Tutti i limiti del contrasto alla ’Ndrangheta al Nord
(Tratto da Calabria Ora – di Paolo Pollichieni)
Continua ad accumulare pericolosi ritardi ed a manifestare preoccupanti limiti operativi l’attività di contrasto alle infiltrazioni mafiose, ed in particolare a quelle condotte dalla ’ndrangheta, nei cantieri delle grandi opere da realizzare tra Piemonte e Lombardia, nonché alle infrastrutture connesse con Expo 2015. Questa volta a sottolinearlo è una relazione riservata che la speciale commissione interministeriale posta a garanzia dei controlli antimafia su tali opere ha spedito al Presidente del Consiglio dei ministri ed ai ministri dell’Interno e delle Infrastrutture. Insomma il “governo del fare” sembra che sul fronte del contrasto alle infiltrazioni mafiose si stia pericolosamente fermando alle parole.
Già dell’intrusione della ’ndrangheta negli appalti lombardi si era accorto con ritardo, se è vero come è vero che addirittura il ministro Maroni è intervenuto sul problema dopo che se ne era occupato, nel suo discorso di Sant’Ambrogio, persino l’arcivescovo Dionigi Tettamanzi. Sembrava, però, che sia pure in ritardo lo Stato avesse capito la portata del problema e adottato le giuste contromisure, visto che ai primi di gennaio il ministro dell’Interno, Roberto Maroni insediava una struttura di vigilanza per l’Expo. Struttura che si basa sul Comitato di coordinamento per l’alta sorveglianza sulle grandi opere pubbliche e su un gruppo interforze centrale per l’Expo 2015 (Gicex), cui spetta il compito investigativo e di cui fanno parte rappresentanti di polizia, carabinieri, guardia di finanza e direzione investigativa antimafia.
La parte normativa, invece, è affidata ad un comitato composto da un esperto della materia, un rappresentante della Prefettura, uno del dipartimento della pubblica sicurezza, uno della Direzione nazionale antimafia, un membro nominato dal ministero per le Infrastrutture, un altro dall’autorità per la vigilanza sui contratti pubblici di lavori, servizi e forniture, e un rappresentante del Provveditorato interregionale per le opere pubbliche. Il primo compito assegnato al comitato, secondo quanto riferiva il ministro Maroni, era la redazione di una “white list” della quale faranno parte le società non a rischio di inquinamento mafioso: «Sarà una rivoluzione nell’attribuzione degli appalti pubblici – ha spiegato il ministro leghista – e anche una rivoluzione culturale».
Tali annunci sono stati accolti con entusiasmo dall’amministratore delegato di Expo 2015 Spa, l’ex ministro Lucio Stanca: «È un forte segnale di attenzione istituzionale mi sento molto rassicurato dall’insediamento di un organismo di questo tipo, perché l’Expo è un’occasione molto importante per il sistema Italia e deve essere gestita nel modo più trasparente ed efficace nell’ambito della lotta contro il pericolo di infiltrazioni mafiose o di qualsiasi altra organizzazione criminale». Sta di fatto, però, che ad oggi della “white list” non si ha notizia ed arriva, invece, la preoccupata “informativa” del Comitato di sorveglianza che lamenta la «mancata trasmissione di atti delicati» nonché la difficoltà a «blindare opere che in gran parte sono già state avviate all’appalto». I lavori in ballo sono quelli per i padiglioni; per la nuova tangenziale Est (Tem); la Brebemi e la Pedemontana (che collega Varese e Bergamo evitando di passare per Milano).
Valutare, ad esempio, gli affidamenti delle opere collaterali e dei subappalti, appare difficile in una situazione dove già esiste «un grave conflitto d’interessi già solo per la Pedemontana: alla fine della gara d’appalto c’era un’offerta di 630 milioni per l’Impregilo, società controllata dalla famiglia Benetton (che hanno un’opzione per rilevare il 32% di Pedemontana), il gruppo Ligresti e l’imprenditore Gavio (azionista di minoranza della Milano Serravalle mentre l’azionista di maggioranza è la Provincia di Milano) che possiede anche la Pedemontana Lombarda Spa, (la società che ha promosso la nuova autostrada). Ma l’appalto prevedeva che i partecipanti non potessero trovarsi in situazioni di controllo o di collegamento diretto o indiretto con Pedemontana. Il presidente di Pedemontana, Fabio Terragni, aveva spiegato che la società aveva richiesto ai propri legali di valutare la legittimità dell’offerta Impregilo, ma intanto questo vorticoso gioco di specchi e scatole cinesi impedisce un controllo organico dei subappalti.
Eppure proprio attorno a tali opere sono già state segnalate attività di piccole imprese anonime direttamente o indirettamente legate alla ’ndrangheta e segnatamente alle famiglie mafiose della Locride e del Crotonese. Il risultato è che adesso, secondo il giudice Guido Salvini, il rischio che la ’ndrangheta possa mettere le mani sugli appalti è molto alto.