Mio padre ha sbagliato e ha pagato con la vita

( da bandwagoning.com)
(di Domenico Mammola – Calabria Ora)
Dolore e speranza, cultura e istruzione come chiave per l’emancipazione e per il superamento dell’oppressione ’ndranghetista sulla società. Dal palco del liceo scientifico “R. Piria”di Rosarno è arrivata una storia bella e drammatica,la richiesta di sostegno di Annarita Molè, figlia di Rocco – esponente dell’omonima cosca assassinato nel febbraio di due anni fa a Gioia Tauro – che ha deciso di «voltare pagina e intraprendere il cammino della legalità non solo per me, ma per la mia famiglia». Annarita ha scritto un elaborato per il “Festival della creatività”, che la scuola diretta da Mariarosaria Russo ha dedicato alle giovani icone antimafia Peppino Impastato e Peppe Valarioti.
«So bene che la mia famiglia rientra in quel contesto che viene definito “mafia” e che per noi “mafiosi arroganti e prepotenti” – ha scritto la giovane Molè – è un delitto ricordare anche attraverso una foto il proprio padre, è un sacrilegio pregare con la Bibbia in mano, veniamo continuamente offesi dai mezzi di comunicazione, a torto o a ragione, e avvertiamo il falso rispetto della gente. Sono la figlia di Rocco Molè, un uomo che amerò sempre perché era mio padre, un uomo che ha sbagliato ed ha pagato con la vita».
Periodi intrisi di sofferenza, specie quando Annarita fa riferimento ai patemi familiari, «io, mia madre e le mie sorelle scontiamo pene che abbiamo ereditato, ma che non ci appartengono; sentiamo alcuni nei pubblici comizi dire che dobbiamo essere emarginati e ghettizzati ma non è giusto, ognuno deve avere una seconda possibilità».
Davanti a Michele Prestipino, magistrato dell’Antimafia reggina, uno di quelli che stanno decapitando le cosche rosarnesi e che in passato ha catturato anche Provenzano, Annarita Molè ha ammesso di aver quasi smesso di studiare, ma poi «ho scavato dentro di me e ho capito che dovevo ricominciare. In questo la scuola di Rosarno è stata maestra di vita, mi ha accolta, mi ha aiutato a crescere e a pormi domande sul mio futuro; mi ha fatto comprendere che bisogna condannare qualunque forma di illegalità, perché il potere, il facile guadagno senza sudore e senza conquista disintegrano i valori annullano la persona, distruggono l’esistenza e l’anima di chi ti sta accanto». «Mi appello alla giustizia, alle forze dell’ordine – ha chiesto la ragazza – che spero possano valutarmi non per il cognome che porto, ma per quello che saprò dare, per ciò che saprò diventare, per il contributo che saprò dare alla società. Ricostruire il tessuto lacerato della mia vita non sarà facile, ma scegliere di cambiare è un dovere per ribadire il mio impegno, attraverso l’istruzione e la cultura, verso la legalità».
La giovane Molè ha ricevuto dal liceo una targa per il suo elaborato. La platea ha tributato un applauso lungo e commosso ad Annarita così come fece per Roberta Bellocco, figlia del boss detenuto Gregorio, che un anno fa assicurò il suo impegno nella legalità. L’intervento della giovane Molè è arrivato dopo il bellissimo video dei ragazzi del Piria su Impastato e Valarioti,e dopo il duro monito di Prestipino che aveva chiesto agli studenti di «non rivolgersi mai alla mafia, non chiedete favori, anche piccoli, perché altrimenti sarete costretti poi ad aprire loro la porta, mentre invece dovrete sbattergliela in faccia». Un dibattito che ha registrato la partecipazione dei giornalisti Grazia Graziadei e Arcangelo Badolati, e suggellato con la frase della dirigente Russo che ha celebrato la «seconda occasione». Per Annarita Molè si tratta di ritornare a vivere, dopo aver conosciuto l’oblio della ’ndrangheta vissuta dal di dentro.