L’antimafia di Ammazzateci tutti
(Tratto da Calabria Ora)
Il sito dell’Unità pubblica una lettera spedita dalle associazioni antimafia al ministro Giorgia Meloni, vi si legge: «Caro ministro, nel corso della manifestazione del Pdl tenutasi sabato a Roma, alcuni giovani hanno messo in bella mostra uno striscione che avrebbe voluto essere goliardico e che raffigurava i “tarocchi della sinistra”, ovviamente in chiave negativa. Tra questi, spuntava il volto di Paolo Borsellino, il giudice ucciso dalla mafia nel 1992, un uomo delle istituzioni che ha dato la propria vita per il bene del Paese, un eroe.
Ci è parso di capire, ma lo striscione dietro il quale lei stessa ha marciato non lo chiariva adeguatamente, che il “tarocco” Borsellino rappresentasse, secondo chi lo ha disegnato, un’idea positiva di giustizia. Preferiamo credere che l’intenzione sia stata questa, anche se onestamente la scelta “comunicativa” è quantomeno controversa. Partendo da tale presupposto, pensiamo però che sia doveroso fare una riflessione che accomuni tutti, a prescindere dalle nostre convinzioni politiche. Il fatto, caro ministro, è che quel tarocco campeggiava al fianco di altri striscioni che inneggiavano a una guerra aperta nei confronti della magistratura, senza se e senza ma. In particolare, c’era uno striscione che invocava alla soppressione dello strumento delle intercettazioni, mentre sul palco si alternavano quegli stessi politici che hanno sottoscritto leggi come il cosiddetto “scudo fiscale”.
Dinanzi a tutto ciò, dinanzi a quella piazza, lei crede veramente che Paolo Borsellino si sarebbe trovato a suo agio? Lei crede veramente che un giudice come lui avrebbe rinunciato a uno strumento fondamentale per la lotta alla mafia come lo è quello delle intercettazioni? Con tutta onestà, pensa sul serio che un grande uomo delle istituzioni come fu Borsellino avrebbe assistito in silenzio alle continue delegittimazioni della magistratura da parte della politica?»
Non troverete tra le decine e decine di sigle che firmano la lettera al ministro Meloni quella di “Ammazzateci tutti”. È il nuovo corso, si cambia registro. Ne ha già fatto le spese la memoria di Franco Fortugno, oltraggiata senza ritegno da chi pure si spacciava per suo “amico” se non anche figlioccio politico. In molti in queste ore si interrogano e fingono meraviglia, altri meravigliati lo sono davvero: in buona fede avevano creduto che le battaglie contro “i poteri forti” fossero cosa motivata, sentita e seria e non una ben congegnata avventura professionale.
Delle sortite di Aldo Pecora, che seguono a ruota quelle di Giuseppe Scopelliti, ieri si è discusso anche tra i magistrati che nella Direzione distrettuale antimafia di Reggio Calabria si occupano delle indagini sull’omicidio del vicepresidente del consiglio regionale della Calabria, nonché di quelle su “Onorata sanità”, che portarono in carcere l’ex consigliere regionale Mimmo Crea. La storia giudiziaria diverge totalmente dal profilo che della vittima e dell’omicidio tracciano, in questi giorni di campagna elettorale, Aldo Pecora e Giuseppe Scopelliti.
Siamo alla vigilia di un processo d’appello che vede quattro persone condannate all’ergastolo per l’omicidio di Franco Fortugno. Il movente del delitto ed il contesto nel quale viene consumato non è certo quello di un “regolamento di conti” in seno alla ’ndrangheta. Non si parla in nessuna pagina del processo di sospette collusioni della vittima con l’organizzazione criminale che ne ha voluto l’eliminazione. Evidentemente gli accertamenti politici svolti da Scopelliti e Pecora sono arrivati ad elementi probatori sfuggiti ai pubblici ministeri Colamonaci e Andrigo. Sfuggiti allo stesso procuratore capo Giuseppe Pignatone, che venne personalmente a Locri per avviare la requisitoria nel processo di primo grado. La “verità” spacciata oggi dai palcoscenici della politica è sfuggita anche alla sentenza della Corte d’assise di Locri. Occorre che a questo si ponga rimedio nell’unico modo possibile: raccogliendo le prove che avranno da offrire AldoPecora e Giuseppe Scopelliti. Nel frattempo l’antimafia farà a meno dell’appoggio di “Ammazzateci tutti”, soprattutto se c’è da firmare una lettera fastidiosa indirizzata al ministro Meloni, grande amica di Scopelliti.