Saviano e l’inganno dei canti di mafia

Un libro e nomi importanti del giornalismo, della politica e del mondo della magistratura. Uomini e donne immediatamente riconoscibili come icone dell’antimafia. Roberto Saviano, Francesco La Licata, lo studioso Antonio Nicaso, il magistrato Nicola Gratteri e Rita Borsellino. Sono le firme di “Malacarne”, un libro sulle mafie italiane che con l’aiuto delle belle foto di Alberto Giuliani, deve spiegare ai tedeschi cosa sono camorra, ‘ndrangheta e Cosa Nostra. Il testo è già uscito in Germania ed è destinato ad essere pubblicato anche in Italia e in altri paesi europei, se non verrà bloccato prima.

Non dalla censura, non dall’azione di un boss o di un politico che si sentono offesi, ma dagli stessi autori. Il Fatto Quotidiano, che ha avuto modo di vedere “Malacarne” in anteprima, li ha informati del fatto che in Germania il libro è uscito con allegato un cd di canti mafia.

Gli scritti di Saviano, Gratteri, Borsellino e degli altri, sono stati utilizzati per promuovere canzoni che inneggiano all’onore, al rispetto e ai boss che non parlano anche se carcerati. Tutti sono rimasti sconcertati, si sentono ingannati, truffati e chiedono il ritiro immediato dal mercato tedesco del libro aggiungendo un secco no alla sua distribuzione in Italia. E così scoppia un caso editoriale senza precedenti. Perché, all’insaputa degli autori,  “Malacarne” propone quei canti di mafia in modo acritico, senza alcun intervento che ne spieghi i testi, le loro origini, le finalità e il contenuto.

Roberto Saviano, il pm Nicola Gratteri e il criminologo Antonio Nicaso hanno deciso di prendere una posizione unica. “Ci è stato chiesto un contributo editoriale per un libro fotografico. Ma nessuno ci ha avvisato della decisione di distribuire il libro con i canti di malavita, canzoni neomelodiche che inneggiano alla ‘ndrangheta e alla camorra e che addirittura arrivano a deridere il sacrificio del generale Carlo Alberto Dalla Chiesa. Da alcuni anni si sta cercando di mettere in campo una sofisticata operazione culturale per accreditare la ‘ndrangheta come modo di essere piuttosto che come organizzazione criminale.

Una sorta di interpretazione “calabrianista”, secondo cui non è possibile dissociare la ‘ndrangheta dalla cultura calabrese. La stessa operazione è in atto da tempo anche in Campania. È opportuno prendere le distanze da questa strategia mediatica per evitare di confondere i sacrifici e le battaglie antimafia con iniziative ambigue e discutibili. La nostra storia e il nostro lavoro non possono essere accostati a operazioni come quelle dei canti di malavita che legittimano una sorta di valutazione o esaltazione dei comportamenti ‘ndranghetisti e camorristi”.

Anche Alberto Giuliani, il fotografo autore del libro, cade dalle nuvole. “Reputo giuste le contestazioni degli autori. Neppure io sapevo che il libro sarebbe uscito con quelle canzoni in cd. Chiariamoci, non trovo sbagliato conoscere, ma così no, si propongono canzoni di mafia senza una spiegazione. È una operazione che non mi convince”. Ai lettori – in Germania il libro esce con le pagine scritte sia in tedesco che in italiano – le canzoni della mafia vengono presentate come “inevitabile patrimonio della tradizione musicale italiana meridionale”. “Inevitabile un corno – dice Francesco La Licata – questa è la musica della mafia e dei mafiosi, i valori del Sud sono altri. Nelle nostre terre la mafia è considerata un disvalore profondo. Ho affidato il mio testo al fotografo Giuliani, che giudico una persona perbene, e come gli altri autori non sapevo del cd di canti mafiosi.

Forse siamo stati un po’ leggeri”. Netta Rita Borsellino: “Quei canti di mafia trasmettono un messaggio negativo. Mi dissocio, del resto non ero stato informata di questa operazione, sono profondamente seccata”.

A curare la parte musicale del libro è Francesco Sbano, un fotografo italiano (ma si definisce anche antropologo e regista) che da anni vive in Germania. Con la sua casa editrice (“Mazza music”) ha venduto centinaia di migliaia di copie dei canti ‘ndrangheta. “Sangu chiama sangu”, “I cunfirenti” e “Ammazzaru lu generali”, sull’omicidio Dalla Chiesa. Sbano è animatore di un sito internet (Malavita.com) e autore di un film sulla mafia calabrese, “Uomini d’onore”.
Una pellicola che per un’ora e mezzo rappresenta la ‘ndrangheta come una criminalità romantica, con i boss che si fanno intervistare incappucciati e con la lupara al collo. Il motivo conduttore del film è che la ‘ndrangheta nasce ed esiste perché lo “Stato è ingiusto”. Folklore di pessimo gusto, al limite dell’apologia mafiosa, i traffici internazionali di droga, gli investimenti in Germania, restano in un sottofondo lontano.

“Nel mio paese – dice la giornalista e scrittrice tedesca Petra Reski – si ha una idea romantica della mafia, le canzoni e il film accreditano questa visione. Rappresentare i boss come moderni Robin Hood, è il modo migliore per non parlare del riciclaggio e della conquista dell’economia tedesca da parte della ‘ndrangheta”.

Francesca Viscone, giornalista e studiosa calabrese, nel libro “La globalizzazione delle cattive idee”, ha analizzato i contenuti di questi canti. “Le canzoni di ‘ndrangheta sono un documento culturale tanto quanto lo è il canto di un cannibale dopo un pasto”. La casa editrice, “Edel ear Books” di Amburgo, invece insiste e “riconosce la musica della mafia come un documento di innegabile valore storico. La nostra buona fede è inequivocabile, come inequivocabile é il contesto palesemente antimafia della pubblicazione”.

Agli autori indignati che hanno  telefonato per protestare, concede solo di pubblicare il libro in Italia senza cd. In Germania no, “Malacarne”, nonostante le proteste degli autori, sarà venduto con le canzoni dei picciotti. I tedeschi potranno continuare a coltivare la loro visione romantica delle mafie, a pensare che quegli uomini ristretti in galera che fanno dell’onore e dell’omertà la loro legge siano in fondo degli eroi buoni.

Francesco Sbano e quei poeti “d’onore”
Nel cd allegato a “Malacarne” c’è “Ammazzaru lu  generale”, dedicata all’omicidio di dalla Chiesa. Il finale : “A mafia è chi cummanna  sempri e sulu idda poti hiri avanti”. Messaggio chiaro. Del resto le idee di Francesco Sbano sono nettissime. Basta vedere il suo film “Uomini d’onore”, San Luca e la Calabria sono una specie di Chiapas europeo, i boss della mafia a cavallo e incappucciati come il subcomandante Marcos. Sbano li fa parlare. “Se muore l’Onorata società- dice uno di loro- muoiono pure i calabresi”.
Poi parla anche don Pino Strangio, il parroco di San Luca: ”I piemontesi  ci hanno rubato tutto”. Negli ultimi tempi la mafia scrive. Vuole rifarsi un’immagine. “Liberare l’anima” è una raccolta di versi scritta da Antonio Papalia, boss con tre ergastoli sul groppone. Una poesia è dedicata al figlio latitante. I romanzi di Gioacchino Criaco, in cui la ‘ndrangheta è rappresentata in modo romantico, sono un successo. Suo fratello Pietro era uno dei killer preferiti della cosca Cordì di Locri.