Pizzolungo, Trapani. Margherita Asta ricorda la strage del 2 aprile 1985

Partimmo con i padri (Ida Gallo)
2 aprile 1985, a Trapani un’autobomba della mafia uccide una madre e i suoi due figli gemelli di sei anni. Il tritolo era destinato al magistrato Carlo Palermo. L’ex giudice oggi riceverà la cittadinanza onoraria.
Ci sono persone semplici alle quali la storia tragica di questo Paese, quella fatta di mafie e stragi impunite, ha inferto ferite terribili. Margherita Asta è una di queste. Oggi è una giovane donna dal volto solare. Vive a Trapani. Parla e non spreca mai le parole, ma riesce a metterti in imbarazzo quando alla fine della conversazione ti dice che «dopo l’uragano esce sempre il sole. Bisogna sperare perché la battaglia è ancora lunga».
Il 2 aprile del 1985, Margherita ha poco più di dieci anni. Alle otto del mattino la sua casa è invasa dall’allegra confusione di Salvatore e Giuseppe, i suoi fratelli, gemelli di sei anni. Margherita rischia di far tardi a scuola e l’accompagna una vicina. I gemelli usciranno invece con l’utilitaria della mamma Barbara.
Sono le 8 e mezza quando due macchine vanno a prendere un magistrato. Si chiama Carlo Palermo è avellinese ma viene da Trento. Lì ha indagato su un traffico di morfina base proveniente dalla Turchia e destinata alle cosche della mafia siciliana specializzate nella produzione dell’eroina, «la bianculidda».
La droga lavorata dalla Sicilia viene spedita aMilano, da qui agli Stati Uniti. Un grande business.Ufiume di danaro che serve a finanziare altri traffici, armi soprattutto, e che produce altri soldi, che si intrecciano col giro delle tangenti della politica. Palermo mette le mani su tutto questo, tocca santuari importanti, viene processato dal Csm. Un importante leader politico, Bettino Craxi, si augura che venga condannato.
Da Trento, il giudice decide di farsi trasferire a Trapani. Per continuare a indagare su mafia, massoneria e politica. Sono da poco passate le otto e mezza quando le macchine del magistrato e della sua scorta sfrecciano per il rettilineo di Pizzolungo. Carlo Palermo è nella città siciliana da cinquanta giorni e ha già collezionato una serie di minacce. Gli agenti dela scorta sono nervosi – due anni prima a Trapani era stato ucciso un altro magistrato, Giacomo Ciaccio Montalto, anche lui indagava su mafia e sistemi di potere – non possono rallentare e quella utilitaria con una donna e due bambini seduti dietro va troppo piano.
La sorpassano.
Parcheggiata sul ciglio della strada c’è una golf con venti chili di tritolo nel bagagliaio. Qualcuno preme il tasto di un telecomando. È l’inferno.
La macchina della famiglia Asta viene investita in pieno, fa da scudo all’auto che porta il magistrato. Carlo Palermo viene sbalzato fuori, è sotto choc ma si salva. Di Barbara Asta e dei piccoli Giuseppe e Salvatore restano solo frammenti. Una macchia rossa al quarto piano di un palazzo, pezzi di corpi sparsi. Anche Margherita si salva: è passata in quello stesso punto un quarto d’ora prima.
«Da allora sono stata catapultata nel mondo degli adulti. Avevo dieci anni e mezzo, mi impedivano di vedere la tv con le immagini della strage, ma leggevo i giornali di nascosto. Parlavano di mafia, di droga, di miliardi di lire calcolati a migliaia, di magistrati e poliziotti da ammazzare.
Vedevo le foto del giudice Palermo nel suo lettino di ospedale, il suo volto scavato e mi chiedevo perché. Perché mia madre, i miei fratellini, cosa c’entravano loro con questa guerra? Ricordo miopadre e le parole che non ci siamo mai dette. E ho tanti rimpianti. Voleva proteggermi dal dolore e solo una volta mi ha detto una frase che non dimenticherò mai: “Noi abbiamo una piaga dentro che ci porteremo per tutta la vita”.
Nel 2003 chiesi a un pmdi farmi vedere le foto dei resti della macchina di mia madre e dei gemellini. Sono stata male per giorni. Bestie, cosa avevano fatto! Oggi la mafia non uccide più,ma è cambiato poco, le mafie ti negano i diritti più elementari. Dove comandano loro anche il diritto a una vita normale è compromesso. Ricordo che nel 2006 rilasciai una intervista a “La Stampa” e quando mi chiesero se avessi voluto incontrare il giudice Carlo Palermo io risposi di sì. Don Luigi Ciotti organizzò tutto, ci vedemmo, ci stringemmo a lungo la mano e parlammo tanto. Le nostre vite erano state devastate dalla mafia, lui mi parlò dei suoi sensi di colpa e di quella lacerazione che si porterà dentro per tutta la vita. Ci consolammo a vicenda.
Quando accadono le stragi i familiari delle vittime ricevono tanta solidarietà, poi vengono lasciati soli. È un fatto privato, pensa la gente. L’anno scorso il senatore D’Alì disse che la mafia serve a quell’antimafia che genera posti di lavoro. C’erano le elezioni e a Trapani non sta bene parlare di mafia e affari in campagna elettorale. Cosa è cambiato? Poco, non uccidono più perché non è più necessario. La mafia tiene in ostaggio l’Italia. Ma esce il sole, dopo l’uragano esce sempre il sole».
Il 2 aprile la strage di Pizzolungo verrà ricordata con una fiaccolata e un dibattito.
Il Comune di Erice conferirà la cittadinanza onoraria al giudice Carlo Palermo. Margherita Asta ci sarà col suo carico di dolore e di speranza.
(Tratto da l’Unità del 2 aprile 2009)