Le condoglianze di Dell’Utri viste dalla Francia
di Andrea G. Cammarata
Dell’Utri s’è preso 7 anni, magra la consolazione per il procuratore Gatto che ne chiedeva 11, anoressica per la difesa degli avvocati dellutreschi, Sammarco e Mornino, che chiedevano naturalmente l’assoluzione. Ma obesa è la consolazione per i media che hanno potuto ingrassare la notizia della sentenza d’appello del giudice Dell’Acqua a proprio piacimento, improvvisandosi tutti esperti di giustizia e rendendola unta fino allo schifo. Comunque mafia c’è stata, e quando e in che modo, al popolo detto francamente, fotteva poco. Soprattutto se si parlava di un senatore, il fondatore di Forza Italia.
A noi italiani per leggere un articolo come si deve non resterà che andare oltralpe, in Francia, e così interessarsi di una verità meno distorta di quella del Tg1, che altro non ha fatto che far sembrare un coniglio, per una lepre. Grave, per inciso, è che Mediaset quantomeno disinforma con un certo stile, ha classe nel nascondere le verità, mentre il Tg1 fatica ancora a camuffarsi, la fa proprio sporca… Comunque da Minzolini , si sa, è successo che la mafia di Dell’Utri, è passata per essere diversamente mafiosa, lui è: un assolto-condannato, nel bel Paese delle meraviglie dove tutto è possibile. Peraltro stupiscono le conclusioni di vari mezzi d’informazione, che vista la mancata presa in considerazione dei giudici d’Apppello di quanto sostenuto dallo Spatuzza, hanno concluso che la Trattativa mafia-Stato non sia esistita.
Stupisce che questi mezzi d’informazione, non abbiano ascoltato le udienze del processo Dell’Utri, stupiscono le loro conclusioni affrettate. Conclusioni che tuttavia in realtà dipendono, quelle vere, dalle motivazioni della sentenza. Come il Pg ha ben chiarito a quella racchia del Tg1, quella della “doccia fredda”, lei che con tanta veemenza, quanto a Trattativa, diceva al procuratore: “Allora crolla tutto…”. Crolla tutto un cazzo! Massimo Ciancimino -in questo processo non ascoltato senza motivazioni- il processo a Cuffaro, l’inchiesta riaperta sull’uccisione di Falcone e Borsellino, quanti ce ne sono, di altri elementi validi e processi aperti e riaperti, per provare la Trattativa.
Il problema non è questo. La difesa Sammarco & Mornino, chi ha ascoltato i processi o chi li ha visti lo sa, in appello, tardivamente, chiedeva di revocare l’ammissione del pentito Spatuzza, era il dicembre scorso, dopo il polverone alzatosi durante il Nobday. Quanto alle dichiarazioni di Spatuzza, Sammarco dice alla Corte di appello “oggi si parla di altri fatti ma si giudica ancora sulla sentenza Guarnotta -quella di primo grado- è un processo di primo grado che si sta innestando in quello di secondo grado” ovvero lamenta la diversità delle ammissioni del pentito, rispetto all’oggetto del processo di primo grado, diversità che andrebbero a detta dell’avvocato trattate in un nuovo processo, come obbligano i dettami del diritto costituzionale, quindi giusto processo, principio di parità delle parti, e ugual diritto della difesa e dell’accusa, (art.111, 24, 3) che vengono con astuzia citati da Sammarco in aula. Ecco alluso perché per la Corte Spatuzza a quel momento del processo non può contare. Ma le motivazioni della sentenza ce lo diranno.
Sporco il Tg1, quanto Italia1, due canali un padrone. Giovanni Toti, monta un editoriale per Studio Aperto come una cavalla in calore, fa due accostamenti: “sentenza Tartaglia incapace d’intendere e volere” e “sentenza Dell’Utri mafioso”, che ci azzecca in mezzo “Berlusconi vittima”? La riflessione finale di Toti, nuovo arciere di Berlusconi, dopo aver sconsigliato l’uso dei pentiti ed etichettato come “discutibile” il reato di concorso in associazione mafiosa, è infatti: “allora ci viene il dubbio, non è che chi è vicino a Berlusconi qualcosa debba pagare?”. Insomma Givannino Totip la butta lì, fa un altro pronostico… Chiude “non è che chi si accanisce contro Berlusconi alla fine non paga mai?”. Cosa significa questo.
E per chiudere in bellezza, stavolta con un po’ di giornalismo serio, segue ciò che è anticipato nel titolo dell’articolo: “Dell’Utri visto dalla Francia”, scrive Delphine Saubaber giornalista antimafia d’oltralpe, su L’Express.
Condannato a 7 anni di prigione, Marcello Dell’Utri resta “fiducioso”. L’amico intimo di Silvio Berlusconi è stato condannato martedì per “complicità di associazione mafiosa”.
A Palermo i giudici l’hanno tuttavia assolto per il periodo più delicato dal 1992 a giorni nostri. Spiegazioni. Sette anni di prigione per Marcello dell’Utri, senatore, braccio destro e migliore amico di Silvio Berlusconi, per “complicità di associazione mafiosa”. Colui che ha seguito l’ascensione del Cavaliere dai debutti della sua holding, la Fininvest, alla creazione del suo partito, Forza Italia, era stato condannato a 9 anni in prima istanza. In 1768 pagine i giudici avevano dipinto, nel 2004 “la contribuzione, volontaria, cosciente” di Dell’Utri al “consolidamento e al rinforzo di Cosa Nostra”, la mafia siciliana, la quale Dell’Utri era accusato di aver messo in contatto con la Fininvest di Belrusconi.
L’uno è condannato, l’altro assolto.
Questo martedì, un’altra decisione di Giustizia piomba in Italia. Questa volta concerne Massimo Tartaglia che aveva aggredito Silvio Berlusconi con una riproduzione del Duomo di Milano nel dicembre scorso. E’ stato assolto. Gli esperti hanno sottolineato che l’uomo, sofferente di problemi mentali, non era in grado di essere sottoposto a giudizio.
Tornando al processo Dell’Utri, questa volta, in appello, il procuratore aveva richiesto 11 anni. La Corte di Appello di Palermo riduce la pena a sette anni dopo diversi giorni di camera di Consiglio, ammettendo come stabilito i rapporti stretti intrattenuti da Dell’Utri con la mafia siciliana del boss Stefano Bontade, di Totò Riina e di Bernardo Provenzano, rapporti intrattenuti fino alla stagione delle stragi del 1992 (anno dell’assassinio dei giudici anti-mafia Falcone e Borsellino), poiché i giudici hanno assolto il senatore per il periodo posteriore, più delicato, dal 1992 a giorni nostri, quello della presunta trattativa fra Stato e Cosa Nostra, agli albori della nascita del partito berlusconiano, Forza Italia, nel 1994.
Nel dicembre 2009, durante il processo, un pentito, Gaspare Spatuzza, aveva accusato il senatore di essere stato “l’intermediario e l’uomo provvidenziale” per preparare l’arrivo sulla scena politica di forze ben disposte nei confronti di Cosa Nostra, affermando che all’epoca degli attentati mafiosi a Milano, Firenze e Roma nel 1993, Dell’Utri e Berlusconi sarebbero stati gli interlocutori politici privilegiati dal suo capo Giuseppe Graviano. Berlusconi si difese denunciando una “macchinazione”.
Il suo eroe: Vittorio Mangano. Resta che i giudici della Corte di Appello hanno dunque creduto, in particolare, al pentito Francesco Di Carlo, che racconta di un incontro ai vertici, nel 1974 a Milano, fra Dell’Utri, Belrusconi e i boss Bontade e Mimmo Teresi.
Marcello era allora il segretario particolare di Silvio Berlusconi. E’ il periodo dei sequestri a Milano, e l’imprenditore teme per i suoi figli. Domanda consiglio al siciliano Dell’Utri, che organizza la riunione…” Alla fine Berlusconi ci ha detto che era tutto a nostra disposizione”, racconta Di Carlo. Bontade gli garantisce un’assicurazione sulla vita: “Sia tranquillo. Vi mando qualcuno”. Un buon amico di dell’Utri, di Palermo. Conosciuto come il “fattore di Arcore”, Vittorio Mangano, pregiudicato, si occuperà, sembra ormai ufficialmente, per due anni dei cavalli di Berlusconi. Ma come nota Di Carlo: “Cosa Nostra non pulisce le stalle delle persone”. In chiaro: “Mangano fa parte di Cosa Nostra.”
In un’intervista, nel 1992, il giudice Borsellino parlava del personaggio come di “una testa di ponte dell’organizzazione mafiosa nel Nord d’Italia”. Nel 2000, Mangano sarà condannato per duplice omicidio, prima di morire. Qualche anno più tardi, Dell’Utri celebrerà in lui il suo eroe: “Ha preferito morire in prigione piuttosto che all’ospedale e ha rifiutato di tradirmi raccontando ciò che volevano fargli dire su di me e Berlusconi!”
Dopo la sentenza d’appello, Dell’Utri, che era assente al momento della lettura, ha ripetuto che Mangano resta il suo “eroe”, commentando così il verdetto: “hanno dato un premio di consolazione alla procura di Palermo e una grossa soddisfazione all’accusato, perché hanno escluso tutte le ipotesi dal 1992 a oggi”.
Dell’Utri attende ormai il terzo stadio, quello della Cassazione, “fiducioso”.
Il procuratore Gatto, che ha richiesto 11 anni di reclusione attende le motivazioni della sentenza, che arriveranno in 90 giorni, per capire “perché la corte ha deciso di eliminare la stagione politica da questo processo. In ogni caso, ulteriori inchieste sono sempre possibili”.
Un modo per dire che l’assoluzione di Dell’Utri per il periodo post-’92 è lontana dal chiudere un’ipotesi sul rapporto mafia-politica di quel periodo. Lo scenario è in effetti più complicato di quel che sembra, poiché ci sono in corso le inchieste riaperte sull’assassinio dei giudici Falcone e Borsellino nel 1992, c’è un’altra inchiesta a Palermo sulla presunta trattativa Stato-Mafia, e un’altra a Firenze sulle bombe del 1993.
Se il procuratore Gatto attende quindi, irremovibile, le motivazioni della sentenza, Dell’Utri da parte sua se ne fa scappare una: “Cercherò il procuratore Gatto e gli farò le mie condoglianze”. Cosa significa questo?
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