Andreotti e il giudice Carnevale: intrighi trapanesi nel Palazzo di Giustizia

Vignetta di Andreotti da Mediapolitika
È notizia di questi giorni. Il senatore a vita Giulio Andreotti che è uscito assolto (e prescritto) dal processo di mafia istruito dalla Dda di Palermo, e da quello sull’omicidio del giornalista Mino Pecorelli (Corte di Assise di Perugia), è finito condannato per diffamazione (2 mila euro di multa). «Vittima» (risarcita con una provvisionale da 20 mila euro) il giudice Mario Almerighi. La vicenda affonda le radici in un processo che riguarda misfatti di un ex giudice trapanese. L’ex pm Antonino Costa, finito nel 1985 in manette per corruzione. Sarebbe stato corrotto in un periodo in cui lavorava fianco a fianco con un magistrato poi ucciso dalla mafia, Gian Giacomo Ciaccio Montalto. Castellammarese, oggi Antonio Costa lavora facendo l’avvocato.
Andreotti è stato condannato per avere definito Almerighi «pazzo» e «falso teste», dopo la testimonianza di questi nel processo dove il senatore era imputato a Palermo. Almerighi riferì dei contatti tra il senatore e il presidente di Cassazione, Corrado Carnevale, svelò la confidenza ricevuta da un suo collega, Piero Casadei Monti, allora capo di gabinetto del ministro della Giustizia Virginio Rognoni. E il «segreto» svelato passava per l’indagine sul giudice Costa, arrestato nel 1985. Accadde che la Cassazione, presidente Carnevale, accogliendo una richiesta di Costa, fece celebrare il processo a Messina, sottraendolo alla competenza del Tribunale nisseno. La cosa portò il pm che indagava, Claudio Lo Curto, a fare un esposto al Csm e al ministro Rognoni. Ma tutto finì in archivio.
Secondo la testimonianza di Almerighi, il Csm avrebbe insabbiato il «procedimento», stando alle confidenze del capo di gabinetto del ministro, «per le pressioni di Andreotti» che all’esito di questa testimonianza rispose dandogli del pazzo. Il 1985 e Trapani non portano bene ad Andreotti. Nell’agosto di quell’anno un suo incontro riservato all’hotel Hopps di Mazara con il giovane Andrea Manciaracina, figlio di boss e lui stesso destinato a diventare capo mafia, finì «registrato» nella relazione di servizio di un poliziotto, fatto per il quale ad Andreotti i giudici di Palermo hanno applicato la prescrizione nel processo per mafia. L’incontro ci fu, ma il tempo trascorso non ha permesso ai giudici di sanzionarlo, resta la prescrizione. E quella relazione di un ispettore di Polizia.
Andreotti e le raccomandazioni presso il giudice Carnevale…
Ma tutto finì in archivio. Secondo la testimonianza di Almerighi, il Csm avrebbe insabbiato il «procedimento», stando alle confidenze del capo di gabinetto del ministro, «per le pressioni di Andreotti» che all’esito di questa testimonianza rispose dand…