi dell’intelligence.”Voi dei Pelle in questa operazione non ci siete, siete in quella che chiamano Patriarca, appena arriva l’estate.”
“il Ficara – nota la procura distrettuale antimafia di Reggio Calabria- spiega a pelle di essere venuto a conoscenza delle predette attività di indagine grazie all’ausilio di un soggetto originario di Reggio Calabria,vicino agli ambienti di polizia e facente parte di un’agenzia di sicurezza”. Lo 007 aveva anche informato Giovanni Ficara che nella sua macchina, una cinquecento, era stata piazzata una microspia. “A Milano- aggiunge- ci sarà un bordello, hanno sentito,hanno fatto filmati. Un bordello”.
(pubblicato su Il Fatto Quotidiano del 14 luglio 2010)
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