Rosaria Capacchione: ci sarà una prova di forza dei casalesi

(Tratto dal Blog di Paolo De Chiara)

La giornalista de il Mattino, minacciata di morte dalla camorra, dopo la conferma degli ergastoli ai casalesi, ipotizza una nuova stagione di morte e di vendette sanguinarie. “Prevedo che ci possa essere qualcuno che per diventare il capo assoluto faccia determinate cose. Compreso anche quello che non ha fatto Sandokan. Cioè fare ammazzare a suo tempo i primi pentiti, oppure le persone minacciate”.

“Penso che ci sarà una prova di forza dei casalesi, non subito ma quando dovranno rifare gli organigrammi”. Dopo la sentenza della Corte di Cassazione, che ha ribadito gli ergastoli agli uomini del clan dei casalesi (tra cui Antonio Iovine e Michele Zagaria, oggi ancora latitanti), la giornalista de Il Mattino Rosaria Capacchione, che vive sotto scorta per le minacce di morte della camorra, ipotizza una nuova guerra. Per il predominio. Per ribadire la forza brutale e animalesca di questi gangster-manager del crimine. La giornalista ha ribadito la sua posizione ad Isernia, durante la presentazione del suo libro “L’Oro della Camorra”. Ritrovato sul comodino del killer Setola, durante il blitz per il suo arresto. “Nei luoghi dei latitanti vengono sempre trovati libri sui boss, grandi o piccoli, elogiativi o di collana. La loro parte vanesia esce fuori. Setola ci sarà rimasto male. L’ho trattato da killer, gli ho dato una parola in una nota. E’ un sanguinario, utilizzato dai capi per mettere gli investigatori a seguire la preda sbagliata. Ha fatto un sacco di morti. Ha seminato il terrore. Nel frattempo Zagaria e Iovine continuano ad essere latitanti da quasi 15anni”.

Dopo gli ergastoli per i casalesi diventati definitivi, con la sentenza della Cassazione, e dopo i nuovi episodi di minacce ai magistrati, ai giornalisti e al Capo dello Stato si comincia a respirare un’aria molto pesante. Le mafie stanno uscendo allo scoperto con azioni militari. Cosa potrebbe accadere, soprattutto dopo i 16 ergastoli, nei territori controllati dalla camorra?
“Il giovane Schiavone non è molto amato dagli altri capi. Lui si è arrogato il titolo di capo reggente per diritto di sangue. Sta ordinando estorsioni a tappeto, caratteristica che non appartiene ai casalesi. All’interno del paese hanno lasciato la franchigia. Non si pagava, fino a poco tempo fa, il pizzo. Avrebbe chiesto soldi anche agli amici del padre. Una strategia per raggranellare molti soldi velocemente, ma che poi crea malcontento. Significa che una sua teorica latitanza, se mai qualcuno dovesse arrestarlo, avrebbe vita più breve perché non ha creato consenso intorno a sé. Il problema a Casal di Principe è proprio il consenso. Prevedo che ci possa essere qualcuno che per diventare il capo assoluto faccia determinate cose. Compreso anche quello che non ha fatto Sandokan. Cioè fare ammazzare a suo tempo i primi pentiti, oppure le persone minacciate. Penso che questo potrebbe accadere. Sia ragionevole che questo accada. Spero di sbagliarmi, anzi spero che vengano arrestati quei due (Michele Zagaria e Antonio Iovine, i capi latitanti del clan dei casalesi, n.d.r.) così abbiamo risolto parzialmente il problema. Altrimenti questi ergastoli non hanno nessun effetto sulla situazione dell’ordine pubblico. Stiamo parlando di persone o che sono già detenute, alcune delle quali già con ergastoli definitivi in altri processi, o latitanti. Sappiamo che Sandokan non uscirà mai più. Dovrà per forza lasciare le consegne al figlio o al nipote. Sta al 41bis, non può parlare con nessuno, la moglie sta ai domiciliari. Sarà obbligato. Non so se questo sarà un passaggio indolore”.

Roberto Saviano su Repubblica ha scritto: “contro le mafie gli immigrati sono più coraggiosi di noi. Sembrano avere un coraggio che gli italiani hanno perso poiché per loro contrastare le organizzazioni criminali è questione di vita o di morte”. Condividi il pensiero dell’autore di “Gomorra”?
“Loro sono certamente più disperati di noi. Devono scegliere se vivere o morire. La sera che ci fu la strage, 18 settembre 2008, a Castelvolturno ero lì. Ho visto la scena che non era quella solita. Loro non hanno perdonato il fatto che si andassero ad ammazzare persone che lavoravano”.

La camorra è un problema che interessa tutti. Non solo i territori della Campania o del Sud Italia. E’ molto significativo il sottotitolo del tuo libro “L’Oro della Camorra”. Si legge: “Come i boss casalesi sono diventati ricchi e potenti manager. Che influenzano l’economia di tutta la Penisola, da Casal di Principe al centro di Milano”. Dove è diventata realtà questa industria del crimine?
“E’ già diventata realtà in Toscana, Emilia Romagna, in una parte della Lombardia, in una parte del Veneto dove ci sono insediamenti forti e consistenti dei casalesi, ma anche di imprenditori compiacenti che trovano molto più agevole non rivolgersi alle banche per fare investimenti, di fare una società a capitale misto. Questo significa avere manodopera garantita, non ci sono scioperi, con straordinari a nero. Con manovalanza esperta. Loro si sono insediati lì. Sono delle città completamente nelle mani dei casalesi: Modena, Parma, Reggio Emilia. Ancora il prefetto lì continua a dire che la camorra non c’è, anche se sono passati alla criminalità violenta, cioè omicidi, gambizzazioni e non solo attività di riciclaggio. Il figlio di Sandokan è quello che gestisce quella zona. I suoi referenti erano Raffaele Diana e Giuseppe Caterino. Questi due sono stati arrestati. Il figlio di Sandokan non ancora. Speriamo presto. Lì hanno delle basi forti. E gli imprenditori sono alla seconda generazione di riciclaggio. Soldi che alla fine entreranno nel circuito legale, perché tra dieci anni non li prendi più”.

Nel tuo libro, a pagina 84, si legge: “All’epoca io avevo la disponibilità di circa 500mila euro che erano rientrati dall’estero grazie allo “scudo fiscale” e che erano transitati sulla Banca Commerciale di Parma, filiale di via Montanaro”. E’ Bazzini (il socio di Pasquale Zagaria), nel 2006, a raccontarlo al pm della Dda di Napoli Raffaele Cantone. Come si può fare la lotta alla criminalità se poi viene utilizzato di frequente l’istituto del condono?
“L’ultimo condono sembra particolarmente scandaloso. Allo Stato, per altro, rientra solo il 5%. In cambio ha messo la pietra tombale su tutti gli accertamenti passati, presenti e futuri. Hanno aiutato chi è che ha i soldi all’estero nascosti. Nella migliore delle ipotesi stiamo parlando di evasori fiscali. Più delle volte parliamo di camorristi, mafiosi, ‘ndranghetisti. Quando ho scritto “L’Oro della Camorra” avevo di fronte a me un passaggio di un inchiesta su Bazzini, un imprenditore di Parma socio di Pasquale Zagaria (il fratello del super-latitante) una richiesta di rinvio a giudizio per riciclaggio per un promotore finanziario di Fideuram. Si era scoperto che Pasquale Zagaria aveva il sogno di tutte le donne del mondo: una carta di credito illimitata. Girava con una carta di credito che non faceva riferimento a nessun conto. Trovata durante una perquisizione, si è scoperto che questo conto portava a un incartamento che aveva questo promoter e da questo promoter si arrivava al nulla. Una concessione fatta dalla Banca Fideuram, che ha la sua sede principale in Lussemburgo, dove i controlli sono impossibili. Non rispondono alle rogatorie. Ignorano le richieste dei magistrati. Il promotore finanziario, nonostante il processo in corso per riciclaggio, è ancora dipendente di Fideuram e non è stato mai sospeso da Consob. C’è un apparato del nostro sistema bancario che è colluso sapendo di essere colluso. E con l’intenzione di farlo. Questo signore continua a lavorare per la stessa banca, quindi continua a fare operazioni del genere. E nel caso specifico lo ha fatto nonostante sia stato fermato in una discoteca che gestiva, ma la proprietà era di un altro signore camorrista, sempre del clan dei casalesi. In questo contesto cadono le braccia. Lo scudo fiscale serve a questi. I soldi di Pasquale Zagaria sono in Lussemburgo, ma non si possono prendere. Mi sembra questo un problema serio. Lui certo non farà lo scudo fiscale. Li conserva lì in attesa di tempi migliori. Che arriveranno tra qualche anno. Lui è detenuto, non ha una condanna infinita da scontare. Anzi se continuano a rinviare il processo di appello esce anche per decorrenza termini. E si va a riprendere i suoi soldi e, quindi, rifonda molto rapidamente il suo impero. Ma se non lo fa a febbraio per decorrenza termini lo farà fra tre anni perché sarà libero per aver scontato la pena. Abbiamo le mani legate nei confronti dei grossi conti, dei depositi importanti che sono all’estero e dobbiamo subire il rientro vero o finto che sia di altri capitali che fanno riferimento a persone fisiche che sono prestanome a delinquenti che rientrano in Italia e che inquinano l’economia”.

Perché nella lotta alle mafie si resta da soli, correndo il rischio di essere ammazzati?
“Il problema di chi è stato ucciso è che era solo. Lavorava in solitudine. Non necessariamente per cattiva volontà. Passava per lo scemo del villaggio che si sacrificava intorno ad un’idea. La base del nostro mestiere è rispondere a cinque semplici domande: chi, come, dove, quando, e perché. Questo non significa fare l’eroe, significa fare il giornalista. Non servono i passacarte. Le aziende tendono ad assumere i passacarte e a far fare all’esterno il lavoro, perché il collaboratore esterno può essere mandato via in qualsiasi momento. L’approfondimento puoi farlo solo chiedendoti “perché”. Ma questo ai ragazzi non si insegna più”.