Storie di mafiosi, eroi e “cacciatori”
(Tratto da FfWebMagazine – di Cecilia Moretti)
Un reportage sulla malavita organizzata di Sicilia, Calabria e Campania.
Un libro corale che raccoglie volti e voci tesi nello sforzo di raccontare un’Italia che non va dimenticata. Le storie di mafiosi, eroi e “cacciatori” che vivono Sicilia, Calabria e Campania di ieri e di oggi, per denunciare una “malitalia” che esiste davvero. I carnefici e le vittime, la gente che scappa e la gente che insegue, i vili e i coraggiosi, i collusi e i collaboratori di giustizia, ma, soprattutto, la gente “normale” che abita quelle terre dove è come stare in guerra, e ogni giorno è una battaglia con il nemico. Pagine che nascono dalla «voglia di raccontare fatti, uomini, paesi, luoghi incontrati in tanti anni di lavoro» e dal bisogno di denunciare qualcosa che non può passare sotto silenzio.L’imprenditore vittima degli usurai di Caserta che trova il coraggio di collaborare con la giustizia e viene fatto fallire dalle banche.
La vita dedicata alla lotta alla mafia degli uomini della sezione criminalità organizzata della Squadra mobile di Trapani, dove bisogna avere pazienza come in una partita a scacchi e «quando perdi non devi mai voltarti indietro a pensare. Devi guardare avanti». Gli omicidi senza colpevoli nel cuore caldo e profumato di agrumi della Piana di Gioia Tauro. I giovani che abbandonano la loro terra per tentare almeno la scommessa con i loro sogni e scelgono di portare tutta la vita il peso della nostalgia rancorosa per il loro paese dell’ “io non posso”.
Le donne della mafia che gestiscono gli affari e tengono le redini delle loro famiglie e dei loro uomini. Il carabiniere ventenne, prima vittima dei Casalesi, trucidato alle tre del pomeriggio di un caldo luglio del 1982 a Marano in provincia di Napoli. I 900mila euro di stipendi, esentasse, pagati ogni mese dalla camorra a killer, spacciatori, sentinelle. La malavita organizzata che, come la palma africana si è spinta a Nord e «piano piano ha risalito la nostra penisola, e oltre, ed è diventata parte di un paesaggio che non ha più i colori e i suoni delle sue origini».
Un reportage-documentario che traccia i profili affilati di cosa nostra, ’ndrangheta e camorra, dandone una visione sinottica e delineando i contorni di una mafia che ha cambiato pelle; non è più quella delle coppole e delle lupare, spara sempre meno e fa sempre più affari, ma non è certo meno forte e pericolosa di un tempo.
Un viaggio tra le testimonianze (soprattutto di cronisti coordinati da Laura Aprati ed Enrico Fierro) di chi quotidianamente vive immerso in quelle realtà e non ha la pretesa di farsi rivelatore di una verità assoluta e illuminante, ma sente forte il senso di responsabilità di chi ancora crede nelle battaglie di parole e nell’importanza di diffondere la conoscenza dei fatti. Nella lotta per abbattere il muro dell’indifferenza di tanti e nell’impegno individuale di ciascuno che, con le sue forze di singolo, può dare un contributo importante, seppure conscio di operare in una guerra molto più grande di lui, dove niente basta ma tutto fa.