La lezione di Dacia

(Tratto da I Quaderni di Calabria Ora – di Domenico Logozzo)

Dacia Maraini

Dacia Maraini (Fiora_Bemporad)

Così la Maraini raccontò la violenza sulle donne alla Calabria di trent’anni fa. Cos’è cambiato da allora? Un libro e uno spettacolo teatrale sul corpo femminile fanno tornare attuali quelle parole crude. Ma reali come poche.

Violenza sulle donne. Ancora odiosi episodi, soprusi ed intimidazioni. E anche in Calabria il problema è sempre più inquietante. La legge sullo stalking ha consentito di compiere decine di arresti, con la denuncia di oltre 150 casi. Ma la preoccupazione rimane per l’aumento del numero delle vittime. La cronaca è costretta a registrare in questi giorni nuovi atti deprecabili, che vanno condannati e puniti severamente.

Il coraggio della denuncia, contro ogni vergognoso ricatto. Le donne che chiedono giustizia e rispetto non debbono essere lasciate sole. Altrimenti diventano per la seconda volta vittime dell’abuso subito. All’umiliazione fisica si aggiunge quella psicologica. E le conseguenze diventano devastanti.

Non si può tornare indietro, non si può agire con bestiale ferocia, non si può assistere passivamente: no agli anni bui in cui si consumavano spesso impunemente episodi vergognosi. Che ancora oggi fanno venire i brividi.

Un fatto di cronaca sconvolgente veniva ricordato da Corrado Alvaro nel 1932 ,in “Quasi una vita”. Il grande scrittore di San Luca annotava: «Alcuni pastori del mio paese avevano violentato, numerosi, una ragazza. Al processo, si sono detti tutti pronti a riparare, e disposti a sposarla obbedendo alla sua scelta. La ragazza ha scelto il primo che l’aveva avuta».

Terribile! È il primo aggettivo che ci viene spontaneo usare davanti alla miserabile “proposta riparatrice” del branco che aveva così ignobilmente contrattato l’impunità, dopo avere rubato alla ragazza il bene più grande: la dignità!

In Calabria il dramma della violenza sulle donne non può essere sottovalutato. È necessario intensificare gli incontri ed i dibattiti, per dare concretezza alle azioni positive, durante tutto l’anno. L’8 marzo è certamente un giorno importante per riflettere con la forza dell’intelligenza e con il coraggio delle iniziative contro i silenzi e le colpevoli connivenze.

Dal passato ci vengono anche forti richiami ed importanti spunti di “approfondimento” di temi per troppo tempo considerati un tabù. Sì, proprio così. Oltre 31 anni fa a Roccella Jonica, Dacia Maraini fu protagonista di uno straordinario incontro con i giovani del posto. La stessa scrittrice sul quotidiano “Paese Sera” del 29 dicembre 1979, nella rubrica “Rosa e Rosso”, fece la cronaca di quella “educativa” esperienza calabrese. Emblematico il titolo dell’articolo: «Una perfetta educazione allo stupro» con la premessa che «in questo periodo si organizzano molti incontri e dibattiti sulla violenza sessuale. Se io dovessi acconsentire a tutti gli inviti potrei prendere la valigia e restarmene fuori tutto l’anno da una città all’altra. D’altronde se si dice di no si passa per avare di sé, per snob e per qualunquiste, se si dice sempre di sì ci si ammazza.

Così finisce che ad alcune richieste si dice di sì ad altre di no provocando a volte delle rabbiose reazioni. Per fortuna mi piace viaggiare, andare a mettere il naso nei posti più lontani per non fossilizzarmi in questa Roma stagnante».

E così decideva di scendere nella lontana Calabria, nella Locride, dove non era impresa facile arrivare. Ieri come oggi. Collegamenti ferroviari disastrosi,così come quelli stradali. La statale Jonica eterna incompiuta e l’autostrada Salerno-Reggio Calabria un cantiere “sempre aperto”.

Una distanza geografica che aveva fatto scoprire alla Maraini anche una “lontananza” inconcepibile dimostrata da alcuni personaggi che avrebbero dovuto prendere parte all’incontro. «Giorni fa – raccontava la Maraini – sono stata a Roccella Jonica dove si dava “L’amour violèe” e poi si doveva discutere dello stupro. Una volta lì ho saputo che su trenta persone interpellate e che avevano in linea di massima accettato l’invito nessuna si era poi sentita di andare. E di questo i roccellesi erano piuttosto offesi considerandolo un insulto alla loro meridionalità, una conferma della loro storica emarginazione.

In effetti il viaggio è lunghissimo e faticoso, ma l’incontro è stato vivacissimo: si è parlato per ore in una atmosfera di grande calore». Il calore della gente di Calabria, che si appassiona e che partecipa ai dibattiti che hanno concretezza ed affrontano temi reali che coinvolgono la società civile e contribuiscono allo sviluppo corretto.

La lezione della Maraini era stata per l’appunto molto coinvolgente, ma soprattutto severa: «Di solito quando dico che lo stupro è solo l’estrema conseguenza di una educazione che ci riguarda tutti, che ogni uomo è educato a diventare in potenza uno stupratore mi si oppone un rifiuto scandalizzato: ma che dici, lo stupratore è un delinquente, un malato, un anormale… io sono normale, sano, mite, buon padre di famiglia o buon figlio di famiglia. A Roccella per la prima volta ho sentito dei ragazzi ammettere che è vero: lo stupro, cioè la violenza sul corpo delle donne, fa parte della educazione “normale” che si dà ai maschi fin da piccoli, da quando gli si insegna che esistono due sessi differenti, uno che aggredisce, prende, fa e l’altro che si fa aggredire, si fa prendere e non fa: uno attivo e uno passivo,uno che sceglie e uno che si fa scegliere.

Il caro padre Freud ha ribadito con la sua autorità scientifica questa divisione, stabilendo che la sessualità clitoridea (aggressiva, attiva, autosufficiente, e quindi maschile) deve essere abbandonata al più presto per passare alla vera sessualità femminile che è quella vaginale, una sessualità solo ricettiva e arresa all’assalto del pene».

Parlare in questi termini ai ragazzi di trenta anni fa è stato sicuramente un fatto di estrema rilevanza, tenendo pure conto dell’approfondita analisi proposta dalla scrittrice che spiegava: «Altra conseguenza di questa differenziazione data assolutamente come “naturale” e quindi immodificabile è la convinzione che una qualche forma di violenza sessuale in fondo risulta grata,anzi necessaria alla donna. Dato che il sesso maschile è in moto mentre quello femminile è immobile, dato che il sesso maschile è fatalmente aggressivo mentre quello femminile è per destino docile e passivo, ne consegue che l’esasperazione di questo movimento e di questa aggressività non sono altro che il parossismo della passione erotica.

Andare a fondo, colpire, penetrare decisamente, aprirsi il varco con la forza sono azioni implicite del pene, la loro esagerazione esprime solo l’esagerazione della attrazione sessuale del momento». E ancora: «Lo stupro, secondo questa logica, è soltanto una dimostrazione in più (forse eccessiva ma in fondo naturale) dell’irruenza erotica dell’uomo.

Queste idee sono confermate da libri, di scienza e di immaginazione, dal linguaggio e dalla morale comune. In molti romanzi anche serissimi e di grande poesia questo sotterraneo e inconfessato piacere di essere invase, brutalizzate, forzate è dato come scontato».

Dacia Maraini aveva fatto l’analisi di come si era arrivati assurdamente ad «accreditare la cultura dello stupro», affermando: «Non c’è dubbio che molte forme di masochismo storico (prodotto da millenni di asservimento sessuale) abbiano condizionato la sensibilità erotica delle donne. Ma ribadendo questa sensibilità come “naturale” anziché storica, come destino anziché scelta, si finisce con l’accreditare la cultura dello stupro.

Nei fumetti (venduti e letti da milioni di sprovveduti) è addirittura un luogo comune: l’uomo che raramente soddisfa la donna ha un pene spropositato che la “trapassa”, la “squarta” facendola “naturalmente” gemere di piacere. Nei film pornografici è la stessa cosa: unico scopo della donna è di essere afferrata, sbattuta contro un muro, un divano, un angolo del pavimento e lì essere prima spogliata rabbiosamente (una mano virile non sbottona, non slaccia, ma strappa, lacera) e quindi penetra con impeto».

Cruda ed amara descrizione della realtà degli Anni Settanta che, diciamolo francamente, purtroppo ancora oggi non è molto cambiata, nonostante tutto. Seguiamo ancora il lucido intervento della grande scrittrice che da anni lotta con determinazione contro gli abusi sulle donne: «Ci sono infinite barzellette che raccontano di una vecchia o di una suora che gongolano felici perché anche loro per una volta sono state gratificate di uno stupro da soldati infoiati e distratti.

Lo stupro insomma non indigna veramente (salvo quando tocca sorelle, fidanzate o mogli) perché è comunemente considerato una espressione di passione erotica che in fondo al cuore ogni donna desidera come conferma della sua femminilità».

Ma come è stata recepita dai “ragazzi del 1979” la lezione di Dacia Maraini? La risposta la troviamo nella conclusione dell’articolo pubblicato da Paese Sera: «A Roccella le ragazze (che sono di solito d’accordo) ma anche i ragazzi hanno confermato che ancora oggi l’educazione culturale alla violenza sul corpo delle donne è una cosa quotidiana. E non credo che questo sia dovuto solo alla educazione maschilista meridionale; la legittimità della violenza come parte essenziale della sessualità maschile è sentita dappertutto, sia al nord che al sud, sia negli ambienti proletari che in quelli borghesi. Solo le donne, rifiutando la storica divisione fra chi aggredisce e chi si fa aggredire, fra chi agisce e chi subisce sessualmente, possono porvi rimedio».

Una constatazione ed un appello che venendo da una autorevolissima voce come quella di Dacia Maraini, ieri come oggi, danno la forza opportuna per reagire all’assurda violenza sulle donne!

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Così Dacia ritorna in Calabria

Trenta anni dopo l’incontro-dibattito con i giovani di Roccella Jonica, l’estate scorsa Dacia Maraini ha tenuto un’altra “lezione magistrale” contro la violenza sulle donne in un paese calabrese. Un legame ideale che non si è mai interrotto con la regione italiana più periferica, umiliata e colpevolmente trascurata.

La Maraini, che in provincia dell’Aquila ha fatto rinascere il borgo antico di Gioia Vecchio, attraverso la realizzazione di un progetto teatrale che ogni anno richiama migliaia di turisti e i più grandi personaggi dell’arte e della cultura, ha voluto così testimoniare un ulteriore segno di attenzione e di sensibilità per le realtà locali che cercano di affrontare in maniera intelligente un problema di scottante attualità come le violenze sulle donne.

A Cerchiara di Calabria, la Maraini ha presentato “Passi affrettati”, lo spettacolo teatrale da lei scritto e diretto, che è anche un libro dove vengono «raccontate otto storie di donne e bambine vittime di padri, fratelli, compagni e, soprattutto di una società troppo spesso sorda e assente». Un lavoro di grande spessore umano, sociale e culturale, che ha avuto un grandissimo successo nei più importanti teatri italiani (da Roma a Milano, dalla Val d’Aosta alla Sicilia, dalla Liguria alla Calabria) ed esteri (dalla Francia alla Spagna, dalla Gran Bretagna alla Svizzera).

“Passi affrettati” sarà rappresentato nuovamente in Calabria: l’8 marzo nel teatro Morelli di Cosenza, alle ore 20.30 e il 9 marzo alle ore 10.30 a Rende, nella sala della delegazione municipale di Commenda. La grande scrittrice, che vive per lunghi periodi dell’anno a Pescasseroli, nel cuore del Parco Nazionale d’Abruzzo, attualmente si trova in Svizzera, dove alle 10,30 dell’8 marzo verrà presentato a Zurigo il suo lavoro, inserito nella campagna mondiale “Mai più violenza sulle donne” di Amnesty International.

«Questo spettacolo ha dato, e continuerà a dare, un grande contributo per far conoscere uno dei peggiori e più diffusi scandali del nostro tempo: la violenza sulle donne, soprattutto quella più nascosta e invisibile, che si svolge tra le mura domestiche», spiega Riccardo Noury, portavoce della Sezione Italiana di Amnesty International. Mentre la giornalista Laura Aprati, autrice con Enrico Fierro di “Malitalia”, sottolinea: «La lezione e la devozione di Dacia contro la violenza sulle donne sono una bandiera, un emblema per chi vuole veramente cambiare». Il “benfare” contro il “malaffare”.

La denuncia contro i vigliacchi. «Passsi affrettati – scrive infatti Dacia Maraini – è una testimonianza, una denuncia, ma anche un atto di simpatia e di attenzione verso tutte quelle donne che ancora sono prigioniere di un matrimonio non voluto, di una famiglia violenta, di uno sfruttatore, di una tradizione e di una discriminazione storica difficile da superare». E quante donne calabresi ancora oggi sono costrette a subire in silenzio per gli assurdi retaggi del passato! Ma per fortuna ci sono anche segnali di riscatto. Esistono lati positivi che nessuna “cosca” potrà mai cancellare. E l’orgoglio della Calabria buona e giusta deve avere il sopravvento sul male! «È una terra della quale si deve essere orgogliosi per la sua preziosa intelligenza», afferma la giornalista Rai Maria Rosaria La Morgia, che ha scritto la presentazione della prima edizione di “Passi affrettati”.

Una femminista da anni impegnata in serie e decise battaglie in difesa delle donne. Protagonista di pagine importanti nella storia della crescita dei diritti delle donne in Abruzzo: tra le fondatrici del Centro di Cultura delle donne Margaret Fuller; in consiglio regionale è stata la prima firmataria della legge sulla promozione e il sostegno dei centri antiviolenza e delle case di accoglienza per le donne maltrattate.