Messina Denaro. Un criminale maledetto

Giovanna Maggiani Chelli su Malitalia(di Maurizio Macaluso – Antimafia2000)

Intervista a Giovanna Maggiani Chelli*

“Dario era siciliano. Era il più splendido ragazzo che io abbia conosciuto. Studiava architettura, coltivava l’orto, scalava le montagne e gridava di rabbia quando parlava della strage di Bologna e della morte di Falcone. Morendo si è portato via buona parte della vita di mia figlia e tutto questo a Matteo Messina Denaro non lo perdonerò mai. E non m’interessa che a lui non importa un fico secco, per me è maledetto”. Sono parole durissime quelle pronunciate da Giovanna Maggiani Chelli, vice presidente dell’Associazione dei familiari delle vittime della strage di via dei Georgofili. In quell’attentato ha rischiato di perdere anche la figlia, Francesca, salvata miracolosamente. Dario e Francesca. Due giovani studenti universitari che sognavano di trascorrere la vita insieme. Una storia d’amore spezzata dalla mafia. Da Matteo Messina Denaro, il boss che a colpi di pistola e mitraglia, ha scalato le gerarchie di Cosa Nostra, candidato oggi, secondo molti, ad assumere la guida dell’organizzazione.

Giovanna Maggiani Chelli, cosa rappresenta per chi, come lei, ha perduto una persona cara per mano della mafia, Matteo Messina Denaro?
Un criminale che veste firmato perché crede, cosi facendo, di essere uguale a chi lo ha mandato in via dei Georgofili. Perché gli piaccia, oppure no, lo hanno mandato. Lui ha scelto soltanto il modus operandi. È solo un criminale al quale non importa nulla della gente e pensa: “Peggio per loro se si sono trovati sulla mia strada mentre piazzavo trecento chili di tritolo. Io, in fondo, sono importante, loro sono soltanto dei bruscolini inutili”. Un criminale al quale è stato consentito di fare troppi soldi sulla pelle dei nostri figli e che oggi viene protetto affinché non riveli tutto ciò che sa e non dica i nomi di chi fa ancora affari con lui ed in quali aziende ha partecipazioni azionarie.

Cosa è emerso dal processo ed a che punto è la vicenda giudiziaria?
La mafia voleva abolito il regime del carcere duro ed altre dodici richieste di eguale tenore che il capo di Cosa Nostra ha scritto nel papello che ha presentato a chi doveva farlo avere ad uomini dello Stato. Purtroppo però non tutta la verità è emersa. Alcuni collaboratori come Brusca non hanno detto tutto ciò che sapevano e quando hanno potuto hanno sviato con reticenze e giochetti imparati a scuola di mafia. La vicenda giudiziaria oggi è nel pantano fino al collo, è sotto gli occhi di tutti. Dopo diciassette anni di complici silenzi oggi in tanti si agitano per salvare almeno la faccia, ma dovevano parlare prima.

C’è stato davvero il rischio di un colpo di Stato? E perché, secondo lei, è stata chiamata in causa la mafia?
Il magistrato Gabriele Chelazzi non ha mai creduto al colpo di Stato nel vero senso della parola. Certo, quando si usano tanti quintali di tritolo, c’è sempre il rischio che la situazione possa sfuggire di mano. Ma credo che i mandanti e gli esecutori della strage di via dei Georgofili volessero fare soltanto tanto rumore affinché chi doveva capire capisse che non bisognava più indagare. Il collaboratore Giuseppe Ferro, ex capo del mandamento di Alcamo, ha dichiarato che alla mafia le stragi compiute nel 1993 a Firenze, Roma e Milano non interessavano. Credo che dica la verità. Che interesse avrebbe a mentire? Quindi penso che la mafia non sia stata chiamata in causa, bensì quando è stata informata che bisognava fare rumore abbia accettato perché, in fondo, in certi affari era parte interessata e guadagni ne aveva fatti tanti. Cosa Nostra è sempre riconoscente con chi gli fa fare buoni affari.

Secondo lei, esiste davvero il terzo livello? E come lo immagina?
Cos’è questo terzo livello? Si trova oltre il livello politico mafioso che è andato in Parlamento e che fa da cuscinetto paracolpi ad entità le quali sono avvezze a costruirsi i politici a loro uso e consumo? Per la strage dei Georgofili io immagino a Firenze una camera studio importante, con un tavolo presieduto dalla mafia, la quale mafia a chi temeva che la coperta stesse diventando troppo corta in quel periodo, chiedeva lumi sugli obiettivi da far saltare, visto che Cosa nostra doveva mettere le cartine stradali in mano agli esecutori. Obiettivi che la mafia non conosceva personalmente, solo perché in quel momento non erano i nomi dei mafiosi ad essere riportati dai giornali prima delle udienze preliminari. Ma un favore ad un amico non si nega mai, soprattutto se il 41 bis e i collaboratori di giustizia ti viene garantito che hanno le ore contate.

Perché Matteo Messina Denaro, dopo oltre diciassette anni dalla fuga, non è stato ancora catturato?
Per lo stesso motivo per cui Bernardo Provenzano è stato arrestato dopo oltre quarant’anni e così via tutti gli altri, Riina e compagni. Il perché non lo chieda a me, non m’intendo di mafia. Sospetto però che il potere politico protegge la mafia in Italia. Dovremmo chiedere ai nostri politici perché lo fanno, di quanti soldi hanno bisogno per mantenere le loro famiglie. Del resto mi pare di avere capito che i grandi capimafia latitanti sono stati catturati sempre quando i politici di riferimento erano diventati deboli. Insomma, quando certi scranni scricchiolano il mafioso è nei guai. Ma questa è solo una mia deduzione, ripeto, non so nulla di mafia.

Secondo lei, dove si trova in questo momento Matteo Messina Denaro e di quali protezioni si avvale?
Penso che sia a casa sua o in qualunque altro posto in cui è necessario che sia presente. Le protezioni di cui gode? Quelle di cui godono tutti i mafiosi del suo calibro, la protezione data dalla sua fama di uomo ricco, potente e pericoloso. Fama che se è vero fa un grande effetto sulle persone semplici ed umili, e quindi più paurose, non per codardia ma perché hanno pochi mezzi e mille problemi quotidiani, molto di più fa presa su chi pecca di smisurata ambizione e chi aspira a far fruttare il proprio conto in banca.

Che idea si è fatta della Sicilia?
Non sono mai stata in Sicilia, l’ho vista da lontano da Reggio Calabria, ma non credo che lei volesse da me una risposta geografica. Io penso che in Sicilia non dovrebbe esserci il controllo dell’acqua da parte della mafia, solo per citare un esempio, ma che lo Stato debba avere il controllo del territorio. In quanto ai siciliani, Dario era nato a Palermo. I suoi nonni erano siciliani. Lui era contro la mafia ed il malaffare e credo che tanti altri siciliani siano come lui.

Se potesse parlare con Matteo Messina Denaro, cosa gli direbbe?
Gli chiederei di scrivere sulla carta bollata i nomi ed i cognomi di chi era con loro con il cerino in mano la terribile notte dei Georgofili.

I servizi segreti hanno messo una taglia da un milione e mezzo di euro su Matteo Messina Denaro. Lei è stata molto critica. Perché?
Perché i nostri servizi segreti non sono stati in grado di evitare la strage di via dei Georgofili dopo via Fauro e di evitare l’attentato di via Palestro con le chiese romane, dopo via Fauro e via dei Georgofili. Allora, nel 1993, pensai, come tutti, che c’erano dentro o dovevano cambiare mestiere, oggi, dopo le recenti rivelazioni, penso che un milione e mezzo di euro sia più giusto destinarlo alle forze dell’ordine ed alla procure che indagano. Senza dimenticare tutti i familiari delle vittime di mafia che aspettano i risarcimenti dello Stato. È vergognoso buttare via denaro dandolo a soggetti in odore di mafia.

In una nota lei ha fatto riferimento a politici presenti in Parlamento che sarebbero collusi con Matteo Messina Denaro. A chi si riferisce e sulla base di quali dati fa queste affermazioni?
I nomi purtroppo non li conosciamo perché altrimenti avremmo già presentato una denuncia circostanziata. Su quali basi faccio queste affermazioni? Abbiamo presentato un esposto in Procura affinché fossero avviate delle indagini sui parlamentari che ai tempi delle stragi ricevettero il papello di Riina. Volevamo sapere se era vero e se avevano sottovalutato il contenuto di quel documento. Il nostro esposto non ha condotto ad un dibattimento, ma per noi non ci sono dubbi. C’era chi sapeva che il papello circolava. Si tratta di persone che stavano in Parlamento e non hanno mosso un dito; per noi, almeno sul piano morale, equivale ad una collusione. In questo Paese difficilmente si arriva alla celebrazione di un processo quando vi sono connessioni tra mafia e politica. L’onorevole Walter Veltroni ha dichiarato, nei giorni scorsi, di essere convinto che dietro le stragi di mafia degli anni Novanta vi sia una chiara motivazione politica. Noi pensiamo invece che alla base vi siano i traffici illeciti. Questa è la nostra convinzione. Mentre dalla motivazione politica una parte si salva, nelle ruberie, negli affari sporchi, c’è sempre trasversalità.

*Giovanna Maggiani Chelli, vice presidente dell’Associazione dei familiari delle vittime della strage di via dei Georgofili, in cui persero la vita cinque persone, traccia un profilo del boss Matteo Messina Denaro. Tratto da: trapaniok.it