Ecco l’Italia di Emergency
(Tratto da Il Fatto Quotidiano 17/04/2010)
50mila persone a Roma per chiedere la liberazione dei 3 operatori sequestrati in Afghanistan. Strada: “È una violenza contro i pazienti”.
E alla fine le lacrime lasciano il posto al sorriso. Si piange e si ride in Piazza San Giovanni, dove decine di migliaia di persone si sono strette attorno ad uno straccio bianco e ad un uomo che si presenta sul palco con una giacca sgualcita più della camicia che gli esce dai jeans, ma che sa dire parole chiare. Quelle che prima di arrivare alla testa toccano il cuore.
E’ Gino Strada, il medico delle guerre, il fondatore di “Emergency”. Si sorride amaro ad un toscanaccio “Post scriptum: maremma merluzza la festa che non organizzo appena torno”. E’ la promessa finale che uno dei tre operatori illegittimamente sequestrati dai servizi segreti in Afghanistan ha inviato ai suoi. La legge uno dei familiari di Matteo Pagani, sequestrato insieme a Matteo Dell’Aira, il coordinatore medico dell’ospedale di Laktar e al medico Marco Garatti. “Qui in Afghanistan l’uomo vive con la guerra ogni giorno. I bambini non piangono più. Nemmeno quando hanno un braccio pendolante e ormai senza vita. E non riesco più a guardarli negli occhi perché impazzirei sapendo che non c’è una spiegazione. Mi chiedo se ho fatto bene ad allungare la mia permanenza qui di altri due mesi, sarò diventato matto? Poi però mi accorgo di quanto serva restare”. Questa è “Emergency”. “Il vero orgoglio italiano” si legge su un cartello. In piazza ci sono giovani e anziani, pacifisti della prima ora con le loro bandiere arcobaleno, e giovani con migliaia di bandiere bianche dell’ong di Strada. Donne anziane e ragazze giovanissime che si sono tappate la bocca con un nastro adesivo bianco e il simbolo di “Emergency”.
Uomini che si sono incatenati. “Perché ormai – dice uno di loro venuto da Napoli – tutto è in catene, anche chi porta cure e pace all’estero. Il paese delle guerre umanitarie odia l’umanità”. Gino Strada è sul palco, provato e commosso. La piazza è il più grande riconoscimento per una vita spesa in giro per il mondo a curare le piaghe di guerre e terrorismi. Un impegno costante, 11 anni in Afghanistan, ad aprire ospedali, formare infermieri e medici del posto, a portare sollievo ma anche scienza e lavoro. La gente di San Giovanni, quelli che indossano le magliette bianche con su scritto “Io sto con Emergency” lo segue da anni, ha visto come lavora, nel paese delle eterne chiacchiere dove alle parole non seguono mai comportamenti e azioni coerenti, ha visto le cose vere che quest’uomo ha realizzato. E questo basta a tutti.
E’ commosso, Strada, quando parla della violenza. “Contro i pazienti del nostro ospedale chiuso. Dove li hanno mandati, chi li sta curando? I soldati sono entrati nelle corsie, eppure ci sono stati feriti che hanno scelto di farsi 600 chilometri per farsi curare a Kabul dai nostri medici. Hanno usato la violenza contro Emergency, hanno gettato fango su di noi, bugie, quegli uomini che sono stati arrestati con accuse infamanti li conosco da anni, ci trattano così perché pensano che noi siamo contro la loro parte. Ma noi non siamo da nessuna parte”.
Già, è questo che i La Russa, i Frattini, i giornali governativi non hanno capito, o forse hanno capito fin troppo bene. “Noi siamo contro l’idea della guerra – prosegue Strada – la Costituzione dice che l’Italia, non i governi, ma tutto il Paese ripudia la guerra. E noi siamo in Afghanistan per curare tutti, talebani e talebini, Osama e Obama“. San Giovanni come per incanto si fa muta. Tutti gli occhi sono puntati su Strada, che parla del miracolo di 10mila afgani, uomini e donne, che in questi giorni hanno firmato appelli di solidarietà ad “Emergency”. “Siamo lì da anni, ci conoscono tutti e quando una macchina con le nostre insegne passa per i villaggi, capita spesso di doversi fermare perché invitati a bere un thé. Ci conoscono tanti leader, il vicepresidente dell’Afghanistan, il ministro dell’Interno, quello della Difesa, tutti dicono che l’arresto dei nostri tre amici è una montatura. Staffan De Mistura, l’inviato dell’Onu, ha detto pubblicamente che le Nazioni Unite stanno lavorando con noi per la soluzione del caso. Io sto con Emergency“.
Conclude così il suo intervento, Gino Strada. La piazza si stringe intorno all’organizzazione che in questi giorni è stata attaccata, lasciata sola da un governo che non si sta preoccupando fino in fondo di tutelare la vita di tre cittadini italiani nelle mani di una forza straniera. “Che noi paghiamo, aiutiamo, dove noi siamo andati a fare una guerra umanitaria”, dice con triste ironia l’attrice Lella Costa. Amica da sempre, come tanti artisti, di Emergency. Una tra i 350mila italiani che hanno firmato appelli e petizioni per la liberazione dei tre cooperanti italiani. Sul palco si avvicendano cantanti come Daniele Silvestri, artisti come Moni Ovadia, vecchi amici di strada come Vauro, e Diego Cugia. Che fa Jack Folla e gioca con le parole di “un paese dove tutto è capovolto, dove un mafioso è un eroe, dove un soldato mercenario è un eroe, e dove un chirurgo è invece un bombarolo. Che dire? Manco le cazzate sono più quelle di una volta”.
Gli eroi, chi sono oggi? Per l’invisibile Jack, “sono quelli che si donano, come i medici di Emergency“.
Oggi ristretti in una prigione afgana, “ma voi – dice con parole ferme Cecilia Strada – ce li dovete restituire liberi senza l’ombra di un’accusa. Noi non tollereremo che rimanga il benché minimo dubbio sul loro operato”. Tra la folla tanti politici, Nichi Vendola, Piero Fassino, Rosa Calipari, Guglielmo Epifani, Paolo Ferrero. “L’Italia migliore, l’Italia dell’articolo 11 della Costituzione è con Gino Strada ed Emergency, gli altri sono in guerra – dice Nichi Vendola – Gino ci ricorda i nostri doveri, quelli che vengono smarriti in questa notte della Repubblica”. Canta Fiorella Mannoia, da sola, coraggiosamente, inizia ad intonare “Ah che sarà che sarà, quel che non ha governo né mai ce l’avrà, quel che non ha vergogna né mai ce l’avrà, quel che non ha giudizio…”. La manifestazione è finita. Sul palco e a fianco di Gino Strada e di Emergency manca una donna, Teresa Strada. Al suo nome le braccia si levano in alto. Molti si asciugano gli occhi.
Le testimonianze degli operatori di Emergency raccolte da Caterina Perniconi:
Alberto Landini:‘Le accuse non esistono’
Stefania Calza: ‘Quando torni non sei più lo stesso’
Paolo Grosso: ‘Ho curato con loro, sono complice’
Michele Usuelli: ‘E’ un privilegio lavorare lì’