Nola. La sfida collettiva e la libreria sgarrupata

Books (Miguel Herranz)(Tratto da Il Fatto Quotidiano – di Nando dalla Chiesa)

Questa non è la storia di una persona. E nemmeno quella di un’associazione. È la storia di una sfida collettiva. Generosa, faticosissima. Che ha per teatro una città di trentatremila abitanti, terra natia del presidente della Repubblica ma anche di capi camorra che hanno marchiato a sangue la vita della Campania.
Nola, un pezzo di storia in provincia di Napoli. Qui venne a morire Ottaviano Augusto (il Duce ne donò una statua alla cittadinanza), qui presero il via i moti risorgimentali del ’20-’21. Qui fondò il suo impero Carmine Alfieri, alla guida della “Nuova famiglia” per contestare vittoriosamente la supremazia criminale a Raffaele Cutolo. Nola, che oggi schiera le sue buone fanterie per riconquistare spazi alla legalità negli anni più difficili, quelli della crisi economica e dei fulmini contro la giustizia.

Rosaria Barone è una signora che non ha nulla dell’imprenditrice. Modesta e sempre sotto traccia, ha in centro una libreria della catena Guida. Alla cassa uno dei tre figli. Si visita tutto in due minuti. Chi arriva dalla grande città la direbbe una libreria sgarrupata. Niente pile di volumi di successo, niente classifiche dei titoli più venduti, nessuna frenesia estetica. Per una ragione semplice. Qui di libri non se ne vendono. Drammaticamente. Basta leggere le statistiche, basta leggersi Tullio De Mauro. La Campania e il sud della provincia. Ci sarebbe da dire punto e basta.

Rosaria, che due anni fa ha preso questa libreria in passivo, il punto e basta invece non lo dice. E ha stretto una santa alleanza con un gruppo di insegnanti donne per promuovere la lettura, la cultura, e reggere lo scontro con la celebre tivù deficiente, i cui studi appaiono ogni giorno inondati da ragazzi del sud (anche se qui, un po’ campanilisticamente, dicono che sono soprattutto ragazzi siciliani).

Come? La ricetta è quella di invitare sul posto persone conosciute, di chieder loro di presentare i propri libri a Nola e farle incontrare con gli studenti delle superiori. I quali si presentano “già imparati”, ovvero con lettura dei libri (e film e discussioni) alle spalle, aiutati dalle prof e da generosi sconti della libreria. Facile, si dirà. No, invece. È un’impresa titanica. Perché a Nola sono pochissime le persone famose che ci vogliono andare.
“Mi creda, a volte viene lo sconforto. Telefonate su telefonate, segreterie, case editrici, richiami, ci mandi un fax, abbiamo perso la mail, settimane, mesi per poi sentirsi dire di no. O personaggi televisivi a cui paghiamo faticosamente il viaggio e l’ospitalità che all’ultimo momento ti dicono che l’incontro coi ragazzi no, magari mi fermo mezz’ora in libreria. Non te lo dice nessuno ma si capisce: mica sono gli studenti del famoso liceo di Roma o Milano… Eppure è qui il luogo del bisogno. Qui serve che i personaggi famosi ci aiutino a farli leggere, in definitiva promuoviamo i loro libri, ma loro ci rispondono che tanto i libri li vendono lo stesso”. Una mancanza di generosità che porta però a perdersi spettacoli entusiasmanti, le domande geniali che nascono in crogiuoli sociali inesplorabili.

“Sarebbero mai possibili risultati come questi se non avessimo insegnanti disposti a dare più di quanto ricevano con il loro stipendio? Se non esistesse questa scuola pubblica che continua a prendere schiaffi in faccia dall’alto? Il senso delle istituzioni lo costruiamo sin da qui”.

A parlare così è Pina Buonaiuto, la preside dell’Iptc “Umberto Nobile”, che con le colleghe dei licei “Medi” di Cicciano e “Albertini” di Nola fa da traino a queste operazioni di sensibilizzazione civile. Sospira Rosaria Barone: “Fortunatamente da pochi mesi la nuova amministrazione comunale ci sostiene, ci daranno dei contributi, prima non l’aveva mai fatto nessuno”. E l’ascoltatore subito si immagina che finalmente sia andato al governo della città il centrosinistra, con uno dei suoi classici, appassionati assessori alla cultura targati Pd. Invece è andato al governo il centrodestra, giusto per capire che non è per definizione una iattura. “Queste sono le cose da sostenere”, spiega il sindaco Geremia Biancardi, avvocato Pdl. “È bello vedere i ragazzi mobilitarsi. Guai a non aiutarli in questa età. Pensi che io alla mattina ricevo decine di persone che chiedono un lavoro. E cambiano ogni giorno. Qui la camorra è un fatto imprenditoriale. Un disoccupato può rifiutarsi di spacciare; ma secondo lei ci pensa più di due mesi se deve lavorare in un’impresa o un centro commerciale messi su con i soldi della camorra?”. Annuisce l’assessore ai Beni culturali Maria Grazia De Lucia, una prof anche lei. La sensazione è che si stia formando in città una linea di resistenza nuova.

Sensazione che diventa più forte parlando con i rappresentanti dell’Arma, un maresciallo qui in servizio da tempo ma che si attiene ancora alla norma di non farsi fotografare in allegria a feste e ristoranti e un giovane capitano romano che della camorra imprenditrice ha capito tutto in pochi mesi. E poi la giustizia. È da poco arrivato a Nola come procuratore capo Paolo Mancuso, che a Napoli ha condotto una lunga lotta ai clan. Insomma, è come se si fosse realizzata una di quelle combinazioni umane (purtroppo sempre provvisorie) che hanno fatto la fortuna civile di città grandi e piccole. Una Nola diversa da quella dove imperversava Carmine Alfieri. Dove anche l’ultimo clan, quello dei Russo, ha appena subito colpi decisivi. Novità grandi, importanti.

E al centro della rinascita, invece di un leader politico o un palazzo di giustizia, una indomita libreria sgarrupata.