Castel Volturno, la porta dell’inferno

Castelvolturno

Castelvolturno, Domitiana (Luigi Caterino)

(di Elisabetta Villaggio)

Sono stata a Castel Volturno. Ne sapevo, come tutti, per quello che si legge, che si vede in tv, da Gomorra. La realtà è molto più forte, dura e inimmaginabile.

Arriviamo da Capua, sono le 11 del mattino. È fine gennaio, c’è freddo. La pioggia si alterna a sprazzi di sole. Tira un forte vento. Lungo la strada che porta in paese ci sono ragazze che si vendono e ragazzi che spacciano. Sono quasi tutti nigeriani, ci racconteranno le persone che incontreremo: Padre Giorgio, Suor Antonia e Padre Antonio.

Giorgio Poletti è un prete comboniano che odia le gerarchie politiche ed ecclesiastiche. È definito “un prete scomodo” dall’articolo che esce proprio quel giorno sul Manifesto. Dopo 15 anni di lavoro sul posto è stato trasferito al Nord.

A metà degli anni ’80 ha fondato l’associazione Black and White che aiuta ad uscire dalla prostituzione – ad avere un permesso di soggiorno, a trovare un lavoro, a costruirsi una vita che valga la pena di essere vissuta – le ragazze che “lavorano” per strada.

Una volta arrivavano con l’inganno, veniva fatto loro credere di trovare un lavoro come baby sitter, parrucchiere, cameriere. Qui dipendono da una  Maman, una donna che prima si prostituiva come loro ed ora “amministra” 6 o 7 ragazze. Hanno un debito con lei di 50 o anche 70 mila euro. Prima di partire fanno un rito voodoo che le obbliga all’obbedienza incondizionata altrimenti succederà qualcosa a loro o alla famiglia. Oggi il 70% delle ragazze che arriva sa che si prostituirà, dice Suor Antonia, perché ci sono diverse organizzazioni che cercano di sensibilizzare le ragazze in Africa. Spesso sono le famiglie che le vendono in modo da sfamare gli altri figli. Non pensano di doversi prostituire per strada. La strada è dura.

Suor Antonia è arrivata qui nel 2000, portata da Padre Giorgio per farsi aiutare nel lavoro di strada, che consiste nell’andare di notte a parlare con le ragazze lungo i marciapiedi. No, non ha mai avuto paura Suor Antonia. È supportata dalla fede. E qui ce ne vuole tanta.

Vive al secondo piano di un palazzetto donato alla Diocesi con due sorelle e alcune donne che hanno scelto di cambiare vita. Ci sono anche due bambini piccoli. Al primo piano ci vivono gli uomini. Non parlano italiano. Vengono dai centri di prima accoglienza siciliani.

La domenica ci sono tre messe: quella per gli ucraini, per gli africani con i canti Gospel e per i polacchi. Le officia Padre Antonio mandato a sostituire Padre Giorgio. È un prete alla mano. Fuma,  parecchio. È minuto, parla inglese molto bene. Ha un sorriso aperto e continuerà a fare quello che ha sempre fatto Padre Giorgio. Tutta la baracca viene mantenuta dalla chiesa di Capua, ci raccontano.

Pochi metri più in là c’è una costruzione semi distrutta che sembra abbandonata. Ci avviciniamo. Subito spuntano fuori due teste minacciose. Una è una donna bianca che dà l’idea di essere tossica e l’altra di un uomo di colore. Tutti e due ci urlano di andarcene, lì non si può stare.

Tutto avviene lungo la via Domitiana. Il centro di Castel Volturno è diverso. È piccolo, raccolto, pulito, ordinato, le case sono curate, c’è l’edicola, il bar. Non ci sono neri, solo bianchi.

A parte il centro storico, Castel Volturno si espande lungo la Via Domitiana per circa venti chilometri. Non sembra di essere in Italia. È come se fosse un altro mondo. Una specie di Blade Runner. Man mano che ci si allontana dal centro diminuiscono i bianchi fino a che non se ne vedono più.

Le strade laterali non sono asfaltate, le costruzioni non terminate, fatiscenti, con gli intonaci che cadono a pezzi.

C’è molta polizia: esercito, carabinieri, polizia carceraria. Si appostano, stanno un po’, se ne vanno. Poi tornano a sorpresa.

Lungo la strada si può comprare sesso, cocaina, eroina. Tutto avviene velocemente. Una ragazza sale in una macchina e un ragazzo che ha preso una bustina sfreccia via sgommando. Sono tutti bianchi i clienti.

Questa è zona di mozzarelle. Buonissime. Non si sa quanto sane perché su questi terreni è stato scaricato di tutto. Lungo il litorale, dove oggi il mare è rabbioso, sono stati costruiti ecomostri come Pianetamare. Avrebbero dovuto creare un polo turistico, avrebbero dovuto creare sviluppo. Con gli aiuti dello Stato, della Comunità Europea, del terremoto dell’Irpinia. Oggi sono dei bestioni mostruosi e abbandonati lungo la spiaggia. I terreni erano di pochissime famiglie. Forse una sola. Su un muro è scritto: “Eredi Coppola passatevi una mano sulla coscienza”. Il degrado qui è normale.

Sono quasi tutti nigeriani gli extra comunitari. Come mai? Forse perché lì c’è una criminalità organizzata che è venuta in contatto con un’altra criminalità organizzata, cioè la camorra? Perché qui, ovviamente, non si muove una paglia senza che la camorra lo sappia.

Castel Volturno avrebbe potuto essere un posto turistico con la lunga spiaggia. Avrebbero potuto vendere mozzarella e ricotta nel mondo intero. Avrebbero potuto vivere tutti insieme bene.

Ora è più o meno l’inferno. Grazie all’aiuto della camorra.