Molise. Terra di conquista e di omertà

(di Paolo De Chiara)

Il Molise non è più un’isola felice. La criminalità organizzata da diversi anni fa affari in questa Regione. L’ultima operazione della GdF di Caserta dimostra i collegamenti tra il clan dei casalesi e la provincia di Isernia. Per Armando D’Alterio, Procuratore Capo di Campobasso: “questo pericolo c’è, ma può essere ancora scongiurato facendo appello alle migliori forze della cittadinanza e della buona politica”. Per il pm Fabio Papa: “C’è bisogno del morto, spesso, perché nasca un’indagine, perché nasca un filone. Noi non abbiamo neanche il morto, fortunatamente. Ma paradossalmente è ancora più difficile. Perché qui non denuncia nessuno, non parla nessuno”.

Il Molise “è comunque una realtà che subisce l’influenza come terra di conquista”. In questo modo si è espresso ad Isernia il Procuratore Capo della Procura di Campobasso, Armando D’Alterio. Stiamo parlando dell’ex pm anticamorra che si è occupato nella sua carriera anche dell’omicidio di Giancarlo Siani. Il giornalista-giornalista de Il Mattino, ucciso dalla camorra perché il suo lavoro infastidiva le cosche. Oggi il magistrato D’Alterio, che veste i panni di Procuratore Capo, è in Molise. Nella Regione, come ha dichiarato, l’ex presidente della commissione antimafia Giuseppe Lumia (oggi componente della commissione antimafia) dove: “si scopre che il clan più potente della camorra oggi, che è quello dei casalesi, era qui. E certamente non erano qui solo per villeggiare, per godersi le vostre stupende bellezze naturali. Erano qui per trafficare. A mio avviso per riciclare. Per investire. Perché il clan dei casalesi è uno dei clan non solo più potenti sul piano militare, della violenza, ma è uno dei clan italiani più potenti nelle infiltrazioni nei settori dell’economia e della stessa politica”.

Le mafie sono arrivate da diversi anni. E molte operazioni in Molise sono state compiute dalle forze dell’ordine. L’ultima, in ordine di tempo, ha visto coinvolto direttamente un esponente del clan dei casalesi, Giuseppe Diana. L’operazione del Comando della Guardia di Finanza di Caserta ha portato al sequestro di beni pari a 40milioni di euro. Legami sono stati registrati nella provincia di Isernia. E proprio nel capoluogo pentro il 22 gennaio scorso, l’Associazione I Care, insieme a il Ponte, ha organizzato una manifestazione dal titolo “L’Oro della Camorra… in Molise!”. Dove hanno partecipato ad un dibattito pubblico la giornalista de Il Mattino Rosaria Capacchione, il pm di Campobasso Fabio Papa, il procuratore Armando D’Alterio e lo studioso Umberto Berardo. È stato chiaro il nuovo procuratore: “sono convinto che per il Molise si possa fare moltissimo. Non dico che siamo arrivati in tempo prima della catastrofe perché non abbiamo questa impostazione mentale da ultima spiaggia. La magistratura e neanche le forze dell’ordine devono avere mai l’ardire di presentarsi come risolutori dei problemi.

Abbiamo bisogno sempre costantemente e dell’appoggio dell’opinione pubblica e, soprattutto, dell’appoggio di chi può stimolarla come la stampa. Una libera stampa, ovviamente, ispirata all’articolo 21 della Costituzione. Di questo abbiamo particolarmente bisogno. Anche nel Molise. La realtà non è paragonabile a quella siciliana e calabrese. È comunque una realtà che subisce l’influenza come terra di conquista. Ma proprio perché è ancora terra di conquista e non è diventata ancora una roccaforte definitiva, stabile e strutturata. È ancora una terra nella quale la criminalità è nettamente distinta. O meglio non ha i collegamenti con la società civile che ha in queste Regioni in cui mafia e camorra diventano mafia nel momento in cui si crea un legame strutturato rispetto ai pubblici poteri, una capacità stabile e pericolosissima di determinare la politica e l’economia”.

Probabilmente il dibattito sulla presenza delle mafie non interessa. Poco si scrive e poco si fa per mettersi di traverso. Le dichiarazioni dei due magistrati, fanno ben capire la situazione che si sta creando in questa piccola Regione, dove secondo il pm Papa “nessuno denuncia, nessuno parla”. In fatto di omertà il Molise “non è secondo a nessuno”. Il quadro è allarmante. Se si continua a osservare dalla finestra, questi manager del crimine avranno terreno libero per continuare i loro sporchi affari e per potenziare la loro azione sul territorio. Ma come ha spiegato il dott. D’Alterio: “questo pericolo c’è in Molise, ma è un pericolo che può essere ancora scongiurato facendo appello alle migliori forze della cittadinanza e della buona politica. Per il Molise è opportuno il collegamento a Falcone e Borsellino. Grazie non solo ai loro risultati di indagine ma anche alla loro intensa opera di sensibilizzazione che portò alla creazione istituzionale di pool antimafia, cioè della Direzione Nazionale Antimafia e delle Direzioni Distrettuali Antimafia.

Proprio laddove la criminalità organizzata non è ancora stabilmente strutturata sul territorio come in altre Regioni, il coordinamento investigativo con le Regioni da cui partono queste continue minacce, queste continue infiltrazioni, questi continui attentati all’economia e alla buona politica ha bisogno di questo coordinamento. Proprio attraverso il coordinamento e lo scambio di informazioni il Molise, che non è Regione geneticamente produttiva di una criminalità paragonabile a quella campana, palermitana e pugliese può ottenere quei contributi di collaborazione e quello scambio di informazioni che sono necessari per individuare le penetrazioni geografiche”. La testimonianza diretta del pubblico ministero Fabio Papa è interessante per capire la mentalità che esiste in Molise: “Sono in questa Regione dal 1993. E devo dire che c’è qualcosa che prende drammaticamente nel segno laddove noi pensiamo che il Molise nella sua piccolezza, nella sua, per certi versi, estrema chiusura che c’è stata anche storicamente con gli anni, ha sviluppato una mentalità di un certo tipo che in parte riflette purtroppo quello che sono degli aspetti deteriori degli italiani in genere, cioè quello di caratterizzarsi per il vizio privato e per la pubblica virtù.

A parole siamo tutti rispettosi, crediamo tutti nei capisaldi assolutamente della legalità come presidio di una società, come dice Gherardo Colombo, orizzontale e non di una società verticale. In realtà nella vita privata ognuno, nella propria attività familiare e sociale, alla fine persegue degli interessi particolari e questo sempre di più con il decadere anche culturale della società, favorito dall’impoverimento di quelle che sono le motivazioni collettive. Quando ci si rinchiude nel proprio particolare, per difesa spesso, non necessariamente perché si è cattivi, si va a finire che alla fine siamo tante persone isolate, la legalità va a farsi benedire e seguiamo il corso.

In Molise questa caratteristica mi pare abbastanza ricorrente. Politica qui in Molise, non faccio riferimenti a persone, è diventata sempre più con il tempo distribuzione di favori, assegnazione di posti, di privilegi. “A te che stai con me si, a te se non stai con me no”. Non c’è più l’ideologia, non c’è più una scelta di vita che esprime valori individuali di un certo tipo anziché di un altro. Non faccio riferimenti. Parlo da cittadino, non da magistrato. Mi pare di poter cogliere che la dimensione legalitaria sta veramente un pochino tramontando. Occorre recuperarla davvero e non solo a parole”. Bisognerebbe ripartire da qui. Dalla perduta “dimensione legalitaria”. Senza mettere in mezzo la dignità o l’onestà dei molisani. La denuncia serve a far accendere i riflettori su un problema. Senza incolpare un popolo intero. Le colpe sono anche di una politica che dà il “cattivo esempio”.

Fu l’assessore regionale Vitagliano, il 13 luglio del 2009, ad alzare un muro, scrivendo: “il nostro è un popolo di timorati di Dio, lontano dal disprezzo delle regole e legato agli uomini della sicurezza pubblica da rispetto, affetto e riconoscenza. Se, ci si riferisce, ad episodi singolari – sui quali la magistratura sta facendo luce nell’ambito dei propri doveri – intanto, si rispetti il lavoro d’indagine, non lo si condizioni e se ne aspettino le conclusioni nel giudizio. Prima di tutto ciò non si trasformino gli indizi in colpe, non si generalizzi estendendo a tanti quello che potrebbe essere stato comportamento improvvido di alcuni e, soprattutto, non si facciano consapevolmente, alla dignità e alla storia di un popolo, danni ben maggiori rispetto a quelli che deriverebbero dagli ipotizzati comportamenti delittuosi. Questa terra ha bisogno di certezze, di speranza, di valorizzare vocazioni e peculiarità, di dare spazio ai talenti che ha, non di avvitarsi, vergognandosi, su mali che non ha”. Interessante, quindi, è l’intervento del pm Papa proprio su questo problema, per superarlo definitivamente: “Non mi sogno di sparare a zero sui molisani.

È vero che i molisani amano la tranquillità, sono imbevuti di rispetto autentico per le Istituzioni. Non è solo una questione di riconoscimento. Però tutto questo è superato. Adesso c’è qualche altro aspetto. L’interesse privato è diventata la filosofia di base”. Secondo il magistrato Fabio Papa “l’interesse privato ha sostituito anche quella struttura sociale tradizionalmente appartenente anche in quanto valore cattolico tradizionale. Nell’intimo, ripeto, probabilmente per difesa, probabilmente per necessità, probabilmente per stanchezza, probabilmente perché alla fine i tempi sono quelli che sono e si seguono per varie motivazioni, non necessariamente tutte cattive. Si segue l’onda. E l’onda, purtroppo, è quella di un ritiro nel privato, del guardare al particolare, del guardare al soddisfacimento immediato”.

Ecco il punto fondamentale: “In una Regione di trecentomila persone è ovvio che alla fine si crea una compattezza sociale in senso negativo. Perché si aspetta il proprio turno e “prima o poi deve capitare quello che poi mi fa il favore a me, che mi sistema a quello e a quell’altro”. È evidente che un terreno di coltura del genere è un terreno pericoloso. Il giustificazionismo della brava gente che tende a dire “hai ragione, però lo fanno gli altri e poi ricevo un danno. E lo faccio anche io. Anche io non mi pongo tanti problemi. Anche io mi faccio i fatti miei”. Tutto questo decadimento porta all’omertà. Quella che distrugge qualsiasi sogno di legalità. Ed è proprio il pubblico ministero Papa a denunciare questo stato di cose: “C’è bisogno del morto, spesso, perché nasca un’indagine, perché nasca un filone. Noi non abbiamo neanche il morto, fortunatamente. Ma paradossalmente è ancora più difficile. Perché qui non denuncia nessuno, non parla nessuno. Ecco perché in fatto di omertà non siamo secondi a nessuno”. E questo è il secondo dato che è emerso nel corso del convegno. Il primo riferito al Molise come “terra di conquista” per la criminalità. A cui si aggiunge “l’omertà”.

Ma esiste un via di uscita per ridare dignità a questa “isola felice”. Termine utilizzato, soprattutto, dalla classe politica per mettere sotto al tappeto i tanti problemi. Senza affrontarli per risolverli. È il procuratore D’Alterio a tracciare la strada: “Il metodo investigativo per una regione come il Molise è proprio quello segnato da Falcone e Borsellino, da qualcuno tragicamente e malauguratamente, definiti “professionisti dell’antimafia”. Ma in realtà di professionalità in questo tipo di attività, sia dal punto di vista del giornalismo e sia dal punto di vista della magistratura e delle forze dell’ordine, c’è ne grandissimo bisogno. Fare antimafia significa sudare e lavorare costantemente ed essere dei servitori prima dei cittadini e anche dello Stato”.

Non è mancato un accenno del Procuratore sul processo breve. “Fortunatamente, ancora non ce l’abbiamo e si spera di poter continuare ad operare con gli strumenti che abbiamo. C’è un certo movimento di riforma che però si inserisce in un patrimonio normativo e anche giurisprudenziale che in questo momento è abbastanza importante. A livello europeo l’Italia si trova, non dico all’avanguardia, ma sicuramente non è tra gli ultimi Paesi con riferimento al contrasto della criminalità. In particolare i reati ricollegabili alla criminalità camorristica o mafiosa godono dal punto di vista investigativo di strumenti di grande validità, quali le intercettazioni, le indagini patrimoniali. Il carattere camorristico-mafioso di un’organizzazione è una chiave di lettura importante per scoprire delle realtà nascoste, rompendo l’omertà. Se andiamo a guardare ai risultati sostanziali dell’applicazione sanzionatoria di una norma come il 416bis in fondo questi sono abbastanza poveri dal punto di vista della pena che possiamo infliggere con il reato associativo. Mentre dal punto di vista delle ricadute in tema di indagine e di scoperta di reati satellite sono importantissime e il contrasto può essere efficace.

L’importante è capire cos’è il processo breve. Forse fra i tanti tecnicismi ancora non è molto chiaro”. È illuminante “il riferimento all’operazione di un chirurgo” fatto da D’Alterio per capire cos’è il processo breve, già approvato da un ramo del Parlamento. “Immaginiamo che passi una norma che dice che l’operazione deve essere breve, perché un’operazione lunga fa soffrire il malato quindi è una lesione di diritti individuali che può comportare la lievitazione della parcella del chirurgo o, nei casi più gravi, può comportare la morte del malato. E allora si stabilisce che quando si superano un certo numero di ore attraverso le quali si protrae questa tortura che finisce per essere l’operazione per il malato, chiunque direbbe l’operazione breve si sostituisce il chirurgo oppure l’operazione breve si fornisce il chirurgo di un bisturi laser anziché di un bisturi tagliente. Con l’operazione breve il chirurgo prende il bisturi e lo ficca nel collo del malato e lo ammazza. Questo è il processo breve”. (il Ponte)

Dichiarazioni sul Molise

“È un argomento che dovete affrontare. È un argomento, la presenza delle mafie nella vostra Regione, con cui dovete fare i conti. Diffidate dalle classi dirigenti che difendono il buon nome della vostra Regione. Che si stracciano le vesti e gridano allo scandalo quando si affrontano tali temi. Le mafie vanno scoperte non quando ci sono gli omicidi. Le mafie vanno colpite quando riciclano. Quando costruiscono. Lì le classi dirigenti devono dimostrare la loro maturità, in quel momento devono dimostrare di voler realmente bene al proprio territorio”. […]. Giuseppe Lumia, ex presidente Commissione Antimafia, Campobasso, 16 luglio 2009

“Isernia è il ventre nero del Molise. Qui (in Molise, n.d.r.) c’è una democrazia sospesa. Il problema è un circuito perverso che c’è tra cattiva giustizia, cattivo giornalismo e cattiva politica. È un circuito mefitico, mafioso che non vedo nemmeno in Sicilia. Il Molise sembra un’isola beata, ma è una realtà mafiosissima, dove non c’è la lupara, dove non ammazzano, non ci sono crimini. C’è una mentalità mafiosa incredibile. È una Regione in cui la mafia viene sublimata, gli vengono tolti tutti gli aspetti più spettacolari e resta la pura mentalità mafiosa. Il circuito negativo (cattiva giustizia, cattivo giornalismo e cattiva politica, ndr.) stronca la democrazia”. Alberico Giostra, giornalista e scrittore, Isernia, presentazione libro ‘Il Tribuno’

Intervento Petraroia

Resto convinto che il Molise, non fosse altro che per semplice contiguità territoriale, non è più estraneo a fenomeni di infiltrazione malavitosa. Ritengo un errore la generale sottovalutazione sul tema che porta le Istituzioni, la stampa e le forze sociali ad accantonare la questione come se non esistesse. La recente costituzione dell’Associazione “Libera contro le Mafie” del Molise alla presenza di Don Luigi Ciotti ci incoraggia a proseguire, pur tra mille difficoltà, nell’affermazione della cultura della legalità, della trasparenza e dei diritti. Non si tratta solo di controllare meglio il territorio, accentuare la prevenzione e dotare le Forze dell’Ordine e la Magistratura di mezzi e personale per contrastare l’ingresso in Molise di Camorra e ‘Ndrangheta. Si pone un problema culturale di libertà e di democrazia nella nostra regione che spezzi l’intreccio negativo tra politica, affari e informazione come ha coraggiosamente denunciato Alberico Giostra. Probabilmente la fragilità del nostro tessuto sociale non riuscirà a fermare un processo ineluttabile dove le pratiche illegali avranno sempre di più bisogno di cattiva politica e di cattiva stampa, ma proprio per questo, pur se in condizioni proibitive, abbiamo il dovere di impegnarci con tutte le nostre forze a difesa di una società basata sul rispetto della legge. Michele Petraroia, consigliere regionale, Campobasso, 22 gennaio 2010

Intervento Berardo

[…]. Negare la presenza di fenomeni malavitosi, illegali o funzionali all’ingiustizia nel Molise, come qualcuno prova ancora a fare, sarebbe insieme da miopi ed irresponsabili. L’esistenza dell’usura, del riciclaggio, del mercato della droga, dell’evasione fiscale, delle intimidazioni a magistrati, a forze dell’ordine ed organi di stampa, per fare solo taluni esempi legati alla cronaca anche recente, è la testimonianza di un’assenza preoccupante di etica pubblica, ma ci deve interrogare anche su un’idea assai distorta della democrazia che spinge molti perfino a confondere l’interesse privato con quello pubblico. Sì, amici miei, perché esiste una malavita legata a strutture mafiose e spesso operante in modo violento e selvaggio, ma ce n’è anche un’altra apparentemente innocua e meno cruenta e tuttavia assai sottile che si serve del potere economico, politico e culturale per costruire feudi elettorali, sostenere clienti, distribuire briciole economiche e di potere ed in ogni caso generare disuguaglianza ed ingiustizia. Quando ad esempio una gran quantità di posti di rilievo e responsabilità non è attribuita per concorso, come a mio avviso si dovrebbe, ma viene affidata per nomina alle segreterie dei partiti o peggio ancora a questo o quel politico, non possiamo certo dire che si agisca secondo norme di merito, di competenza o di equità, ma seguendo criteri di occupazione delle istituzioni da parte delle forze politiche che si trascinano da tempo e che sono davvero la negazione dell’etica, perché, oltre ad essere ingiusti, tali sistemi spesso assegnano anche incarichi direttivi o di responsabilità a persone incompetenti che minano il funzionamento degli stessi enti ed istituzioni. […]. Umberto Berardo, alcuni brani tratti dalla relazione tenuta ad Isernia il 22 gennaio 2010 nel corso del convegno “L’oro della Camorra” …in Molise!