’Ndrangheta a Roma: case conti e locali della dolce vita

(Tratto da L’Unità – 23 luglio 2009 – pubblicato nell’edizione Nazionale, Sezione “Politica”)

Cafe de Paris

Cafe de Paris (ilGiornale)

Un barbiere di Sant’Eufemia d’Aspromonte era diventato il nuovo re di Roma. Padrone di tutto, anche di un monumento della Dolce Vita, il Cafè de Paris di via Veneto. Un giro vorticoso di proprietà, ristoranti, bar di lusso, appartamenti. E poi auto, conti in banca: 200milioni di euro, una parte del tesoro della cosca Alvaro di Sinopoli, sequestrato ieri dalla Direzione antimafia di Reggio Calabria grazie alla collaborazione di Carabinieri e Guardia di Finanza.
Gli Alvaro sono uno dei più antichi e potenti «casati» della ’ndrangheta. «Per gli Alvaro il rispetto viene prima dei soldi», disse tempo fa un picciotto della «famiglia». La regola è cambiata. Ora i denari sono al primo posto. Per questo otto anni fa Vincenzo Alvaro decise di farsi la sorveglianza speciale nella capitale. Trasferì a Roma famiglia e amici, una intera tribù, e partì alla conquista di ristoranti e bar di lusso. Un radicale cambiamento di pelle dell’organizzazione da realizzare nel luogo più adatto, Roma.

«Città in cui era più agevole un mimetizzazione delle ricchezze acquisite», scrivono i magistrati dell’antimafia calabrese. Vincenzo Alvaro è il figlio Nicola, detto «Beccauso» capo del «locale» di Cosoleto, come impongono le regole della mafia calabrese, ha sposato una donna legata ad altri boss della ’ndrangheta. La sua «carica» all’interno della famiglia era quella di «trequartino», vale a dire, scrivono i magistrati, «che il soggetto ha già rivestito quelle gradatamente minori in considerazione del suo strettissimo legame di parentela con uno dei promotori ed organizzatori della cosca mafiosa».

Sembrano regole arcaiche, ma è sola apparenza. Perché a Roma il rampollo degli Alvaro in poco tempo costruisce un impero. In buona parte intestato a Damiano Villari, che da barbiere di un piccolo paese aspromontano si trasforma «in uno dei più importanti imprenditori romani nel campo della ristorazione». «Non posso vendere il Café de Paris, perché la mafia mi ha detto di non vendere». il barbiere Con queste parole, «il barbiere» liquida un imprenditore libanese che voleva acquistare il celebre locale.

Dietro il giro vorticoso di passaggi proprietari del regno della Dolce Vita, spunta anche il nome di Stefano Todini, imprenditore umbro noto alle cronache rosa per aver sposato la show girl Patrizia Pellegrino. Todini era il proprietario del Café de Paris, ai magistrati dell’antimafia la vendita del locale agli emissari della cosca Alvaro appare molto strana. «Volevamo vendere per 2-3 milioni di euro», dichiara l’imprenditore. Che alla fine riferisce di aver incassato solo 900mila euro. «La restante parte era da considerarsi costituita dai debiti e dalle passività che il Villari si accollava con l’acquisto della società».

Una operazione che suscita molti dubbi negli investigatori. Todini, sentito più volte, dichiara di essere sì socio del locale, ma di non essersene mai occupato, non leggeva i bilanci, non riceveva utili. Neppure la vendita aveva seguito fino in fondo. Quando «il barbiere» decide di vendere alcune quote societarie ad un altro calabrese, Casimiro Antonio, pensionato, fa mettere a verbale che «lui l’ha fatto credo per simulare qualcosa, però non ne so niente».

Morale della favola: il Café de Paris passa nelle mani della cosca Alvaro, valore attuale 55milioni di euro. Un duro colpo alla ‘ndrangheta nella Capitale. «Reso possibile dalle intercettazioni telefoniche», ha detto in conferenza stampa Piero Grasso, procuratore nazionale antimafia. L’inchiesta era iniziata come reato di riciclaggio, «in base al decreto sulle intercettazioni in discussione alla Camera – ha aggiunto – ci sarebbe voluto un evidente motivo di colpevolezza per poter proseguire le indagini, diciamo che sarebbe stato impossibile procedere». Roma, il Lazio, sono piazze di reinvestimento delle mafie. Dalla camorra dei casalesi a Cosa Nostra fino alla ‘ndrangheta, l’organizzazione che ha investito di più nella capitale.