Immaginare la Mafia morta
(Di Constanze Reuscher)
Apre oggi il Museo della Mafia dedicato a Leonardo Sciascia a Salemi.
“La forza inaugurale per il Museo della Mafia è immaginare la mafia morta, un po’ come succede per il Museo dell’Olocausto“. Parole di Vittorio Sgarbi, critico d’arte più “popolare“ d’Italia e per ora anche sindaco di Salemi in Sicilia a proposito del nuovo Museo della Mafia “Leonardo Sciascia”, ideato da lui e Oliviero Toscani. Quando due come loro hanno un progetto in comune non può che uscirne una provocazione o almeno un progetto dai colori e toni forti. Infatti, il museo è già oggetto di polemiche prima di aprire le porte al pubblico, cominciando dal marchio: una macchia di sangue a forma di Sicilia, classico stile Toscani.
Taglierà il nastro il presidente Giorgio Napolitano che sarà oggi a Salemi per la celebrazione del 150° anniversario dell’Unità d’Italia. La cittadina fu la prima “capitale“ d’Italia dove Giuseppe Garibaldi il 14 maggio del 1860 fece inalberare il tricolore. Ed è anche questo occasione per un altra “sgarbiata“, in onore della ricorrenza: ci saranno 1000 ragazzi in camicie rosse a salutare il Presidente mentre una banda suonerà l’inno d’Italia.
Il Museo della Mafia si snoderà lungo 12 sale tematiche al primo piano del Ex-Collegio dei Gesuiti in pieno centro storico di Salemi, diretto da Nicolas Ballario.
Non è un museo di reperti, ma un evento multimediale – revocativo, progettato dall’artista Cesare Inzerillo, già sceneggiatore di Ciprì e Maresco. Anche lui è presente con le sue opere, le famose mummie di Mafia, così come nella sala Palermo felicissima, una sorta di rievocazione della Palermo antica poi distrutta dall’abuso edilizio, dove Inzerillo ne ha riprodotto uno, un tunnel con le fotografie della Palermo devastata dall’edilizia selvaggia che culmina nella mummia di un morto ammazzato dalla mafia incastonato in un pilone di cemento. C’è il percorso cronologico, lungo le più importanti prime pagine dei giornali italiani che hanno riportati storie e stragi di Mafia degli ultimi 150 anni. C’è l’artista belga Patrick Ysebaert che ha riprodotto in 80 opere le più celebri vittime di mafia, con l’occhio dello straniero. C’è la sala dell’eolico, scempio del paesaggio meridionale della Sicilia ad opera di poltici corrotti e Mafia.
Ma il pezzo forte del museo è la sala delle dieci cabine, stile cabine elettorali anni cinquanta, un percorso sensoriale per percepire attraverso immagini, video e allestimenti quello che significa Mafia, quasi sulla propria pelle: le stragi, la famiglia, il rapporto con politica e il ruolo della religione, l’acqua, la sanità, l’informazione, il carcere. Si entra, una alla volta, per tre minuti. “La sala è tutta al buio per provare sensazioni forti, si sente perfino la paura“ commenta Sgarbi. E c’è anche una sala del museo è dedicata ai dipinti del pentito Gaspare Mutolo che avrebbe confessato a Sgarbi di essere l’autore di tutti i quadri del Boss Luciano Liggio. Scoop di dubbio gusto ma Sgarbi ne va orgoglioso: “Ho scoperto il Ghostpainter del Boss-pittore“.
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