Ndrangheta: cronaca estera, storia e futuro

(Tratto da Espr3ssioni – di Andrea G. Cammarata – Traduzione di Arrestati i presunti assassini di Duisburg, di Delphine Saubaber, L’Express)

Giovanni Strangio

Giovanni Strangio

Delphine Saubaber parla ancora di ‘Ndrangheta, da oltralpe, la si legge con la calma che può trasparire dagli occhi di chi le mafie le guarda da lontano, di chi non ha visto il proprio paese sconvolto dalle bombe, dagli attentati, dalle minacce. In Francia non si parla di mafia, salvo di Provenzano che lì andava a farsi curare, rimane un territorio ancora vergine dalle violenze delle lupare, del tritolo, di uomini e bambini sciolti nell’acido, ma è come se la giornalista francese volesse sussurrare al suo Paese di non rimanere a guardare, di non arrestarsi con lo stupore, di fronte a una violenza cruda di cui le mafie si fanno attrici.

Lei ha raccontato di giornalisti come Enrico Fierro e Laura Aprati, di Petra Reski, mostrando una doverosa attenzione verso coloro che la mafia l’hanno documentata da vicino, vuoi per loro passione, vuoi per il senso del dovere. È come se nutrisse un sospetto, un timore che un giorno anche in Francia, come a Duisburg, si possa uccidere. Perché non ci sarebbe da stupirsi, al pari di qui, al Nord, dove in un locale qualsiasi può capitare di sentirsi raccontare delle storie che hanno dell’incredibile, ma che fanno la storia vera della criminalità organizzata.

Sulla riviera i ragazzi ci fanno la stagione e poi raccolgono il loro gruzzolo e vanno, vanno magari in Australia, a farsi un giro nell’out-back, a farsi qualche birra e magari a rincontrare lontani parenti. “…Era il fratellastro di mia madre” quel ragazzo lo raccontava con stupore, “Mi veniva a prendere con il Ferrari, facevamo i giri dei locali, sembrava un film” , quella è criminalità organizzata penso, “No è Mafia, quella è mafia! Io non lo sapevo, ci sono rimasto così” cosa c’è d’altro mi chiedo, si può pensare, un po’ di denaro sporco, riciclaggio, ristoranti, alberghi, no.

“Lui era come nel padrino, si faceva il giro dei locali a portare soldi, e un giorno, mentre parlava con un altro, questo gli fa – Tuo figlio come sta? Mi sembra ieri quando stavamo insieme a sparare in queste strade-”. Non è uno stralcio di Australian ‘Ndrangheta, di Enzo Ciconte, ma una semplice storia di strada.

Poi vedere la foto di Giovanni Strangio arrestato per la strage di Duisburg fa ancora più dolore. Un ragazzo, ancora un ragazzo giovane… E sentire Maroni, ministro dell’interno, felicitarsi di qualche arresto, fa anche questo ancora più male. È un conflitto sociale quello che producono le mafie, ma da sempre gli onori della stampa le imputano solo la menzione di cronaca, ma la storia non è solo cronaca. Nella storia ci va dentro la vita di quei ragazzi che per migliaia di euro al mese lavorano per la Camorra, perché lo Stato quei soldi non glieli da.

C’è la finanza dove la criminalità organizzata investe con gran classe, coadiuvata da scudo fiscale e tassazione sulle rendite finanziare al 12,5 per cento, il 12,5 per cento, un nulla. Nel passato ci sono i giornalisti morti, i giudici, i bambini e ora invece c’è la Germania, l’Australia a fare cappello ai capitali mafiosi.

Nella storia, dal 2003, c’è Goel, un consorzio operativo di Locri, promosso da Monsignor Brigantini, che fa della lotta alla ‘Ndrangheta, un sistema compatto, utilizzando la forza delle cooperative e il reinserimento dei ragazzi, spodestando la precarietà generata dalla cosche, smorzandone la dipendenza e il controllo, spargendo voce e effetti anche al Nord, per esempio a Reggio Emilia, profondamente aggredita dall’infiltrazione della criminalità organizzata. Goel sceglie proprio la cooperativa, perché ben si addice alla lotta, perché genera una coesione umana ed economica alla quale le mafie non possono competere.

A Rimini è nato un Osservatorio sulla criminalità organizzata, pochi ragazzi, un avvocato senza paura, stanno monitorando il territorio con l’aiuto di Francesco Ciconte, docente di criminologia. Perché, già il recente dodicesimo rapporto di Confesercenti, ha spiegato come il pizzo, l’infiltrazione nel sistema degli appalti, l’usura a Cesena, a Rimini, sia un virus che ha infettato molti.

Non vogliamo perdere la guerra contro la mafia, ripetono i “Cacciatori” protagonisti di Malitalia, i giornalisti, i figli delle scorte morte e chi crede che per vincere, non bisogna scappare altrove o fare finta che il problema non esiste. Il problema c’è, è nella droga che può trovare tuo figlio nelle discoteche di proprietà delle mafie, in tu imprenditore mentre ti rivolgi all’usura perché le banche soldi non te ne danno più, nella tuo sacco di immondizia che mentre si brucia alimenta la Camorra.

E allora no, la realtà non è quella del presidente del Consiglio che ancora, per l’ennesima volta, si è lamentato della cattiva figura che i film di mafia ci fanno fare all’estero, la realtà è che noi Italia siamo temibili e altamente contagiosi, malati di quella malattia infettiva, qual è la mafia, che esportiamo in tutto il mondo, questa è la realtà. E l’esecutivo, non se ne preoccupa nemmeno un tantino, con un fatturato criminale da 130 miliardi di euro l’anno, con i boss che usano Skype, che organizzano addirittura comunità on-line, ricche di pregiudicati, dove chattare, vedersi e ritrovarsi, o pianificare con esponenti in Germania e Olanda, ed è pieno il web di queste situazioni, loro si rallegrano degli arresti, non comprendendo quanto la mafia sia mutante. È questo di cui bisogna parlare, ovvero “L’antimafia dei bisogni” di cui parla Vincenzo Linarello di Goel, per costruire un’alternativa ai soli arresti, alla cronaca, e costruire una storia di cambiamenti, perché, come insegnava Giovanni Falcone, “La mafia é un fenomeno umano”.

Segue la traduzione dell’articolo

Arrestati i presunti assassini di Duisburg
di Delphine Saubaber, L’Express

Gli ultimi presunti assassini responsabili della strage di Duisburg, avvenuta nel 2007, sono stati arrestati ieri. Lo Stato italiano attua ormai una guerra senza pietà alla ‘Ndrangheta, la mafia calabrese, più potente d’Europa.
Sale la la tensione in Calabria.

Sarà luce sul terribile massacro di Duisburg, nel corso del quale sei giovani italiani sono stati giustiziati, la notte del 15 Agosto 2007, nel cuore della Germania. Giovedì 11 Febbraio, la squadra mobile di Reggio Calabria, diretta da Renato Cortese, ha arrestato in collaborazione con la polizia tedesca, in un’ operazione coordinata dal procuratore aggiunto Nicola Gratteri, due presunti assassini a San Luca, il feudo della ‘Ndrangheta, la mafia calabrese, oggi giorno la più pericolosa d’Europa. Si tratta di due affiliati ai clan di Nirta-Strangio, Sebastiano Nirta, 39 anni, e Giuseppe Nirta, 37 anni (già sospettato).

Sono accusati di fare parte, con il presunto organizzatore della strage, Giovanni Strangio, arrestato il 13 marzo 2009 ad Amsterdam, del trio assassino che ha perpetrato il massacro. Hanno vissuto al lungo in Germania, dove hanno fatto parte del gruppo operativo che gestiva le attività illecite della cosca Nitra- Strangio, basate sul riciclaggio del denaro della droga in dei ristoranti.

Per la prima volta, (…) la notte della strage, la faida calabrese è stata esportata fuori dai suoi territori d’origine, colpendo l’Europa in pieno volto. Per la prima volta l’Europa, sbalordita, ha realizzato la potenza di fuoco della ‘Ndrangheta, che ha già intanto superato la vecchia cugina Cosa Nostra, nella hit-parade della pericolosità criminale.

Da molto tempo, la mafia calabrese, tesseva in modo subdolo e silenzioso, la sua tela nel pieno cuore del Vecchio Continente, particolarmente in Germania, dove si è instaurata dagli anni ‘80, sull’onda degli immigrati italiani. A Duisburg, la rete si è strappata. Le sei vittime sono stati i capri espiatori di una lotta mortale fra le due dinastie, quelle dei Nirta-Strangio e i Pelle-Vottari.

Dopo anni di guerre fratricide, tutto si è complicato a seguito di quel Natale fatidico del 2006. Maria Strangio, la moglie del boss Nirta, è stata assassinata a San Luca. Al posto del marito preso di mira. Una donna uccisa, nel codice di onore della ‘Ndrangheta è un terremoto. Da allora, Giovanni Strangio avrebbe nutrito vendetta, per vendicare la morte della cugina…Una della vittime di Duisburg, Marco Marmo, era sospettato di aver ucciso Maria…

Una buona notizia per la Calabria

Dopo l’operazione di questo giovedì, il ministro dell’Interno Roberto Maroni, si è felicitato: “Possiamo dire che tutti i responsabili della strage di Duisburg sono stati arrestati”. Una buona notizia per la Calabria, dove la tensione è rapidamente salita dall’inizio del mese di gennaio, dopo diversi avvertimenti inviati allo Stato per mano della ‘Ndrangheta: una bomba davanti al tribunale, una macchina piena di armi abbandonata sulla strada il giorno della visita del Presidente della Repubblica a Reggio Calabria, un proiettile inviato per posta a un magistrato incaricato di inchieste sensibili…

“Colpiremo duro”, promette un alto magistrato

Da qualche tempo dopo anni di disattenzioni dello Stato, arrivano i colpi sull’organizzazione, i beni sono stati confiscati a colpi di milioni di euro. L’agenzia nazionale dei beni confiscati, fra l’altro, sarà istituita, simbolicamente, proprio a Reggio Calabria. “Colpiremo duro – promette un alto magistrato- ed a fondo, poiché essi non gradiscono affatto che gli si tocchino i loro beni…” Come aggiungere altra brace ardente su una guerra dichiarata.

La mafia più potente d’Europa, la più tribale e moderna al tempo stesso, intende restare tranquilla così come lo è stata fino adesso. Le 145 famiglie di sangue mafioso che la compongono, hanno sempre considerato la Calabria come una loro proprietà. ” A differenza di Cosa Nostra, essa non ha perduto tutto il suo sangue in una lotta assurda contro lo Stato, sottolineano i giornalisti Enrico Fierro e Laura Aprati, autori di Malitalia (Ed. Rubettino).

La mafia ha trattato con la politica e le istituzioni, stabilito accordi, e oggi giorno non ha più bisogno di andare, cappello alla mano, a fare visita ai partiti, poiché i boss sono in grado di imporre i loro candidati – figli, nipoti, le terze e le quarte generazioni mafiose. Senza combattere realmente il cuore del problema, cioè la collisione economica e politica di questa ” Mafia liquida”, come l’ha definita Francesco Forgione, ex presidente della commissione parlamentare anti-mafia, Aprati e Fierro ritengono che il rischio sia quello di “perdere la guerra contro la mafia”.